Capitolo 17

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L'autista fece il giro e mi aprì aiutandomi a scendere dall'auto. Non sapevo quando sarei tornata a casa, quindi lo lasciai andare, io sarei tornata con un taxi. Avevo indosso l'abito corto e aderente che avevo sistemato con Marisol e le scarpe con il tacco. Dietro la schiena, due ali nere da angelo e non poteva mancare la maschera sugli occhi. I capelli li avevo lasciati ricadere lisci sulle spalle, con me avevo anche una piccola borsa con dentro il cellulare e il biglietto per entrare al Drewmore Castle. Salii i gradini sotto lo sguardo di alcune persone della scuola che probabilmente erano usciti per prendere aria. Entrando all'ingresso, porsi il biglietto ad un uomo che man mano li strappava all'angolo e mi guardai intorno. Era molto tempo che non mettevo piede in questo palazzo, l'ultima volta era stata per una festa organizzata da mio padre nel periodo natalizio a cui invitò, come al solito, gente importante. Salii i gradini della grande scala centrale sentendo la musica provenire da uno dei saloni. La festa era iniziata da un'ora circa e sembrava ci fossero già tutti. Entrando mi sentii quasi a disagio quando una marea di occhi si posarono su di me. C'erano diverse decorazioni a tema, di più rispetto agli anni scorsi, mi piaceva. Continuai ad andare avanti camminando tra la gente e intravidi Megan vestita da principessa, con il suo accompagnatore. Stavano entrambi parlando con Andrew, vestito elegante con in mano una maschera semplice nera. Mi allontanai da loro spostandomi verso la zona bar, dove i camerieri stavano preparando i drink al gruppetto di persone che si era riunito li davanti. Sorrisi quando nella pista da ballo riconobbi Diana che ballava con Colson, sembravano quasi due personaggi di una favola. Presi il cellulare e controllai se c'erano messaggi o chiamate ed effettivamente era così. Andrew e Megan mi chiedevano se alla fine li avrei raggiunti, ma non risposi. Il cellulare però vibrò di nuovo e abbassando lo sguardo lessi un altro messaggio da parte di Megan: "Tua madre mi ha detto che stasera ci sei, ho avvisato anche Andrew. Quando arrivi, chiama." Alzai gli occhi al cielo dopo aver letto. Perché dovevano sempre sapere quello che facevo e avvisare Andrew? Era una cosa irritante. Riposi il cellulare nella borsetta e girai per la sala osservando la gente e i costumi che avevano indosso. Alcuni erano alquanto divertenti, uno era vestito da panda e non osavo immaginare quanto caldo sentisse sotto quel costume. Altri erano vestiti da zombie, streghe o personaggi di qualche film. Dall'altro lato della sala c'erano invece quelli vestiti in modo più elegante. Passando tra la gente mi scontrai con un ragazzo, Andrew. Abbassai subito lo sguardo e il mio cuore perse un battito, lo superai facendo finta di nulla sperando non mi avesse riconosciuta. Quando mi voltai per vederlo, lui mi stava ancora squadrando ma poi, mettendosi la maschera, si voltò. Tirai un sospiro di sollievo e proseguendo il mio giro, notai due persone in piedi dietro un banco su cui erano poggiate due scatole. Era la zona dove avrebbero votato la coppia con il costume migliore. Mi spostai in una zona più tranquilla dopo aver preso un drink  e restai a guardare gli altri ballare. Tutti si stavano divertendo ed erano in compagnia, eccetto una persona che notai fissarmi dalla parte opposta della sala. Non sapevo da cosa fosse travestito, aveva il cappuccio su e una maschera nera sugli occhi. Era vestito tutto di nero e aveva le labbra coperte da quella che sembrava una bandana sempre nera, dovevo ammettere che metteva un po' d'ansia. Continuai a sorseggiare il mio drink distogliendo lo sguardo, sperando che lui facesse lo stesso. Ma quando alcuni secondi dopo controllai, mi stava ancora fissando. Poggiai il bicchiere vuoto sul tavolo e cambiai zona, ma lui fece lo stesso iniziando a seguirmi a passo lento. Mi mischiai tra la folla in pista e quando mi girai, il "serial killer" era sparito. Non sapevo se questo dovesse tranquillizzarmi o meno, ad ogni modo ripresi a camminare per uscire dalla pista, quando due mani si posarono sui miei fianchi tirandomi piano indietro e una voce sussurrò qualcosa al mio orecchio. «Come puoi non avere un cavaliere?» Sapevo che era il ragazzo di poco prima e non sapevo come reagire. «Mi concedi un ballo?» La sua voce era roca e bassa, non sapevo se mi fosse familiare, in più la bandana che gli copriva la bocca rendeva più difficile capire chi fosse. Mi fece voltare e lo guardai negli occhi, erano neri come la notte, non avevo mai visto degli occhi così scuri. Prendendo la mia mano se la poggiò sulla spalla, mentre lui metteva la sua dietro la mia schiena. Subito dopo strinse delicatamente la mia mano destra unendola alla sua mano sinistra e iniziammo a ballare. Non staccai gli occhi dai suoi e mentre mi avvicinava di più a se, trattenni il fiato. Forse non era un maniaco come pensavo, ciò che voleva evidentemente era un ballo. Fece scivolare anche l'altra mano sul mio fianco mentre io avvolsi le mie dietro il suo collo avendo quasi l'istinto di abbassargli il cappuccio. Passò un po' prima che mi rendessi conto del fatto che intorno a noi si era formato un cerchio e la gente ci fissava. Sarei scappata via e lui sembrò capirlo. «Tranquilla, non farci caso. Guarda me.» Lo guardai di nuovo negli occhi e mi avvicinai di più con il viso. Poggiò la fronte sulla mia e chiusi gli occhi qualche istante, dovevo allontanarmi da li. Terminata la canzone, superai il ragazzo sparendo tra la folla, anche se sapevo di essere seguita. Uscii dal salone percorrendo il lungo corridoio, arrivata in fondo, svoltai e sentii i suoi passi dietro di me. Prima che potesse vedermi, mi misi dietro una statua appoggiata alla parete e aspettai. Quando lui si fermò guardando il corridoio vuoto, chiedendosi probabilmente dove fossi finita, lo tirai indietro bloccandolo contro il muro. Sembrò quasi divertito dalla scena, io invece stavo cercando di capire come avesse fatto a riconoscermi o a sapere che sarei andata alla festa. Abbassai prima la bandana e successivamente gli abbassai il cappuccio, lui subito dopo levò la maschera mettendola nella tasca della felpa. Sorrise togliendo una lente e poi l'altra, gettandole a terra come se nulla fosse, scoprendo così i suoi occhi color ghiaccio. Volevo dirgli qualcosa, ma per qualche motivo restai in silenzio davanti a lui. Mi squadrò girandomi intorno e stavolta spinse me contro il muro, levandomi poi la maschera. «Ciao principessa...»

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