Capitolo 23

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Punto di vista di Isabel

Dovrei essere rilassata, ero stata sola alcuni giorni perché i miei erano in viaggio di lavoro e sarebbero tornati poi quel pomeriggio. Eppure, "rilassata", era un termine che non mi sembrava nemmeno più familiare... ero nervosa e stressata. Non avevo ancora ricevuto risposte alle mie domande per l'università e cosa più grave, Andrew mi teneva in pugno da quando Jason lo aveva picchiato. Ogni tanto minacciava di andare a denunciarlo, ma io cercavo di fargli cambiare idea e dopo alcuni secondi mi sorrideva. A quel punto avevo iniziato a pensare che lo facesse solo per divertimento, gli piaceva spaventarmi e vedere come reagivo alle sue parole. Ad ogni modo, con Andrew era meglio non rischiare. Mi legai i capelli facendo una coda alta e tornai nella sua stanza per aiutarlo a finire il compito di letteratura ma quando aprii la porta, lo vidi con in mano il mio cellulare.
«Cosa stai facendo?» Mi avvicinai sedendomi accanto a lui e ripresi il mio cellulare cercando di capire cosa stesse guardando o se avesse fatto qualcosa.

«Guardavo l'ora.» Rispose semplicemente. Ma per guardare l'ora non era necessario sbloccarlo... pensai, quindi mentiva come al solito. Dovevo seriamente cambiare codice, Jason aveva ragione. Anche se ormai ci ero abituata e cambiarlo non mi andava molto, ma il fatto che Andrew ne fosse a conoscenza mi infastidiva, quindi avrei rimediato più tardi.
Controllai velocemente ma non vidi messaggi o chiamate, quindi bloccai di nuovo il cellulare e ripresi in mano il libro. I lividi sul suo volto erano ancora evidenti e da quello che mi aveva raccontato, i suoi genitori si erano arrabbiati. Avevo chiesto a lui cosa gli avesse raccontato esattamente, ma si rifiutò di dirmelo. Speravo solo non avesse fatto il nome di Jason, in fin dei conti avevamo un accordo e io ero qui con lui ad aiutarlo, non avevo nemmeno visto Jason durante quel weekend. Tranne quando lui era venuto da me, ma era stato solo per una sera. Ad ogni modo non sarebbe riuscito a tenermi troppo lontana da lui, perché, in fin dei conti era il mio autista e dovendo portarmi in giro, era sempre con me per forza di cose.
Per quanto riguardava il Maple Leaf, speravo che le cose restassero come ci eravamo accordati. Andrew non lo aveva nominato in quei giorni e anche io evitavo di parlarne, tenendo le dita incrociate.

Quando nel pomeriggio, Andrew mi riportò a casa, mi ritrovai fuori dal cancello a cercare le chiavi. Il personale non c'era, mio padre aveva dato la giornata libera a tutti e lo trovavo strano dato che sarebbe dovuto tornare oggi. Quando finalmente trovai le chiavi, esultai, ritrovandomi poi davanti qualcuno che aveva appena aperto al posto mio e che doveva uscire. «Ciao! Cosa ci fai qui?» Domandai lieta di vederlo e confusa allo stesso tempo.

«Come mai non rispondevi al cellulare?» Al contrario di me, non sembrava felice, qualcosa non andava.

«Di cosa parli?» Tirai fuori il cellulare e guardai il registro delle chiamate. «Non ho chiamate perse.» A quel punto, Jason tirò fuori il suo di cellulare e vidi che effettivamente mi aveva chiamata un bel po' di volte. Riflettei qualche secondo prima di unire i pezzi e capire che quasi sicuramente, Andrew aveva cancellato le chiamate mentre io ero in bagno. «Credo che Andrew abbia cancellato-» non feci in tempo a spiegare l'accaduto che Jason mi interruppe alzando la mano.

«Sai cosa? Non m'importa.» Mi diede una spallata superandomi e io lo guardai spiazzata restandoci abbastanza male. Corsi nella sua direzione e lo fermai facendolo voltare.

«Ma cosa ti prende?»

«Tuo padre mi ha licenziato.»

Ci misi svariati secondi a comprendere quello che mi aveva appena detto. In un primo momento pensai fosse un brutto scherzo, ma lo sguardo di Jason era fin troppo serio per mia sfortuna. Quando realizzai che quella era la realtà e che l'amico più vero che avessi mai conosciuto non avrebbe più riempito le mie giornate di risate e chiacchiere sul più e il meno, i miei occhi diventarono lucidi. «No... non può farlo. Perché? Non puoi...» guardai un punto a caso stringendo la spallina dello zaino che tenevo su. Subito dopo alzai il viso e anche se era inutile, lo implorai con lo sguardo. «Non te ne andare...» Quelle parole uscirono in un sussurro così lieve che temevo non l'avesse sentito, ma non fu così. Il viso di Jason si rilassò e lasciò uscire dalle sue labbra un sospiro stanco, dopodiché mi abbracciò. Io lo strinsi così forte che nonostante fossi più piccola, temetti di spezzargli la schiena. Ora avevo paura, non sapevo esattamente per quale motivo ma, il pensiero di lui lontano non mi faceva sentire al sicuro.

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