Punto di vista di Isabel
Potevo finalmente tornare a casa, la giornata era ormai conclusa e i miei genitori mi avevano dato il permesso di andarmene. Loro sarebbero rimasti ancora un po' ma io avevo anche la scusa della scuola il giorno seguente e dovevo svegliarmi presto. Iniziai a cercare Jason che non avevo più visto da ore, non trovandolo però, lo chiamai al cellulare. Iniziarono a partire i primi squilli così aspettai, ma dopo qualche secondo partì la segreteria. Provai a richiamare ancora e sta volta non squillò nemmeno, aveva staccato. Andai al parcheggio e notai che l'auto era ancora al suo posto, di conseguenza non riuscivo proprio a capire. Dov'era finito Jason? Mi avvicinai per vedere se l'auto fosse aperta ma no, non lo era e dentro non era stato lasciato nulla. Sentii dei passi e girandomi, mi ritrovai Andrew camminare verso di me rigirandosi delle chiavi in mano... le mie.
«Sono le chiavi della mia Range quelle?» Domandai a braccia conserte.«Sì. Ti riporto a casa?»
«Dov'è Jason? Cosa hai fatto?»
«Non ho fatto nulla, è venuto da me e mi ha chiesto se potevo riportarti io.» Disse in sua difesa alzando le mani.
«Questa è la bugia più grande che tu mi abbia mai detto. Jason non se ne sarebbe mai andato così senza dirmi niente... non mi lascerebbe sola.»
«Isabel davvero, non ho fatto nulla. Se non ci credi, chiamalo.»
Come se non ci avessi già provato. Jason non rispondeva e non avevo il numero di Jaden. Poteva essere andato via con lui per qualche ragione, forse era successo qualcosa. Ma nulla aveva comunque senso, perché lui mi avrebbe avvertita e di questo ne ero certa.
«Dammi le chiavi, torno a casa da sola.» Allungai una mano e Andrew mi guardò sorpreso.«Ma posso portarti io, ho anche già avvisato i tuoi genitori.»
Sospirai salendo con lui in auto e partendo, guardai fuori dal finestrino immersa nei miei pensieri. In auto con Andrew l'atmosfera era totalmente diversa, c'era silenzio ed ero a disagio, mi sentivo fuori posto. Iniziai a mandare alcuni messaggi a Jason chiedendogli dove fosse e cosa fosse successo. I messaggi arrivavano ma non li visualizzava, in questo modo non sapevo se preoccuparmi ulteriormente.•••
Nei giorni seguenti mi ritrovai un nuovo autista che faceva da sostituto a Jason. A quanto pare aveva contattato i miei genitori prendendosi qualche giorno di malattia. Non aveva chiamato me, però. Aveva visto i messaggi che avevo mandato la sera stessa in cui era sparito ma non aveva risposto, io poi non avevo più richiamato pensando avesse bisogno di riprendersi. Ma tutto ciò non mi tornava, continuavo a pensare che fosse successo qualcosa. Ad ogni modo ero arrabbiata con Jason, in quanto amici mi doveva un minimo di spiegazione e invece non si era fatto vivo nemmeno una volta. Non ero nemmeno potuta andare a trovarlo per via degli impegni scolastici, i professori sembravano essersi coalizzati contro di noi e avevano piazzato verifiche su verifiche, impedendoci di avere un minimo di vita sociale. Come se non bastasse, si stava avvicinando il giorno della festa di Halloween. Si sarebbe svolta al Drewmore Castle, il luogo che avevo consigliato a Andrew e che sembrava aver riscosso successo tra gli studenti, anche Diana era elettrizzata all'idea. Ultimamente passavo più tempo con lei, anche perché ci ritrovavamo sempre in biblioteca per studiare. Megan invece mi stava attaccata solo all'intervallo, parlandomi dei ragazzi con cui sarebbe andata volentieri alla festa e la lista era abbastanza lunga... aveva ricevuto tre inviti, ma lei voleva aspettare ancora. Io invece speravo che nessuno venisse ad invitarmi, non sapevo nemmeno se andare alla festa e mi sarebbe dispiaciuto declinare l'invito di qualcuno. Ma sembrava non dovessi preoccuparmi, perché in quei giorni tante avevano ricevuto un invito, tranne me. Diana aveva ricevuto l'invito da un ragazzo di nome Colson, frequentava uno dei suoi corsi e mentre mi raccontava di lui era contentissima, i suoi occhi brillavano, di conseguenza ero felice per lei.
Dopo aver finito di ripassare e fare i compiti, afferrai il cellulare e istintivamente premetti sul registro delle chiamate. Fermai il dito sul nome "Occhi di Ghiaccio" intenta a chiamare, ma qualcosa mi bloccò e sospirando gettai il cellulare sul letto. Tanto non sarebbe servito a nulla, non avrebbe risposto. L'unico modo per parlare con lui era incontrarlo e io al momento ero libera. Corsi nella cabina armadio e indossai velocemente un paio di jeans e la felpa grigia che Jason mi aveva prestato quando ero stata a casa sua. Infilai le Converse e le allacciai prima di scendere silenziosamente di sotto con il cellulare in mano. Continuai a guardarmi intorno assicurandomi che non ci fosse nessuno e presi le chiavi della Range Rover, dopodiché lasciai scritto su un post-it che stavo andando in biblioteca. Corsi in garage e salendo in auto feci un respiro profondo allacciando la cintura prima di partire. Non guidavo da molto, ma non era poi tanto male stare al volante, anche se continuavo a preferire il posto del passeggero. Afferrai il cellulare che avevo gettato sul cruscotto e appena mi fermai ad un semaforo, inserii velocemente l'indirizzo della casa di Jason sperando fosse corretto. Seguii le indicazioni del navigatore, impaziente di arrivare a destinazione e incontrare Jason per farmi dare un po' di spiegazioni sul perché si stesse comportando in quel modo. Se ero preoccupata? Certo che sì. Chi non si preoccuperebbe per i propri amici?
Riconobbi il quartiere appena girai alcune vie e svoltando un altro paio di volte, trovai la palazzina di Jason. Parcheggiai con precisione nel primo posto libero trovato e scendendo dall'auto, controllai. Il parcheggio andava bene ma non mi soddisfò abbastanza, così tornai in auto e rientrai perfettamente nelle linee. Avevo una fissazione per i parcheggi, se ero io a guidare, dovevano essere perfetti. Tolsi le chiavi dal nottolino e le tenni in mano con il cellulare mentre entravo dal vecchio portone sempre aperto. Guardai qualche istante l'ascensore e al solo pensiero di salirci, sentii un brivido, così girai verso le scale salendo due gradini alla volta. Arrivai al suo piano con un po' di fiatone, infatti decisi di fermarmi davanti alla porta un minuto e prendere fiato, prima di suonare. Sentivo il rumore della TV di sottofondo e un'altra voce, ma si zittirono subito abbassando il volume. Spostandomi da davanti alla porta, perché non mi vedesse dallo spioncino, incrociai le braccia aspettando. Quando sentii qualche giro di chiave e aprire lentamente la porta, mi piazzai davanti a lui.
Mi squadrò con le labbra socchiuse e lo stesso feci io. Aveva una fascia attorno al collo che gli permetteva di tenere il braccio piegato e attaccato al corpo. Il labbro aveva un taglio che ormai stava guarendo e un livido vicino all'occhio. Lasciai cadere le mie braccia lungo il corpo restando a guardare lui.
«Isabel...» Sembrava quasi non sapere cosa dire. «Cosa ci fai qui?»
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Second Star To The Right
Lãng mạnIsabel Evans è una ragazza modello, intelligente, figlia di una ricca ma severa famiglia. Ha tutto quello che vuole, o quasi... Per anni ha sempre e solo fatto quello che i genitori le avevano imposto. Voleva renderli orgogliosi, ma loro sembravano...