Capitolo 57

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Un tremito, simile al brivido che sorvola il mare, lo percorse, ma sul mare a un brivido ne segue un secondo e un terzo finché se ne formano a centinaia. Peter fu percorso da un solo brivido. Un momento più tardi eccolo di nuovo in piedi sullo scoglio, con il suo particolare sorriso sul volto. Un tamburo gli rullava in petto e diceva: "Morire sarà una grande meravigliosa avventura!".

Posai la rosa bianca a terra sfiorando il nome di Sylvia inciso sulla pietra calda per via dei raggi del sole che la colpivano. Se ne era andata dopo pochi giorni e aveva lasciato un enorme vuoto. Mi sedetti a terra incrociando le gambe e, tirando fuori il libro dalla borsa, iniziai a leggere ad alta voce un altro capitolo del libro di James Barrie. "La Laguna delle Sirene" fu l'ultimo che riuscii a leggerle prima che chiudesse gli occhi per sempre.
Dopo il funerale avevano subito chiamato me, Jason, Margaret e qualche altro nipote, nel vecchio studio di Arthur per la lettura del testamento. Sylvia aveva lasciato un po' di soldi ai suoi nipoti, che però non sembrarono entusiasti. A me aveva lasciato tutti i libri che aveva e una foto incorniciata di lei e suo marito al frutteto, sotto l'albero dove ora c'era la casetta. La villa invece, era passata a Margaret in quanto prima nipote di Arthur e a Jason, in quanto nipote di Sylvia. Ma non era finita, perché a Jason erano state lasciate anche le auto, il frutteto e una grande somma che lasciò tutti spiazzati.
Il mio cellulare iniziò a suonare interrompendo la mia lettura e dopo aver visto il nome, risposi subito. «Ehi Jason, è andato tutto bene?» Aveva parlato con l'avvocato di Sylvia e aveva dovuto firmare diversi fogli per tutte le cose che gli aveva lasciato.

«Sì, passo ora a prenderti, ti porto qualcosa?»

Pressai le labbra pensando alla domanda e, sfiorando le pagine del libro, annuii anche se non poteva vedermi. «Un aquilone.»

«Un... cosa?»

•••

Finii di leggere il capitolo nel momento in cui Jason mi raggiunse lasciando anche lui un fiore davanti alla lapide, nell'altra mano invece teneva l'aquilone che gli avevo chiesto. «Come si è concluso il capitolo di oggi?» Domandò accennando un sorriso che ricambiai.

«Bene, Peter e Wendy sono tornati alla casetta sani e salvi.»

«Ecco il tuo aquilone.» Disse porgendomelo.

Lo ringraziai e afferrandolo, lo appoggiai accanto ai fiori. Nell'ultimo capitolo che avevo letto, Wendy si era messa in salvo grazie ad un aquilone. «Manca qualcosa...» frugai nella borsa e mi illuminai non appena trovai un mio vecchio braccialetto con dei campanellini. Lo legai alla coda dell'aquilone dopodiché mi alzai tenendo il libro al petto. «Ora è perfetto.» Jason sorrise capendo il mio gesto e mi lasciò un bacio sulla fronte.

«Dove vuoi andare?»

«Da Jane, devo parlarle di una cosa importante ora che è tornata. Poi mi toccherà passare dai miei genitori a mettere in chiaro le cose una volta per tutte.»

•••

Non vedevo i miei genitori da parecchio, non si erano nemmeno presentati al funerale di Sylvia. Jason aveva insistito per accompagnarmi, per quello ora stavamo aspettando insieme davanti alla porta della casa dei miei. Ci aprì un uomo che non avevo mai visto e che, dopo avergli detto chi ero, mi lasciò subito entrare accompagnandomi all'ufficio di mio padre. Strinsi la mano a Jason che accarezzò la mia con il pollice per tranquillizzarmi, anche se nemmeno lui sembrava sentirsi a suo agio. Una volta entrati, mio padre si alzò affiancando mia madre con sguardo cupo. «Come osi far entrare quello in casa nostra?» Domandò con tono talmente arrabbiato che mi fece venire i brividi.

«Ha un nome.» Risposi fulminandolo.

«Un nome che non m'interessa conoscere.» Lo guardò facendo un passo avanti. «Esci da casa mia prima che...»

«Prima che cosa?» Domandò Jason facendo anche lui un passo avanti con sguardo di sfida.

Mio padre tese la mascella e prima che potesse avvicinarsi ulteriormente, mi spostai davanti a Jason. «Non provare ad alzare un dito su di lui.» Dissi guardandolo negli occhi. «Sono venuta qui per parlare, non per fare una rissa come fossimo ragazzini ai primi anni di liceo.»

«E di cosa vuoi parlare? Di come hai lasciato l'università? Di come hai lasciato Andrew per uno come lui? Un ladro, da quello che ho sentito dire.» Sul suo viso c'era un'espressione di disgusto. «Ma sai cosa ti dico? Nonostante tutta questa situazione, per una volta voglio essere gentile...» iniziò a fare avanti e indietro mentre mia madre rimase in silenzio sedendosi alla scrivania. «Ti darò un'altra possibilità, potrai rimediare. Torna all'università, risolvi con Andrew e io farò finta che nulla di tutto questo sia successo.»

«No.»

«Ripensaci.» Disse a denti stretti. «O giuro che entro un'ora ti faccio sbattere fuori dall'appartamento in cui vivi. Finirai in mezzo alla strada.»

«Ho detto di no.» Era finita, nessuno mi avrebbe più obbligata a fare nulla.

«Voglio ricordarti che con questo tuo comportamento, stai compromettendo anni di duro lavoro e l'alleanza tra due famiglie.» Insistette, ma non m'importava più niente, ero stanca.

«Questa pagliacciata è finita, d'ora in poi deciderò io della mia vita. Tu non hai voce in capitolo, farò quello che voglio e starò con chi voglio.» Risposi in tono deciso. «Io sono felice con Jason, perché non provi a conoscerlo? Lui è una persona fantastica.»

«Io tengo a sua figlia, signor Evans. Non le farei mai del male.» Jason non mi lasciò un istante la mano tenendo gli occhi fissi su mio padre. «Deve permetterle di scegliere, Isabel sa quello che fa, è una ragazza intelligente. Non vuole forse che sua figlia sia felice?»

Mio padre si avvicinò guardando Jason e poi me con disprezzo. Il silenzio regnò per qualche secondo rendendo l'aria tesa. «Da questo momento, non ho una figlia.»

Sentii una stretta al cuore quando pronunciò quella frase guardandomi negli occhi. Mia madre non disse una parola e dal suo volto non trapelava alcuna emozione. «Sparisci da casa mia e non farti più vedere. Torna a fare la sua sgualdrina.»

Trattenni al fiato alle sue parole e Jason, scattando in avanti, lo prese dal colletto della camicia. «Come si permette?!» Mio padre lo spinse indietro con forza e mettendomi tra loro, cercai di dire qualcosa, ma la mia mente era ancora bloccata a qualche secondo prima. «Ricordi le mie parole... se ha un cuore, un giorno si pentirà di tutto questo, ma sarà troppo tardi.»

«Andiamo via.» Sussurrai a Jason che dopo un po' avvolse un braccio attorno alle mie spalle. Uscii con lui per l'ultima volta da quella casa mentre nella mia testa risuonavano le parole di mio padre e il silenzio di mia madre. Salii in macchina e allacciai la cintura aspettando che Jason partisse, ma non lo fece.

«Mi dispiace...»

«Non capisco...» sollevai lo sguardo e Jason assunse un'espressione confusa. «Tutte quelle parole mi hanno ferita, ma non mi viene da piangere... è come se me lo fossi aspettata.» Sospirai accennando una risata priva di divertimento. «Wow, non è triste?»

Jason mi abbracciò subito e dopo avermi lasciato un bacio sulla fronte, partì. «Sono loro ad averci perso.»

«Stava andando tutto bene e da un giorno all'altro la situazione si è ribaltata.» Dissi improvvisamente passandomi le mani sul viso. «Devo andare a casa e prendere le mie cose. Ma dove le metto? Oddio...» trattenni il fiato realizzando di aver appena perso la casa. «Non ho più una casa... Sam e Clyde non saranno più i miei vicini.» Non avevo idea di dove andare.

Jason accostò dopo qualche minuto guardandomi. «Verrai a stare da me.»

«Cosa?»

«Ora casa di Sylvia è a mio nome, così ho deciso di passare un po' di tempo lì con mia madre e Ralph. Non volevo lasciarli in albergo...» Spiegò. «Prima ovviamente ho chiesto anche a Margaret visto che la casa, in parte, è anche sua e ha detto che non ci sono problemi, che posso portare chi voglio. Lei poi abita fuori città ora e non penso la vedremo spesso.»

Sulle mie labbra apparve un sorriso spontaneo. «Sei una persona speciale, lo sai?»

Second Star To The RightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora