Capitolo 39 - Veritá

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LEYLA

Non era una novità per me che la vita fosse ingiusta ma, davvero, non credevo che potesse arrivare a questo punto. Pensavo che, dopo tutto quello che avevo passato, Dio o chiunque ci sia sopra di noi, si fosse deciso a lasciarmi in pace una volta per tutte e farmi vivere tranquillamente senza ulteriori intoppi.
A quanto pare mi sbagliavo.

Non so dove mi trovo.
L'unica cosa di cui sono a conoscenza è che sono totalmente avvolta dal buio e la mia caviglia sinistra è incatenata al muro.
Tremo come una foglia, probabilmente per il freddo, probabilmente per la paura, e le lacrime scendono sulle mie guance ormai da tempo, mischiandosi all'umidità della stanza.
Dove sono? Perché sono qui? Chi vuole farmi del male?

Una serie di domande bombardando la mia mente, mandandola in confusione mentre cerco di liberarmi da queste maledette catene che mi bloccano i movimenti.
"Aiuto!" Grido a squarciagola sperando che qualcuno mi senta sebbene le probabilità siano praticamente nulle.
"Aiuto! Vi prego aiutatemi!" Utilizzo tutta la voce che ho in corpo, dimenandomi sul pavimento duro e congelato.
Dall'esterno non proviene alcun rumore perciò presumo di essere in qualche scantinato di qualche casa.
Sono finita.

Non posso davvero credere che il destino abbia voluto che mi ritrovassi in una situazione del genere. Un secondo prima ero nell'aeroporto di Austin, in attesa del volo che mi riportasse a casa insieme all'uomo che amo di più al mondo, e quello dopo mi ritrovo imprigionata da delle catene al buio ed al gelo senza conoscerne il motivo.
Chi è che vorrebbe farmi del male? Chi è che mi imprigionerebbe in uno scantinato buio e gelido?
Nessun nome riaffiora nella mia mente al pensiero di chi possa aver voluto tutto questo. Non può essere un caso.
Qualcuno ha voluto che io mi ritrovassi qui.

Gli unici suoni che rimbombano tra le mura sono i miei singhiozzi, che non hanno smesso di trapelare attraverso la mia bocca da quando mi ritrovo qui. Il freddo penetra le mie ossa scuotendo i miei organi mentre tremo senza sosta. I denti battono tra di loro mentre cerco di riscaldarmi, sfregando le mani tra di loro senza grandi risultati.
Ancora non mi capacito di come possa essere finita qui.

La mia attenzione viene attirata da un rumore di passi, che si avvicina sempre di più, fino a fermarsi poco dopo, seguito dal tintinnio delle chiavi inserite nella serratura. Il cigolio della porta riecheggia nella stanza, accompagnato da una scia di luce, che illumina l'ambiente intorno a me.
Sbatto le palpebre per abituare gli occhi al sole e cercare di capire quale diavolo di persona abbia deciso di rapirmi.
Quando, finalmente, la vista si adatta alla luminosità, punto il mio sguardo verso colui che è appena entrato nella stanza.

Lorenzo.

"Ciao Leyla" Il ragazzo si avvicina a me con un sorriso sghembo, accarezzandomi la guancia con le sue mani luride. Mi scosto violentemente dal suo tocco disgustoso, fulminandolo con le mie iridi verdi.
"Che cosa significa tutto questo?" Sputo furiosa verso il ragazzo che sembra solamente divertisti davanti alla mia rabbia.
"Oh Leyla, ingenua Leyla. Non mi dire che non sai perché ti trovi qui."
"Se è per la nostra rottura devi sap..."
La sua risata terrificante mi interrompe nel bel mezzo della frase.
"La nostra rottura? Non me ne fregava nulla di noi. Non è questo il motivo per cui ti trovi qui." Continua a vagare per la stanza, incutendomi timore con la sua altezza. Sebbene la sua corporatura non si eccessivamente robusta, le sue braccia muscolose potrebbero ferire senza problemi.
"E allora qual è?" Chiedo a denti stretti, facendo trapelare tutto il mio odio verso di lui.
"Devi sapere, piccola Leyla — le sue sudicie dita mi solevano il mento, facendomi incontrare i suoi occhi gelidi — Che io e te abbiamo molto di cui parlare."
"Lorenzo, se ti servono soldi o..." Cerco di mediare con il ragazzo italiano che, di rimando, esplode nell'ennesima risata.
"Ah! Soldi! È proprio un vizio di famiglia il vostro eh?"
"Che c'entra la mia famiglia ora?"
"C'entra eccome la tua famiglia! Sai, io e te abbiamo molte cose in comune piccola Leyla."
"Oltre la nostra relazione non vedo davvero cosa ci sia." Affermo convinta del mio pensiero finché le sue parole non mi prendono alla sprovvista.
"Credi che il nostro primo incontro sia stato una coincidenza? Credi veramente che io provassi qualcosa per te? Credi che tutto ciò che ho fatto, fosse per il nostro amore?" Dice lui, facendo le virgolette in corrispondenza della parola amore.
"I-io..." Che sta dicendo?
"Già tu, tu sei il pezzo mancante. Ti abbiamo controllato fin dall'inizio Leyla. Ogni tuo movimento, ogni tua mossa, ventiquattr'ore su ventiquattro. Sapevamo tutto di te."
Mi muovo a disagio sul pavimento congelato mentre l'italiano continua il suo discorso.
"Perché?" La voce esce debole dalla mia bocca che si muove per semplice inerzia.
"Visto che proprio non capisci, partirò dall'inizio. Il mio vero cognome non è Rossi ma Emerson — i miei occhi si sgranano alla sua affermazione — Si, abbiamo lo stesso padre. E ti dirò un'altra cosa, ho anche una sorella, gemella..." Alle sue parole si accende una lampadina nella mia mente.
"Giorgia!" Ecco dove avevo già visto quegli occhi azzurri.
"Esatto!"
"Perché? Perché non ho mai saputo tutto ciò?" Chiedo terrorizzata al ragazzo dagli occhi diamante per comprendere qualcosa in più di questa storia.
"Perché tuo padre pagava per il nostro silenzio. Non ha mai voluto che tua madre venisse a sapere della nostra esistenza perciò inviava del denaro a nostra madre ogni mese. Finché non abbiamo deciso di volere di più. Voi avevate una magnifica casa, frequentavate la scuola più prestigiosa di Monaco, mangiavate cibi pregiati mentre noi! — Il suo pungo colpisce la parete, facendomi sussultare dalla paura — Noi vivevamo in una catapecchia!"
"M-mi dispiace, i-io non sapevo..."
"Ovvio che non sapevi! Tu eri la principessa di casa, sempre protetta ed amata. Vivevi nella tua bolla perfetta, circondata da persone che ti amavano. Tu e tuo fratello Martin." Il suo tono di voce continua a spaventarmi a morte mentre brividi ricoprono la mia pelle raffreddata.
"Ancora non capisco perché tu te la stia prendendo con me."
"Oh, io non ho nulla contro di te Leyla. Però mi servi per il mio obiettivo finale." Il suo sorriso malefico trasuda fame di vendetta.
"Che stai dicendo?" Il terrore traspira dalla mia voce tremante che si disperde nell'aria umida della catapecchia.
"A quanto pare non è bastato fare fuori tuo fratello — le sue parole sono come un pugnale dritto al cuore — ora dovrò pensare anche a te."
"L-Lorenzo..."
"Giorgia!"
Dalla porta, una figura femminile che conosco fin troppo bene, fa capolino nella stanza con in mano un computer portatile.
I nostri sguardi si incrociano per un secondo finché lei non distoglie il suo come se si fosse ustionata.
Vergogna, ecco cosa comunica.
La ragazza gira lo schermo nella mia direzione, mostrandomi l'ultima persona che avrei pensato potesse abbandonarmi nel momento del bisogno.
"Papà!" L'ennesima lacrima sgorga dai miei occhi, finendo sulla mia guancia e scivolando giù verso il basso. È legato ad una sedia con delle corde mentre due uomini incappucciati lo sorvegliano da dietro.
"Leyla!" La sua voce penetra nei mie timpani, facendomi rivivere attimi indimenticabili "Mi dispiace piccola mia. Per tutto."
Continuo a singhiozzare, mantenendo il mio sguardo fisso sullo schermo finché la voce di Lorenzo non attira la mia attenzione.
"Ma guardateli, che carini. Padre e figlia. Godetevi questo momento perché durerà ancora per poco."
Alle sue parole, un campanello d'allarme risuona nella mia mente mandandomi in panico.
"Che vuoi fare?" Chiedo al biondo che mantiene quel sorriso malefico sulle sue labbra.
"Vendicarmi."
"Lorenzo! Ti ho già detto che possiamo parlarne." Mio padre interviene nel discorso, cercando di far ragionare il ragazzo che però sembra non voler ascoltare nessuno.
"Parlarne? Abbiamo avuto ventitré fottuti anni per poter parlare insieme e tu non ne hai mai voluto sapere di noi! Ci hai sempre rinnegati in cambio di qualche banconota mentre tu e la tua fottuta famiglia avevate tutto! Sono stanco di questa merda. È ora che tu soffra come abbiamo sofferto noi."
Porta la mano dietro la schiena per poi puntare una pistola dritta sulla mia fronte. Sussulto terrorizzata alla vista dell'arma che tiene tra le sue dita mentre il mondo intorno a me rallenta di colpo. La voce di mio padre, che grida attraverso lo schermo, colma di disperazione, giunge alle mie orecchie ovattata, la mia vista si offusca ogni secondo che passa, rendendo il ragazzo davanti a me sempre più annebbiato, nella mente ripercorro tutti i più bei momenti della mia vita. Da Monaco a Maranello, dell'amicizia di Michelle all'amore di Charles, dall'affetto di mia madre alla gentilezza di Nelly.
Rivivo tutte le emozioni che ho provato finora e penso che forse non è stata così male come vita. Forse è giusto che io me ne vada così, forse è giusto che io abbia raggiunto il traguardo.
Forse.

Poi, lo vedo. Mentre sfreccia sulla strada, che conosco fin troppo bene, seduto sul sedile del guidatore della sua auto, Martin mi volge il suo sorriso più bello per poi pronunciare le seguenti parole:
La tua fine non è ancora giunta. Combatti Leyla.

Nel giro di pochi attimi, mi ritrovo catapultata nella realtà dove una pistola è ancora puntata al mio cranio.
"Saluta tua figlia John perché tra poco non ci sarà più."
Succede tutto così in fretta da rendermene conto appena.

Uno sparo rimbomba nella stanza.
Una fitta lancinante pulsa nei miei organi lasciandomi senza fiato.
La voce di mio padre disperata cerca di tenermi in vita.
Gli occhi ghiaccio di Giorgia che mi fissano terrorizzati.
E poi, il buio più totale.

Forse Martin questa volta ti sei sbagliato.
Forse invece, la mia fine è giunta per davvero.

***
Nuovo capitolo tutto per voi. Che ne pensate di tutto questo casino? Spero che vi sia piaciuto❤️
L

Come primule nell'oceano // Charles LeClercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora