11. Dov'è l'argento?

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Taehyung la mattina seguente decise di non presentarsi a lavoro per via delle poche ore di sonno e del pessimo umore che aveva. Jungkook gli aveva detto che andasse bene perché, nonostante il caso ancora incompleto, non c'era molto lavoro da svolgere.
Era in cucina a prepararsi del latte caldo mentre la ferita era ancora fresca nel suo cuore. Le lacrime erano ancora umide sul suo viso poiché continuavano a scendere, gli occhi più spenti del solito e un incredibile voglia di non fare nulla si era impossessata del suo corpo. Durante la notte non aveva fatto altro che fumare sigarette e per questo decise di levare l'odore del fumo con una doccia, sperando anche di dimenticarsi per pochi minuti della scena, ancora nitida nella sua testa, di ieri sera.

Era stato inutile. Taehyung, anche se nell'ultimo periodo aveva forse trascurato Minhee, sentiva terribilmente la mancanza di quest'ultima. A distrarlo dai suoi continui pensieri su sua moglie fu il campanello che prese a suonare. All'inizio l'immagine di lei di fronte la sua porta, tornata per riprendere vestiti e oggetti propri, si era fissata in testa, ma quando aprì la porta un ragazzo dai capelli neri gli si presentò d'avanti.

«Sopresa!» urlò Jimin.

Taehyung rimase fermo e stupito: prima di tutto, Jimin non aveva più i suoi capelli argento, ma a rimpiazzare il colore che aveva affascinato Taehyung fu lo stesso corvino dei capelli di quest'ultimo. In secondo luogo, Jimin era avanti la sua porta, elegante come al suo solito e un sacchetto contenente cornetti caldi era afferrato dalla sua mano destra. «C-che ci fai qui?» chiese debolmente il moro, abbassando lo sguardo per il leggero imbarazzo. «Ero passato prima in caserma ma tu non c'eri.» rispose Jimin. «Quindi Jungkook ti ha dato il mio indirizzo?» domandò ancora, e dopo aver fatto cenno a Jimin di entrare, si accese un'ennesima sigaretta. Il corvino annuì e poi riprese a parlare. «Lui mi ha detto: "vai a fargli compagnia perché ne ha bisogno". Dimmi, Taehyung, chi ti ha fatto del male?» parlò mentre si spogliava del suo cappotto per poi appoggiarlo sullo schienale del divano. Taehyung rimase un attimo incantato per la sua eterea bellezza. «Ehi.» gli schioccò le dita in faccia Jimin per farlo risvegliare. «So di essere uno schianto, però parlami.» disse modesto. Le guance di Taehyung presero a scaldarsi ma cercò di non perdere il suo tono da scorbutico per evitare di fare la figura dell'imbecille. «Non sono affari tuoi.» borbottò. Jimin lo fissò un attimo e poi si girò verso la porta d'ingresso. Questa si aprì mostrando la figura minuta e gentile della moglie, o ex, di Taehyung, che con il piccolo San, era ritornata come aveva accennato la sera prima all'uomo. «Papà!» urlò il bambino, correndo verso il padre per attaccarsi alla sua gamba. Taehyung trattene le lacrime e prese ad accarezzare la sua testa. Non avanti a Jimin pensò. «Cercherò di andarmene il prima possibile.» disse, senza neanche presentarsi al ragazzo che non aveva mai visto prima d'ora. Taehyung annuì distrutto e lasciò scendere dalle sue braccia San, solo dopo avergli dato un bacio sulla fronte. Vide entrambe le figure salire per le scale e sospirò pesantemente. Si diresse verso il divano, dove cadde a peso morto e appoggiò la testa sullo schienale. Jimin lo seguì e, capendo la situazione, mise una mano sulla gamba di Taehyung per consolarlo da quel male. «Andrà tutto bene, vedrai.» sussurrò con lo scopo di tranquillizzarlo. «Anche Jungkook ha detto così eppure sono sempre qui evitando di piangere di fronte a te.» bisbigliò, mentre Jimin cercava modi per sdrammatizzare la situazione. «Ti considererò attraente anche se piangi.» rise, continuando a carezzare con la sua piccola mano la gamba del moro. «Smettila.» sussurrò, ma Jimin poté notare il suo sorriso nascosto sulle sue labbra, oltre le lacrime che minacciavano di scendere attraverso le guance. «Su, non fare così.» disse Jimin, posando una mano sulla guancia per scacciare una che, alla fine, era caduta. Taehyung in un primo momento si lasciò trasportare da molte sensazioni per via di quel tocco dolce e gentile, ma subito dopo si scansò sentendo i passi della donna. Questa appoggiò la valigia avanti la porta e si girò verso i due seduti. Taehyung si alzò subito per fronteggiarla. «Ti aiuto.» parlò, avvicinandosi per afferrare la valigia. «No, lascia stare. Ci metto un attimo, non è pesante.» contestò Minhee. «Starai da tua madre?» domandò l'uomo, mentre si avvicinava a suo figlio per dedicargli le sue ultime attenzioni. «Si, per ora.» conversarono, fregandosene della presenta del corvino sul divano che stava origliando tutto. Taehyung annuì e poi si abbassò all'altezza del bimbo. «Campione.» disse. San sorrise e allargo le sue braccia per circondargli il collo. Rimasero per un po', Jimin era addolcito dalla scena, e quando si staccarono, Taehyung tirò sul col naso. «Ci vedremo, va bene?» domandò, e il figlio annuì. Si rimise in piedi e aprì la porta, fece uscire la donna e quando la chiuse si poggiò su essa, guardando un punto fisso con sguardo privo di espressioni. «Ehi.» parlò l'altro ragazzo presente in casa. «Non mi hai ancora detto perchè sei qui.» disse con tono piatto il moro. Jimin si avvicinò e sorrise. «Non lascerò che Taehyung si pianga addosso, oggi sarò la causa del tuo sorriso.» esclamò esaltato, e l'altro sbuffò. «Sarà difficile.» bisbigliò. «Vedremo.»

Coffee & Poison. [ Vmin ] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora