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Rosephine


È finita.

Sono spacciata.

Mi ha scoperta.

Non posso più scappare.

Sospiro.

Beh, non posso più scappare ormai, il dado è tratto.


Non posso negare l'evidenza.

Mi giro lentamente, indossando un'espressione tranquilla, la più autentica che posso assumere in queste circostanze.

- Buongiorno, Lord Gallandher - gli rispondo a modo io, sorridendogli.

Si sofferma a guardarmi per diversi istanti, fino a quando gli propongo

- Le va del the per caso? - alla mia domanda, Lord Gallandher sobbalza, spiazzato da quell'offerta insolita.

- Oh, volentieri...gentilissima matriarca - ringhio.

Odio il modo in cui pronuncia quel nomignolo.

Ma in questa situazione, non posso far altro che accettarlo.

Mi faccio seguire dentro casa fin sopra le scale, per arrivare alla porta del mio appartamento.

Prendo un pentolino, bollisco l'acqua e la verso in due tazze, immergendovi poi una bustina ciascuno.

Faccio movimenti lenti e posati, mentre penso agitata a quello che devo e non devo dirgli, a come mi devo comportare, a come devo agire.

- ...che strana, la giornata di oggi, non crede anche lei? - esordisce Lord Gallandher, seduto comodamente sulla mia poltrona.

Non faccio sedere nessuno lì, nemmeno il mio amato nipote, e ora si siede quel mostro.

- I-in che senso? - chiedo io.

- Beh, insomma...una cameriera oggi ha dato di matto pensando che si fosse buttata giù di sotto, matriarca -

- Oh, impossibile! Io sono ancora qua... - rispondo io, strozzando una risata.

In quel momento nella stanza, cala un silenzio gelido.

- È strano, insomma...come fa un cuscino a cadere da solo da camera mia? E soprattutto...che cosa ci faceva il suo mantello avvolto nel cuscino? -

Sospiro. Basta fingere, ormai non se ne esce.


- Le ricordo, egregio lord Gallandher, che quella non è camera sua, ma camera mia. - rispondo a modo io, voltandomi per guardarlo negli occhi.

- Tutto il lusso in cui sta vivendo, lo deve a me. Sono i miei soldi quelli che sta indossando ora, si è fatto il guardaroba, e non solo quello... - afferro la sua tazza di the, e vado a porgergliela, guardandolo dall'alto al basso con disprezzo.

- ...si è fatto anche la moglie di mio figlio. Beh, ovviamente non durerà per molto, la ucciderà dopo aver ottenuto i miei soldi, e lo stesso farà anche sua figlia con mio nipote - lord Gallandher, mentre il mio discorso procede, inizia a dimenarsi come un'anguilla.

- Dove vuole arrivare? - chiede agitato, scolandosi il the in un sorso solo.

- Fin dove riesci a sopportare, vigliacco. - a quella frase, Lord Gallandher si volta verso di me, sbigottito.

- Stupito, eh? Beh, so che non siete molto abituati a farvi chiamare così, voi "nobili". Ma è questo il soprannome che ti spetterà, ora e sempre. Perché tu vuoi solo soldi, ma l'onore e la dignità valgono cifre che tu non sarai mai in grado di raggiungere. E puoi uccidere tutte le ragazze che vuoi, distruggere tutte le famiglie che conosci, ma lascia stare mio nipote. Lui, non lo devi toccare. -

- Non sta agendo con coscienza, matriarca. Non teme quello che posso farle? - domanda lui, alzandosi lentamente dalla poltrona.

- Alla mia età, non si ha più paura di nulla. Sono invincibile, molto più di te - abbaio io, e Lord Gallandher ride sotto i baffi, prendendo in mano la tazza di the.

- Ancora per poco... - e in quell'istante, l'uomo mi colpisce in testa con la tazza, che si sbriciola come il mio corpo, cadendo tramortito tra i piedi di Gallandher.

A quel punto io mi volto supina, sferrandogli un calcio in mezzo alle gambe.
Quel colpo gli fa male, molto male, e io allora ho il tempo necessario per prendere l'attizzatoio e colpirlo in piena schiena, una, due, tre volte, fino a fargli uscire il sangue.
Lui però mi fa lo sgambetto e io cado all'indietro, perdendo l'attizzatoio che scorgo nelle sue mani.
Lo scaglia via, per poi sorridermi e saltarmi addosso, immobilizzandomi.
Porta le sue mani al mio collo, e inizia a stringere.
Io però gli metto le dita negli occhi e gli sferro un pugno, atterrandolo a mia volta e iniziando a strozzarlo, ma lui si alza sollevandomi di peso e inizia a strozzarmi per la seconda, ma anche ultima volta.
Stringe, stringe e stringe, non ha pietà, non molla la presa, anzi, è sempre più ferrea.
L'ossigeno in corpo non mi arriva più, e così...I-io...































Rosie



Salgo le scale di corsa, a perdifiato.
Busso alla porta dell'appartamento in cima, ma nessuno viene ad aprirmi.
Sento delle grida all'interno.
Busso più forte.
Niente.
Tiro pugni, calci, mi ferisco le mani.
A niente servono le mie azioni.
Mi giro e poggio la schiena alla porta, scivolando giù.
Piego le gambe e inizio a piangere sulle mie ginocchia, non appena le urla cessano.
Ho capito.

Sento dei passi arrivare alla porta, e qualcuno la apre da dentro, facendomi cadere all'indietro.
È mio padre.
Lo squadro con odio, così mi rialzo e corro al corpo ormai senza vita della matriarca.
È ferita, i capelli in disordine, i vestiti fuori posto.
Una lacrima riga il mio volto.

- Che cosa stai facendo ora, Rosie? Piangi? - chiede mio padre, beffeggiandosi di me.





- ....tu non puoi nemmeno immaginare che cosa significava questa donna per me...che cosa hai fatto... - bofonchio io, tra le lacrime.

- Beh, posso dirti che tu non le andavi a genio, me l'ha confermato poco fa...comunque, abbiamo finalmente eliminato questo sassolino dalla scarpa, ora è giunto il momento di liberarcene -





E, sotto i miei occhi sbigottiti, mio padre, in modo freddo e posato, prende di peso la matriarca e la butta giù dalla finestra.




Come Amare Sull'orlo Del Baratro-FrogerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora