Capitolo Sette

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Destiny's pov.

Erano due mesi che Luke era in ospedale, attaccatato a quei cazzo di fili che lo controllavano, che decidevano se era il momento di farlo morire o meno. Passai gli ultimi due mesi della mia vita con le lacrime agli occhi, chiusa in ospedale, aspettando il risveglio di Luke. Avrei voluto urlargli che lo amavo, ma non poteva sentirmi, così ogni volta lo sussurravo nelle sue orecchie, in modo che potesse capirlo solo lui. Dormivo sempre lì, con lui, nello stesso letto, posizionavo il suo braccio destro sulla mia schiena o sulla vita, in modo da farmi sentire come se mi abbracciasse davvero, mi illudevo da sola. Mettevo le canzoni che ascoltavamo sempre quando era ancora con me. Sembravo una psicopatica, e forse lo ero diventata a forza di sperare e pregare che tornasse in dietro il mio Luke. Lo guardavo sempre, ci parlavo come se fosse davvero sveglio.

"Ti ricordi il nostro primo incontro in aereo? Mi prendevi in giro anche lì. Ricordo che mi avevi detto «Hai paura delle hostess?» che antipatico che eri!" Gli ricordai. Guardavo il soffitto e ridevo ad ogni ricordo buffo. La sua mano era sulla mia pancia, ce l'avevo messa io.

"E quando ti eri scordato le chiavi? Mi sei entrato dalla finestra, mi hai fatto prendere un colpo!" Dissi "Quel giorno avevamo dormito abbracciati tutta la notte, amore." Sussurrai. Ormai era un'abitudine chiamarlo così. Mi piaceva e sapevo che lui approvava quel nomignolo perchè prima che quel dannato proiettile lo colpì, lo chiamai così e lui rise contro il mio corpo. E giuro, non c'è sensazione più bella.

Poi un giorno Calum mi disse. "Andiamo via Des, stai delirando." No, non volevo lasciarlo, lo avrebbero fatto morire e io non me lo sarei mai perdonato. "Torniamo a casa e lo veniamo a trovare ogni pomeriggio!" Continuò.

"No, tu non capisci, io lo amo e non lo lascio qua!" Urlai disperata.

Piansi. Piansi con tutta me stessa. Volevo che Luke fosse lì pronto a stringermi, pronto a dirmi che mi amava e che non dovevo piangere.

Ma Luke era in coma.

E io non potevo far altro che piangere.

Passai molti altri giorni fra le lacrime e le lenzuola candide dell'ospedale.

Poi una luce bianca mi attraversò. Per un momento pensai di essere morta per disidratamento ed essere andata in paradiso. Poi aprii gli occhi e riconobbi la stanza ospedaliera dove Luke era stato rinchiuso tre mesi.

"Vai al bagno, sciaquati la faccia piccola, e torna qua." Mi rassicurò Michael. Seguii il suo consiglio.

Andai al bagno, e l'odore del disinfettante e di garze neutre invase il mio setto nasale. Attivai il getto d'acqua fredda, misi le mani a coppa sotto il rubinetto e lentamente lo portai al viso e sfregai bene la pelle.

Tornai nella stanza, aprii la porta e vidi l'azzurro. Gli occhi di Luke erano aperti. Mi guardava sorridendo. Ero pronta a saltargli addosso, ma mi convinsi che era solo un'allucinazione. Lo sognavo spesso, sognavo di rivedere i suoi occhi ogni volta prima di dormire.

"Allora piccola, non dici niente?" Chiese lui, mettendosi un braccio dietro la testa. Sorrise e si morse il labbro inferiore.

Nelle allucinazione non mi aveva mai parlato. Mi diedi un pizzicotto sul braccio e lui rise. Sembrava vero.

"Luke sei davvero tu? C-cioè sei sveglio?" E lui annuì. Guardai gli altri ragazzi che annuirono. Mi fiondai sulle sue labbra.

Lo baciavo.

Mi baciava.

Ci baciavamo.

Lui era sveglio e io ero felice. La mia vita era tornata alla normalità. Lui doveva sapere del mio amore, era sveglio e potevo rivelarglielo. Non potevo credere che lui fosse davvero lì. Mi mancava il suo respiro affannato sopra la mia pelle, le sue mani che vagavano e mi sfioravano ovunque, i suoi occhi cosí azzurri. Le nostre labbra smisero di sfiorarsi, lui mi guardava sorridente. Pensai a mille cose, se gli fosse piaciuto, se mi amava anche lui. Ma poi mi ricredetti. Insomma, lui era Luke Hemmings e potevamo essere solo amici, ero solo un'illusa. Quindi chiesi "Scusa."

"Scusa di cosa? Mi è piaciuto."

"Luke io ti amo." Dissi tutto d'un fiato. Non stavo nella pelle. Volevo che sapesse e volevo che ricambiasse.

"Anch'io, Des." Sussurrò a un centimetro dalle mie labbra.

Ma poi mi svegliai. Aprii veramente gli occhi e vidi la realtà. Calum, Michael ed Ashton erano stesi sulle poltrone, addormentati. Le flebo erano ancora attaccate a Lui, le macchine facevano funzionare il suo cuore, le piccole alterazioni della temperatura erano monitorate dallo schermo, i piccoli suoni che mi fecero compagnia quei mesi tristi, segnavano ogni suo battito mentre il corpo di Luke giaceva gelido accanto a me.

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