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Il venerdì pomeriggio, Harry e Draco si incontrarono nella Stanza delle Necessità, che era tornata al suo iniziale aspetto di un comodo salotto. Il camino riscaldava la stanza e la penombra creava un'atmosfera accogliente.

Il respiro di Draco si regolarizzò mentre Harry si sollevava e tornava a sedere al suo fianco. La sua mente si era completamente spenta nel momento in cui aveva sfiorato il suo collo con le labbra, e non riusciva a spiegare a parole cosa aveva provato successivamente. Era solo consapevole che in quei brevi e timidi istanti entrambi avevano lasciato da parte la realtà, allo stesso modo in cui Draco aveva tolto gli occhiali di Harry e li aveva abbandonati sul tavolino di fronte a loro.

«Aspetta, ti serve una mano con-» aveva cercato di dire Harry, sfiorando il colletto della camicia di Draco, che era piegato in maniera scoordinata.

«No, sono a posto» si congedò subito lui, ritraendosi schivo e sistemandosi il colletto da solo.

Una leggera fitta attraversò il petto di Harry, che non parlò immediatamente. «È per il Marchio?» Sperava che fosse l'unico motivo per questa freddezza improvvisa. Non voleva ammetterlo a se stesso, ma aveva spesso paura di sbagliare con Draco. Dopotutto non lo conosceva ancora completamente: questa era solo un'altra sfaccettatura dell'assurdità a cui andavano incontro. Ogni tocco, ogni bacio, ogni parola di troppo era un rischio. Serviva solo la giusta dose di tatto nel rischiare.

Draco annuì e confermò le sue speranze. «Non sono ancora riuscito a comprendere la fattura utilizzata per contrastarti. Ho monitorato il mio contatto con te gradualmente, ho provato a farlo rassegnare all'idea di averti accanto. Normalmente funziona, però a volte il dolore si fa sentire più del solito» ammise, arrotolando le maniche della sua camicia semi abbottonata e scoprendo il simbolo lievemente sanguinante. Doveva essere una conseguenza della sua connessione con Lord Voldemort, e Harry non poteva sopportare di vederla influenzare anche qualcuno di esterno. «Ma è sopportabile, o ti direi di allontanarti.»

«Ci conto» ammiccò Harry lanciandogli uno sguardo intimidatorio, anche se non provocò l'effetto che sperava. Poi i suoi occhi tornarono sul Marchio. Da quando aveva scoperto cosa fosse e a chi appartenesse, Harry non ne aveva mai realmente avuto paura. Era stato convinto che unirsi a Voldemort era una scelta, ma Draco era la prova vivente del fatto che non sempre si sceglie di trovarsi dalla parte sbagliata. Adesso, guardando la figura del teschio e del serpente, Harry cominciava a temere il potere incontrollabile di quel simbolo. «Ha fatto male, quando l'hai ricevuto?» domandò.

Draco annuì nuovamente, ma senza guardarlo. «L'ho visto prendere forma sotto i miei occhi, bruciava terribilmente» raccontò. «Alcuni perdono i sensi, ma io non l'ho fatto. È uno dei motivi per cui sono stato definito abbastanza forte per portare a termine una missione di questo... calibro.»

     Harry immaginò quel momento, ma non riuscì ad avvicinarsi alla paura o al dolore che Draco aveva sicuramente sentito. Sopportare quell'agonia e sentirsi dire che era il suo dovere e peggio, il suo destino, non sembrava reale. Non era scritto da nessuna parte che un ragazzino di sedici anni fosse la persona giusta per abbattere un mago storico e dare il via alla guerra vera e propria. Harry glielo leggeva sul volto e lo capiva dal modo in cui lo raccontava: Draco poteva essere il progetto di una forza superiore, ma dentro di sé non era mai stato un assassino.

     Senza dire niente, prese la bacchetta e lo aiutò a curare delicatamente i corti tagli sanguinanti che aveva causato il Marchio. Il suo braccio era liscio e talmente pallido da rendere le vene visibili. Harry lo accarezzò esitante, mentre uno strano istinto di baciare il suo braccio lo attraversava. Si domandò cosa avrebbe provato Draco, se Harry avesse anche solo avvicinato il volto al Marchio Nero: probabilmente lo avrebbe ucciso. Baciare il ragazzo sulle labbra, però, non lo feriva: così Harry lo fece e si costrinse a non pensarci più.

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