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C'era una crepa nel muro di pietra, proprio accanto al suo letto, appena sopra il comodino. Lui stesso l'aveva creata al quinto anno, dopo avere scoperto dell'incarcerazione di suo padre: assalito dalla rabbia, aveva spaccato il suo vecchio baule e rovinato il muro. Non l'aveva mai rivelato a nessuno, né aveva provato a ripararla. Spesso, durante le sue innumerevoli notti insonni, gli piaceva ascoltare i canti delle Maridi attraverso essa, immaginarle nuotare nel Lago Nero e desiderare di essere con loro.

E proprio come tutte le volte che era tornato a Hogwarts dall'inizio del sesto anno, quella crepa era ancora lì ad aspettarlo. Passò l'indice sulla superficie scheggiata ed espirò. Forse, in quella sala perfetta di maghi giovani e promettenti, anche lui era soltanto il risultato di un incidente, una fessura di cinque centimetri a cui nessuno faceva caso. Forse lo sarebbe stato per sempre, ma poco gli importava.

«Draco» sentì chiamare da dietro di lui. Quando si voltò, vide Goyle per la prima volta dopo troppo tempo. Gli parve di vederlo per la prima volta nella sua vita, affaticato e appena più alto, mentre si torturava le unghie. «Il professor Piton ti richiede nell'ufficio del preside. Me l'ha appena riferito.»

Draco gli rivolse soltanto un cenno. Abbandonò distrattamente il mantello nel suo appendiabiti e si promise di disfare il baule dopo cena, per poi uscire dall'elegante sala comune e recarsi verso la Torre del Preside. Diversi studenti di ritorno dalle vacanze lo guardarono come se fosse un mostro, ma provò a non prenderla sul personale. Non avevano tutti i torti.

Non ricordava di essere mai stato nell'ufficio di Silente, quando lui era al comando di Hogwarts. Tuttavia, dubitava che avesse avuto un aspetto del genere. Piton lo aveva arredato con diversi tipi di bocce e fiale, tutte contenenti liquidi colorati ma per niente invitanti, a scopo ornamentale o pronte all'uso. Le pareti erano tappezzate di quadri, dentro ai quali centinaia di presidi passati a miglior vita si muovevano, sparivano e tornavano. Silente, però, non c'era: probabilmente non voleva passare del tempo con il suo assassino.

«Ragazzo» lo salutò Piton scandendo le sillabe e tendendo una mano verso la sedia di fronte alla sua, «siediti».

Draco scosse la testa. «Non intendo restare a lungo» rispose, quasi più freddo dello stesso Piton.

Il preside esitò, ma in fin dei conti non sembrò infastidito. «Dobbiamo concordare su un'unica versione dei fatti, nel caso in cui ti facciano domande scomode.»

«Abbiamo concordato tutto a casa mia» disse Draco. «E inoltre, solo alcuni professori sanno della richiesta del Signore Oscuro ai miei genitori.»

«Pensi che quegli ipocriti e approfittatori non verranno a chiederti niente, ragazzo?» insinuò Piton, l'ombra di un ghigno derisorio nei suoi occhi. «Sei più ingenuo di quanto pensassi.»

«Dato che lei è più intelligente di me, professore, che ne dice di occuparsene da solo?» azzardò Draco, avendo perso tutta la pazienza. «Se uno studente o un insegnante farà qualsiasi domanda sul mio conto, mi assicurerò di mandarlo direttamente da lei. Saprà rispondere meglio di me.»

Stava per voltarsi e raggiungere la porta quando Piton batté il palmo della mano sulla scrivania. «Non osare parlarmi in questo modo, ingrato!» esclamò, così ad alta voce che alcuni presidi spaventati si ritirarono dai loro quadri. «Dopo tutto ciò che ho fatto per te ed il tuo stupido-»

«Io non le devo niente, professore» ribatté. «Uccidere Silente al mio posto l'ha soltanto favorita. Adesso gestisce la scuola più importante del Mondo Magico ed è il braccio destro del mago più temuto dei nostri tempi.» Lo vide deglutire e per un attimo si illuse che le sue parole l'avessero ferito. «L'accordo con i miei genitori è andato a buon fine, ma non ho bisogno della sua protezione. Mi lasci in pace e si goda la sua vittoria, dato che è quello che voleva sin dal primo giorno.»

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