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Solo dopo quindici minuti, Harry riuscì a calmarsi quasi definitivamente. I professori e Madame Pomfrey avevano probabilmente utilizzato una magica scorciatoia di Hogwarts per portare Draco in infermeria, poiché non li aveva visti passare e nessun rumore proveniva dall'ormai vuoto bagno di Mirtilla Malcontenta. Filch, nel frattempo, era accorso per tenere a bada i Serpeverde e i Grifondoro nell'aula vuota di Difesa contro le Arti Oscure. Aveva adocchiato Harry e Hermione in corridoio, ma per qualche motivo li aveva lasciati in pace.

     Avevano camminato in silenzio fino all'ala dove era situata l'infermeria, che per fortuna si trovava nello stesso piano del bagno di Mirtilla. Aspettavano entrambi impazientemente che qualcuno uscisse a dare delle notizie, ma tutto taceva.

     Mentre Harry poggiava le spalle al muro e sospirava a braccia incrociate, Hermione riprovò a parlargli assumendo un tono calmo. «Stai meglio?»

     Harry scosse la testa. «Sono arrivato troppo tardi. Qualsiasi cosa... Chiunque fosse, Hermione, avrei potuto combatterlo. Draco è troppo fragile, adesso» spiegò confusamente.

     Qualcosa si mosse nello sguardo tipicamente sicuro della ragazza. Forse non era abituata a sentire le parole "Draco" e "fragile" nella stessa frase. Non lo era stato neanche Harry, fino a poche settimane prima. «Credi che non sappia difendersi da solo?»

     Altre lacrime minacciarono di cadere dagli occhi di Harry. «Ha paura» disse, «e non riesce a pensare ad altro che a quella stessa paura. Ed è anche comprensibile, dato il pericolo a cui è esposto».

     «Non spetta a te proteggerlo, Harry. Avrà un intero esercito di Mangiamorte pronto ad accorrere in suo aiuto» presunse lei, nel fallimentare tentativo di esonerarlo.

     «Ma non posso non proteggerlo, Hermione!» insistette Harry, adesso guardandola negli occhi nervoso. Portò le mani sulla sua cicatrice, che gli provocava ancora saltuariamente delle fitte.

     Hermione gli sfiorò il braccio. «Harry, ti sei sempre preoccupato troppo per tutti.»

     Harry non ebbe il tempo di risponderle che erano tutte sciocchezze. Con un rumore leggero la porta dell'infermeria si aprì e la professoressa McGonagall sbucò fuori, ancora visibilmente sconvolta. «Potter» lo chiamò.

     Harry provò una reazione simile a quella provocata da una sveglia in pieno sonno. Sussultò e rivolse la sua completa attenzione verso la vicepreside. «Si è svegliato?» domandò.

     La McGonagall annuì. «Puoi andare a vederlo, se lo desideri» confermò. Harry disse immediatamente di sì. «Granger...» La professoressa si rivolse a Hermione, non più in modo autoritario ma insolitamente stanco.

     «Lo saluto e torno dritta in classe» promise lei, ottenendo uno sguardo di assenso da parte della donna, che si allontanò presumibilmente verso il suo ufficio. Harry sentì di apprezzare entrambe come non aveva mai fatto in vita sua. Guardò la sua amica timidamente. «Penserò io a Ron» gli assicurò, come leggendolo nella mente.

     Le parole di Harry suonarono come se non fossero abbastanza, nonostante tutti gli di dimostrare la sua gratitudine. «Grazie» accennò. «Sarà comunque furioso, quindi gli dovremo delle spiegazioni.»

     «Gliele darai» rispose Hermione, e Harry capì cosa intendeva. Avvolse il corpo magro della ragazza in un abbraccio stretto e sincero. Quando si staccarono, Hermione guardava disgustata oltre la porta semiaperta dell'infermeria. «Deve essere arrivata sua madre, sta' attento.»

     Harry diede un'occhiata dentro e si accorse che, effettivamente, quella chioma curata di due colori poteva appartenere solo a Narcissa Malfoy. «Va tutto bene. La signora Malfoy sa di me.»

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