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Un balzo, un passo insicuro e la voce di Bellatrix a perforargli ancora i timpani, Draco indossò l'ennesimo completo nero e raggiunse la sala principale di Villa Malfoy.

     Un tempo questa era stata la sua stanza preferita, addirittura migliore della sua camera da letto. Aveva passato l'anno prima di cominciare la sua istruzione a Hogwarts interamente in quel salotto, fissando il camino e fantasticando sui sette anni a venire. Desiderava più di tutto essere capitano della squadra di Quidditch ed avere un gruppo di amici fidati; ma non andata così, e gli faceva male rendersene conto.

     Adesso il vano era completamente diverso, trasfigurato non dal tempo quanto dalla distruzione che il Signore Oscuro aveva portato con sé. Nonostante l'essere rovinato, quel giorno sembrava ulteriormente stravolto, come se un folle fosse entrato di colpo e avesse razziato un'intera specie lì dentro.

     Si guardò intorno e si accorse che non si sbagliava del tutto: qualcosa di insolito si mostrava davanti ai suoi occhi. Un gruppo di Ghermidori teneva legati insieme due prigionieri che sembravano sforzarsi per apparire calmi. Draco riconobbe i capelli rossi ed arruffati che solo un Weasley poteva avere. Ciò significava che la ragazza accanto a lui era Hermione Granger.

     Dall'altra parte della stanza, finalmente, vide zia Bella. Nei suoi occhi brillava un'eccitata malvagità mentre tirava i capelli di un terzo ragazzo, costringendolo così ad alzare il capo. La bacchetta era puntata al suo petto, ma lui rimase immobile e in silenzio.

     «Il mio caro nipote!» annunciò Bellatrix quando i loro sguardi si incontrarono.

     Draco udì un rumore di passi scendere le scale e fermarsi alle sue spalle: erano i suoi genitori. Lucius fremeva dall'emozione e Narcissa, qualche centimetro dietro di lui, aveva il fiato sospeso.

     «Abbiamo preso qualcuno» cantilenò sua zia, stringendo la mano tra le ciocche brune della sua preda. «Speravamo che potessi aiutarci a riconoscerlo, Draco.»

     Una mano grande e tremante raggiunse la sua schiena e lo spinse poco delicatamente in avanti. «Draco, è chi pensiamo che sia?» domandò il padre impaziente.

     Draco non ebbe neanche il tempo di fare due calcoli quando, fissando la mandibola del ragazzo e il modo in cui si ricongiungeva col suo collo, seppe la risposta. Lo aveva osservato troppo per non saperla. Era proprio chi pensavano che fosse; avevano catturato Harry Potter. I lineamenti del suo volto parevano modificati, ma non si dimentica facilmente l'immagine del Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto. Per sette anni di scuola aveva imparato a riconoscere persino la posizione dei nei sul suo viso.

    Aveva quella situazione in mano. Non smetteva di guardarlo e di pensare alle conseguenze: un "" avrebbe cambiato troppi destini allo stesso tempo. «I-Io...» balbettò, insicuro su cosa rispondere. «Io non ne sono certo.»

     La mano di Lucius si spostò sulla sua spalla, le labbra vicine al suo orecchio. «Draco, sai cosa significa, non è vero?» sussurrò, ancora tremando. «Se è davvero Potter... Se è lui, lo consegneremo personalmente al Signore Oscuro. Così facendo, tutto sarà perdonato! Ma solo tu puoi confermarcelo. Ti prego di osservare attentamente.»

     E Draco lo fece. Si concentrò sul respiro affannoso di Potter, su come sembrava più paffuto in volto ma tremendamente magro nel resto del corpo.

     «Spero che, comunque, non vi dimentichiate di chi ha effettivamente portato qui il Prescelto, signor Malfoy» si intromise una voce alle loro spalle. Scabior, il capo dei Ghermidori, non aveva mai imparato a chiudere il becco nei momenti meno opportuni.

     «Come ti permetti» cominciò Lucius, «a parlarmi in questo modo in casa mia?» tuonò, a voce talmente alta da fare sussultare suo figlio. Adesso anche Draco tremava; la paura lo aveva assalito insieme alle urla del padre, ma non osava guardare nessun altro a parte Potter.

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