In principio

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Era il ventuno novembre e il liceo linguistico De Amicis aveva appena chiuso le porte per un'assemblea straordinaria che prevedeva una votazione di cui già tutti conoscevamo l'esito.

«Si procederà in questo modo» stava spiegando uno dei quattro rappresentanti d'istituto. Sapevo i nomi dei quattro perché per una settimana le circolari della scuola non avevano fatto altro che ripeterli in continuazione, quasi fosse possibile non notarli nel gruppo di Facebook. Comunque sia, essendo solo un'invisibile studentessa del primo anno, non avevo proprio la più pallida idea di quale dei quattro nomi gli appartenesse. Per me poteva essere sia Francesco che Matteo ma avrei sicuramente scartato i due nomi chiaramente femminili. «Per prima cosa», continuò il ragazzo col megafono «faremo una veloce alzata di mano, poi», qui si chinò per raccogliere dei fogli bianchi, «ognuno di voi scriverà sotto la colonna della classe di appartenenza una X sul "sì" se è favorevole o sul "no" se è contrario. Gli astenuti potranno lasciare in bianco.»

Il ragazzo continuava a parlare quando notai, tra la folla, un giovane con il giubbotto di pelle e i capelli arruffati, era poggiato di spalle contro il muro della palestra con aria disinvolta. Dalle orecchie pendevano due fili bianchi che terminavano in uno spinotto inserito nell'ingresso jack di un cellulare che teneva in mano. Aveva i capelli dorati - non biondo canarino, biondo ossigenato o quell'orribile tonalità di giallo pipì che molti scambiano per biondo, proprio dorati - che ero sicura che toccandoli avrei potuto bruciarmi. Per un attimo, quasi sentisse il mio sguardo addosso, alzò il capo ma non riuscii a vederlo bene in volto, perché qualcuno gli si parò davanti.

«Per favore, mettetevi in fila per votare!»

Obbedii, chiedendomi che cosa in uno sconosciuto come quello potesse suscitare tanta curiosità in me.

Dopo una fila di cinque minuti circa toccò a me e, trovando la fila della prima C, notai che quasi tutti avevano messo una X nel "sì" e sapevo come andavano queste votazioni: si prendeva la maggioranza della classe che veniva contata come unico voto. Ingiusto ma vero. Non che mi cambiasse qualcosa, certo, per me un "sì" o un "no" erano irrilevanti. Lasciai perdere e mi voltai per lasciare la fila. Il ragazzo con gli auricolari era lì, stava votando sulla colonna della terza D. Ma ancora una volta non riuscii a vederlo bene.

Dopo mezz'ora di attesa, finalmente un rappresentante femminile annunciò all'assemblea che i risultati davano la maggioranza del sì. Un boato. Dalla folla si alzò un grido euforico.

Il liceo linguistico De Amicis era ufficialmente in occupazione. Il mio sguardo cadde di nuovo sul ragazzo con gli auricolari e questa volta lui alzò il suo. Stava sorridendo anche lui, era chiaramentecompiaciuto, da questo dedussi che doveva aver votato per il "sì". I suoi occhi incontrarono i miei e li vidi: profondi occhi neri, come acque profonde. Come il carbone, come la notte; all'inizio freddi, da brivido ma anche caldi. Non"caldi" nel senso di confortanti, amichevoli; caldi nel senso di ardenti, mistero, guai. 

Il Pezzo MancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora