La sveglia sul comodino suonò strappandomi a un sogno di cui non ricordavo i particolari, erano le sei e mezzo del mattino e io dovevo iniziare il mio ultimo primo giorno di scuola. Invece di alzarmi, però, piegai il cuscino in due avvolgendomi la testa per coprire le orecchie.
La mia vita era già abbastanza insignificante senza bisogno che un altro noioso e inutile primo giorno di scuola me lo ricordasse. Primo giorno, sì, questo sarebbe stato l'ultimo primo giorno di scuola della mia vita ma comunque insignificante.
La televisione che avevo dimenticato accesa la sera prima, però, non pareva pensarla così.
«Sarà eccitante! Sarà tutto diverso!» Stava gridando infatti un omino blu a una specie di sasso con gli occhi. Ma perché davano programmi per bambini così irritanti di prima mattina?
Non sono d'accordo. Pensai, cercando a tentoni il telecomando per spegnere la TV. Non ci sarebbe stato niente di diverso, quel giorno: altro non era che uno dei miei tanti primi giorni di scuola. I miei genitori erano entrambi archeologi - per essere precisi mio padre era l'archeologo e mia madre lavorava per una rivista archeologica chiamata "Sotto la Storia", così si erano conosciuti - quindi non erano più a casa. Il sogno di qualunque adolescente, no? Avere casa libera, orari elastici. Avrei potuto andare via per il weekend o per un mese e mia madre non avrebbe avuto problemi a riguardo, probabilmente non l'avrebbe nemmeno saputo. Non che si fosse occupata tanto di me, negli anni passati, ovvio.
Sì, mi aveva sempre fatto comodo non dover temere il rimprovero di due genitori apprensivi o robe del genere, però ogni tanto mi chiedevo il perché. Perché mettere al mondo dei figli e vederli quattro volte l'anno? Avrebbero potuto benissimo vivere in una normalissima casa con me, no? Viaggiare solo quando necessario e partire per le loro spedizioni o qualsiasi cosa dovessero fare. Ma no, loro avevano scelto l'avventura continua. In realtà io sapevo bene il vero motivo per cui avevano deciso di scappare. Quando avevo cinque anni, durante una delle nostre vacanze al mare che ai tempi eravamo soliti fare, io e mio fratello Leo, decidemmo di allontanarci giusto un po', per andare a vedere gli scogli oltre le boe. Avevo cinque anni e lui sette, eravamo piccoli ma sapevamo nuotare abbastanza bene, lui poi era un portento - o forse lo era ai miei occhi da adorante sorellina minore. Quel giorno ero riuscita a nuotare fino alla boa ed ero contenta, perché avevo paura, all'inizio. Così, una volta fuori dall'acqua per raccontarlo ai miei genitori, mi ero resa conto di essermi persa, non trovavo più il mio fratello. Avevo cercato molto, perché non riuscivo nemmeno a trovare l'ombrellone di mamma e papà ed ero anche molto arrabbiata con Leo, perché mi aveva lasciata indietro. Due ragazzi, poi, mi avevano fatta avvicinare all'altoparlante del lido, annunciando una bambina che aveva perso i suoi genitori e io avevo detto loro che era colpa di quello stupido di mio fratello di sette anni che mi aveva lasciata indietro. Quella fu l'ultima volta che vidi mio fratello Leo. Venne dato per disperso e per mesi, forse anni, i miei genitori continuavano a sperare di trovarlo ancora vivo. Quando capirono che non sarebbe mai tornato, accettarono la sua morte e iniziarono a partire sempre più spesso, per non sentire il vuoto della mancanza di Leo. Dimenticandosi anche di me.
Ecco perché l'unico genitore che consideravo tale - in quanto l'unica persona ad avermi veramente allevata - era la mia cara nonna. La mia vecchia casa, quella in cui abitavo con la mia famiglia prima, adesso era intestata a me ed era ancora lì, al piano sopra a quello in cui abitavo con la nonna adesso. Ogni tanto capitava - a quell'età in cui si amano i pigiama party - che andassi a dormire nella casa al piano di sopra ma non lo facevo da tanto. Ed ecco perché rimaneva sempre vuota, seppur contenesse buona parte della mia roba, come fosse una specie di garage-magazzino.
A detta della nonna, papà era solo un "avventuriero con un sacco pieno di soldi e nessun mezzo". Me lo ripeteva ogni volta che i miei dimenticavano un mio compleanno. I primi anni venivano a trovarmi, portandomi qualcosa di bello, di esotico o che so io e inventavano fantastiche storie su come una principessa dragone volesse impossessarsi di quel regalo o di come un orco risvegliato dalle paludi cercasse di mangiarli ogni volta che rubavano qualcosa per me. Sì, Shrek doveva sicuramente abitare da quelle parti.
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Il Pezzo Mancante
ParanormalGiulia è una normale diciottenne al suo ultimo anno di liceo quando il suo cammino incrocia quello di Salvatore Esposito (Tore), un ragazzo con un fascino da "bad-boy" sexy ma talmente misterioso ed enigmatico da metterle i brividi. Lei lo aveva già...