10. Senza via di fuga pt.3

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Ordinammo pizza a volontà, richiedendo il "giro pizza", ovvero quel misto di pizze di ogni gusto e tipologia che vengono portate al centro del tavolo fino a che qualcuno non dice di fermarsi e non chiede il conto. Tra un antipasto e l'altro, un giro di pizza e un altro e una bevanda e l'altra, di certo non mancavano le parole. Non credevo che sarebbe successo ma devo dire che mi sentii a mio agio quella sera, sul serio, fu davvero piacevole. Quasi non mi accorsi delle strane sensazioni che Tore mi creava. Ogni tanto cercavo di distrarmi, parlando con i ragazzi che stavano dalla mia parte di tavolo, particolarmente con Alice che sembrava comprendere il mio disagio. Finita la cena ci trasferimmo fuori, per fare quattro passi, prima di tornare a casa.

L'aria delle dieci era piuttosto frizzante, per essere appena in ottobre, il cielo era blu scuro con qualche nuvola qua e là, la stradina grigio-marrone che portava dal ristorante alla strada principale era accompagnata ai lati da una striscia di alberi alti e pieni, mossi dal venticello e qualche panchina in legno sparsa fino al parcheggio delle auto.

Mi ritrovai Tore accanto, senza neppure rendermene conto. «Allora» iniziò lui. «Ti sei calmata un po'?»

«Sì» Risposi, imponendomi di respirare lentamente. Cominciai però a camminare con un ritmo un po' più veloce, mentre gli altri ragazzi si erano fermati a qualche metro da noi, dove c'era una fontana attiva, che qualcuno stava fotografando. Le barbie ovviamente stavano chiedendo allo scemotto di turno di farsi scattare qualche foto. Mentre Alice mi guardava, ne ero sicura, perché sentivo il suo sguardo addosso.

Per un minuto circa stemmo in silenzio, poi lui prese a camminare e istintivamente lo seguii lungo il viale con gli alberelli e qualche ciuffo d'erba qua e là. Poi, tra una parola e l'altra, cominciammo a sciogliere - almeno da parte mia, in quanto lui sembrava sempre a suo agio - la tensione. Percorremmo il vialetto fino a trovare un vecchio parco giochi con uno scivolo con le scale in legno e la base blu e rosso smaltato, due cavalli gialli con la molla e una grande asta in legno che sorreggeva con catene due altalene nere. Ci avvicinammo e ci sedemmo entrambi a parlare.

«Volevo chiederti scusa» Fece lui, con un'aria fortemente dispiaciuta che non gli avevo ancora mai visto indossare.

«Per cosa?»

Sorrise e si spinse un po', facendo muovere l'altalena sotto di lui. «Per tutto. Non mi sto comportando benissimo, posso immaginarlo, però non posso farci nulla»

«L'ho notato»

«E tu? Che ti prende oggi? Mi sembri un po' nervosa» fece poi, non nascondendo quel suo sorrisetto antipatico ma, in fondo, che trovavo adorabile, quello della personalità due, che mi piaceva.

«Niente. Sono solo sovrappensiero. Posso chiederti chi ti ha invitato?» Sapevo la risposta ma volevo vedere cosa mi avrebbe detto lui, invece.

«Barbara mi ha scritto questo pomeriggio»

Risi, era così palese. «Barbara.»

Cercò di punzecchiarmi. «Gelosa?»

«Io? Ma cosa? Cioè ... tu credi che...?»

Non mi lasciò terminare, scese dall'altalena e cominciò a spingermi delicatamente. Su e giù. Era piacevole lasciarsi cullare così, con il vento in faccia, sulle spalle e tra i capelli.

«Vedi, Giulia» disse «C'è gente che può sentirsi attratto da ragazze come Barbara e non lo nego, è davvero una bella ragazza, ma è... non lo so, non è quel tipo di persona che mi interessa.»

«E che tipo di persona ti interessa?» Chiesi.

Rise, smise di spingere e mi guardò dall'alto. Il suo sguardo si fece più caldo e familiare. Quella sera erano decisamente le sue personalità due e tre a prevalere ed era una cosa pericolosa, per me.

Il Pezzo MancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora