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~Tsukishima's pov~

Cos'è la vita se non un insieme di banali e formali virtuosismi stilistici, slegati e isolati nella vastità di un foglio senza righe o margini? Cosa sono gli uomini se non termini ed espressioni che creano tali figure retoriche? Si uniscono, si mischiano, i loro destini si intrecciano, e il risultato è tanto inaspettato quanto meraviglioso. O a volte terribile, stonato, disarmonico. Cosa sono io se non lo spazio bianco tra una strofa e un'altra? Se la poesia è vita, se la poesia è fluire, io sono colui che ne interrompe il ritmo.
Cuore di vetro.
Mente di pietra

Non so chi sono. Non so perché vivo. Nella mia testa, però, si fanno strada mille domande al secondo. Rispondere alla loro complessità è improbabile, anzi, impossibile.
Ho solo un'unica certezza: l'esistenza non mi affascina più. Mi sforzo a creare paragoni, a riempirla di un significato di cui essa è totalmente priva.
La vita è semplicemente ingiusta: c'è chi nasce in una reggia, chi nella sala di un ospedale, chi in una casa diroccata. Chi si guarda allo specchio e sorride, e chi nemmeno ha la forza di farlo per crollare di fronte allo sguardo giudicatore del suo riflesso. Chi esamina la propria coscienza con facilità ed è soddisfatto, chi non sa cosa desidera da se stesso o ha paura di ammetterlo.

Io credo che il Fato nei miei confronti sia stato ingiusto: bugie, inganni, solitudine. Fin dall'infanzia. Miti che sono cresciuti all'interno del mio cuore, ma ai quali è bastato un giorno per infrangersi in mille pezzi, insieme ad esso: come quello di mio fratello. Giocavo con lui da bambino a pallavolo, amavo la sua compagnia, da sempre l'unica. Non potevo desiderare altro che il suo sorriso e il suo sguardo complice prima di un piccolo allenamento, dopo una giornata di scuola e di soli sguardi diffidenti. Lo ritenevo il migliore; lui era un titolare, era un asso. Me lo ripeteva sempre e con un sorriso forzato, quasi come avesse voluto convincere se stesso. Ero maturo per la mia età, è vero, ma compresi tutto ciò nel momento in cui decisi di presentarmi a sorpresa a una partita del suo liceo, il Karasuno, per vederlo, esser fiero di lui.
Ma di quel giorno ricordo solo lo sguardo che ci scambiammo, dall'uno all'altro spalto, mentre lui tifava la squadra che non era mai stata sua.
Uno sguardo vuoto, ma che diceva tanto. Ci comprendemmo all'istante.
E da quel giorno non ci parlammo quasi più, smettemmo di giocare e passare il tempo insieme.

Crebbi, e con me il senso di solitudine che mi pervadeva ogni giorno di più. Finii le elementari, andai alle medie. Anche lì non trovai nessuno. Mi autoesclusi dal mondo, mi rifugiai nella musica. Seppur fossi bravo a scuola, nessuno mi chiedeva mai nulla. Inavvicinabile, misterioso, ecco cosa pensavano di me. Mi temevano.

Andare bene a scuola fu l'unica ragione che mi permise di avere almeno uno scopo. Finito l'ultimo anno di scuola media, mi ritrovai di fronte alla scelta del liceo. La mia mente e il mio cuore puntarono al Karasuno: fu una scelta masochista? Probabilmente. Ma volevo dimostrare che ero in grado di essere migliore di quel patetico di mio fratello, di guadagnare un posto da titolare, di non occupare solo e unicamente la panchina.

Ma la pallavolo non mi piace: è un mio mezzo di rivincita, nient'altro.
E sono sempre più convinto che non riuscirò nel mio intento.

Quando esco dallo spogliatoio e vedo tutti quegli sguardi puntati su di me, ho l'istinto profondo di andarmene, ma lo nascondo sotto lo stesso sguardo diffidente e distaccato di sempre.

Poi i miei occhi incrociano i suoi.
Yamaguchi Tadashi.

Cosa ci fa qui?

Fix you ~Tsukkiyama~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora