Da quando eravamo tornati a Modena io e Charles vivevamo in simbiosi.
Respiravamo, mangiavamo e dormivamo con un unico pensiero fisso in testa. Il gran premio della Cina.
Iniziavamo la mattina presto e concludevamo a notte inoltrata, e non era cosa rara che finissimo per addormentarci con la testa poggiata sul tavolo del mio soggiorno, sommersi da mille scartoffie.
Il monegasco aveva praticamente preso la residenza in casa mia, e nonostante un po' di imbarazzo iniziale dovuto a quello che era successo in Bahrain e al non aver ancora risolto del tutto i nostri problemi si era ambientato in fretta, e io dovetti ammettere che la sua presenza non mi dispiaceva più di tanto.
Persino Isabel da brava figlia degna di sua madre, lo adorava.
Era sempre stata terrorizzata dagli uomini. Probabilmente a causa di una paura inconscia che io stessa gli avevo trasmesso, ma con Charles era stato amore a prima vista. Gli saliva in braccio, gli sorrideva e sopratutto gli stava incollata come una sanguisuga.
Anche il monegasco dal canto suo non era propriamente indifferente a quella nanerottola, e con una dolcezza infinita sfruttava ogni nostra piccola pausa per portarsela sulle spalle o giocare con lei."Parco..." sussurrò Isabel, appoggiando il nasino alla finestra, indicando i giardini dall'altra parte della strada. Luminosi come cristalli dopo l'ennesimo scroscio di pioggia tipico del tempo pazzerello di aprile.
Il numero sedici sorrise, lasciando il comodo pouf sul quale stavamo lavorando per prendere in braccio Isa e guardare con lei fuori dalla vetrata. Facendosi idicare da mia figlia ogni singolo gioco all'interno del parchetto.
Quell'immagine mi scaldò il cuore. Non l'avevo mai vista così a suo agio con qualcuno che non fossi io oppure Tara e per un attimo dovetti reprimere l'idea di quanto sarebbe stato bello Charles in versione papà. Per la prima volta dopo tanto tempo desiderai che la mia bambina avesse una figura paterna nella sua vita. Qualcuno che la sostenesse nelle sue scelte e l'aiutasse a crescere felice e serena.
Distolsi lo sguardo da quei due cercando di lavorare ancora un po' ma la stanchezza cominciava a farsi sentire e i calcoli sul quale stavo lavorando erano ormai un ammasso informe di numeri senza senso. Sbuffai, e dopo un' accurata analisi del caso decisi di lasciar perdere. Rimandando il rimandabile alla mattina dopo.
"mamma posso?" Isa era tornata con i piedi per terra e tenendo il monegasco per mano puntava verso la porta che dava al nostro piccolo cortile.
"Certo cariño" risposi accennando un sorriso, accarezzandogli la fine coda di cavallo che le teneva raccolti i capelli "posso venire anche io a giocare con te o vuoi solo Charles?" Domandai, inginocchiandomi davanti a lei chiudendogli la cerniera della felpa, sapendo già quale sarebbe stata la risposta.
"Chars..." replicò lei con una vocina piccola piccola aggrappandosi alla gamba del Ferrarista, visibilmente divertito dalla situazione.
Misi su un finto broncio, che Isa si affrettò a cancellare, dandomi un bacio umido sulle labbra. Tecnica che utilizzava praticamente sempre per ottenere quello che voleva.
"Sei proprio una ruffiana" commentai ridacchiando, scuotendo lievemente il capo "vai prima che cambi idea"
Lei non se lo fece ripetere due volte e quasi correndo trascinò il mio pilota all'esterno, contenta come il giorno di Natale.
Mi lasciai cadere sul divano godendomi per un attimo quel silenzio inusuale. Puntando poi lo sguardo su una piccola cornice posta sopra il caminetto. Su quella che era l'unica foto che avevo con mio padre, o per lo meno la sola nel quale pur fingendo mi sorrideva.
Il rapporto tra me e il mio papà era sempre stato conflittuale, come quello con mia madre del resto. Non avevamo mai accettato la mia passione per le automobili, reputandola troppo mascolina per una ragazzina dell'alta società madrilena. Quel giorno però per un motivo che ancora non mi spiegavo Andér Ferreiro si era seduto con me in giardino. Mi aveva guardato studiare per qualche minuto e quando pensai avrebbe ricominciato ad urlarmi contro per aver scelto il liceo scientifico piuttosto che scienze umane, la sua mano si era poggiata sulla mia e il suo sguardo deluso e stanco si era posato sui miei occhi, fissi su quella strana manifestazione d'affetto. All'esterno sarebbe potuto sembrare un momento dolce, una semplice affusione tra un padre e una figlia, che si scambiavano pareri in veranda, durante una calda giornata di maggio. Forse era proprio quello che aveva immaginato mia zia Marga quando aveva deciso di scattare quella fotografia. Troppo felice di vederci insieme, per immaginare quello che le iridi di mio padre mi stavano dicendo.
Ero sbagliata lo sapevo bene, ma quello che vidi in quei pozzi marroni tanto simili ai miei mi fece quasi paura. Dicevano quanto io l'avessi deluso nonostante nel mio piccolo cercassi di renderlo orgoglioso di me con quello che molti altri genitori avrebbero invidiato. Andavo bene a scuola, mi piaceva studiare e rispettavo il coprifuoco. Ero la figlia che in tanti avrebbero voluto avere ma che ironia della sorte non era ben voluta dalle persone che l'avevano messa al mondo. E tutto perchè avevo scelto le macchinine al posto delle bambole, gli amici al posto delle amiche, e la matematica al posto della sociologia.
Avevo sempre saputo che quella villa nel cuore verde di Madrid non era il mio posto, e nel giro di qualche ora me ne ero andata. Allontanandomi definitivamente da quella che per anni avevo chiamato casa.Asciugai una lacrima, rendendomi conto solamente in quel momento che fuori aveva ricominciato a piovere, e che Charles ed Isabel erano rientrati bagnati come pulcini.
"mamma piangi?" domandò lei indicando le lacrime che non ero riuscita a nascondere alla loro vista.
"No mi amor...non ti preoccupare" dissi tirando su con il naso accennando un flebile sorriso "ti va un bel bagno? così ti riscaldi un po'" Isa accettò di buon grado e dopo essersi tolta la felpa grondante si diresse docilmente in bagno.
"ti porto qualcosa di asciutto okay?" chiesi poi a Charles, ancora intento a fissarmi con sguardo preoccupato.
Lui annuì, e prima che potesse aprire la bocca per farmi qualsiasi domanda cambiai stanza.
Preparai la vasca alla piccola e dopo averci immerso tutti i giocattoli con il quale era solita giocare durante il bagnetto, mi misi alla ricerca di qualcosa che potesse andare bene al monegasco. Fortunatamente quando Mathias se ne era andato aveva lasciato nella mia valigia una maglietta e un pantalone della tuta che non so per quale motivo avevo deciso di conservare. Il numero sedici sicuramente non sarebbe stato felice di indossare qualcosa di suo ma era pur sempre meglio di niente.Leclerc guardò quello che avevo tra le mani con un'espressione parecchio confusa ma fortunatamente non disse nulla.
"Posso chiederti una cosa?" domandò appoggiandosi al bancone della cucina dopo che si fu cambiato.
"teoricamente me l'avresti appena chiesta" lo canzonai, distogliendo l'attenzione dai fornelli sul quale avevo messo a bollire l'acqua per il thè.
Lui ignorò completamente la mia battuta annullando la poca distanza che c'era tra di noi avvolgendomi con le sue braccia in un abbraccio dolce "stai bene?" sussurrò al mio orecchio dopo qualche istante in cui eravamo fermi in quella posizione.
"ora sì, principino, ora sto bene"
*piccolo trailer per Just Breath (fatemi sapere cosa ne pensate)*
Buon pomeriggio a tutti!
Nuovo capitolo. Come sempre spero che vi piaccia. Ho creato un piccolo trailer della storia e nonostante non sia bellissimo sono abbastanza soddisfatta del risultato e mi farebbe molto piacere lo guardaste per dirmi cosa ne pensate!
A prestissimo 🌻
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Just Breathe ||Charles Leclerc||
Fanfiction"La verità è che voglio te. Voglio svegliarmi ogni mattina con il tuo respiro che mi solletica il collo. Voglio portarti a fare colazione al mare la domenica mattina e ridere dei baffi che ti si formano sulle labbra per colpa del cappuccino. Voglio...