𝟏𝟗. 𝐂𝐨𝐫𝐫𝐢

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Charles

Le strade di Shanghai erano un vero e proprio delirio nonostante fosse mezzanotte inoltrata. Ma non mi importava. Correvo come non avevo mai corso in vita mia.
Lasciai che i miei polmoni cercassero l'aria necessaria per rifornirmi dell'ossigeno del quale avevo bisogno mentre i muscoli delle gambe bruciavano per lo sforzo sotto il tessuto dei jeans.
Il cellulare continuava a squillare nella tasca della mia giacca ma lo ignorai. Giada non avrebbe sentito più una singola parola uscire dalla mia bocca, se non per chiudere definitivamente quella farsa, che durava da fin troppo tempo.
Erano stati cinque anni splendidi, del quale avrei sempre conservato un ricordo speciale, ma negli ultimi sei mesi la scintilla che c'era tra noi si era spenta. Portando nel nostro rapporto routine e frustrazione che avevano reso la vita difficile ad entrambi.
Io non l'amavo, e lei non amava me. Era palese anche ad un cieco ma nonostante questo ci ostinavamo a cercare di far stare a galla una relazione, ormai totalmente colata a picco.

Il cuore mi batteva talmente forte che avevo paura potesse esplodermi nel petto, e una volta in albergo mi ritrovai a fare le scale tre gradini alla volta, come se avessi paura che il terreno potesse crollarmi sotto i piedi.

Non avevo preparato un discorso, ne tanto meno avevo comprato un mazzo di fiori. Non avevo molto da offrirle quella sera, ma sperai che la mia sincerità e la mia presenza, per il momento fossero sufficienti.

Bussai alla sua porta. Sentendomi come un ragazzino in preda alla prima sbandata seria della propria vita, e all'improvviso mi resi conto di non essere preparato all'evenienza che lei non venisse ad aprirmi. L'ansia per il secondo più lungo della mia vita si impossessò di me, facendo risuonare quel fastidioso campanellino d'allarme che mi comunicava di star uscendo dalla parte più fredda e razionale di me stesso.

"sei sicuro di quello che stai facendo? Sei consapevole che quello che stai per fare cambierà tutto e che non si torna indietro? "

La ignorai, e quando finalmente sull'uscio comparvero gli occhi lievemente arrosati e gonfi di Lucrecia, contornati da un sorriso stanco, non ebbi alcun dubbio: Ero sicuro.

"cosa ci fai tu qui?" domandò lei cercando di nascondere una lacrima che le solcava la guancia, asciugandola frettolosomente.
Sembrava così piccola davanti a me. Così fragile e indifesa da essere scalfita con un colpo di vento. Ma in realtà sapevo che non era vero. Molto probabilmente era più forte di tutti noi piloti messi insieme, ma in quel momento pur non dicendolo aveva bisogno di me.
Non risposi alla sua domanda, mi limitai a spingerla delicatamente dentro la sua camera e a chiuderci la porta alle spalle per poi abbracciarla forte.

La sentì sospirare sul mio petto mentre le sue braccia mi circondavano la vita. "Ho rovinato tutto" moromorò con voce piccola piccola, che mi fece capire per l'ennesima volta quanto fosse buona per prendersi la colpa di qualcosa di cui non era assolutamente responsabile.

"Sei stata troppo gentile invece" risposi, sciogliendo la presa dal suo corpo solamente per poter incatenare il mio sguardo con il suo. Perdendomi poi all'interno delle sue iridi color nocciola "Io sarei stato molto meno clemente se mi fossi trovato al tuo posto" continuai, facendo finalmente comparire l'ombra di una piccola risata sul suo viso.

"Beh per fortuna io sono io e tu sei tu" disse portando una mano tra i miei capelli scompigliandomeli dolcemente "comunque ti ringrazio per avermi difesa e per essere venuto qui, immagino che Giada non ne sia particolarmente contenta" continuò percorrendo con le dita la linea della mia mascella.

"Non mi interessa un accidente di Giada in questo momento" sentenziai, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sorridendole "mi importa di te"

Le sue gote si fecero lievemente più rosee rendendola se possibile ancora più carina ai miei occhi.
Il leggero imbarazzo la portò a fare inconsciamente un passo indietro che la fece ritrovare con le spalle al muro tra me e la porta.

"Che fai Leclerc?" Domandò lei vedendo le mie mani appoggiate alla parete intorno al suo viso "hai paura che scappi?" I suoi occhi ridevano. Mentre il disagio era completamente sparito.

"Ho voglia di baciarti Lu..." ammisi, facendo vagare lo sguardo su tutta la sua figura per poi soffermarmi sulle sue labbra ancora lievemente tinte dal rossetto.
"E chi ti vieta di farlo?" Chiese lei in un sussurro, afferrando il colletto della mia camicia, avvicinandomi maggiormente al suo viso.
Il profumo delicato del suo bagnoschiuma alla vaniglia mi riempì le narici mentre le tanto acclamate farfalle mi invasero lo stomaco.
La mia bocca si unì con un po' di esitazione alla sua in un bacio lento, senza fretta ne foga.
Ci scoprimmo piano, mentre cercavo di memorizzare ogni singola parte di quell'istante.
Le nostre lingue si unirono senza particolari attriti da parte di entrambi. Facendomi letteralmente girare la testa.

"Ma è seriamente possibile che un limone sia così bello?"

Le sue mani si spostarono dietro al mio collo approfondendo maggiormente quel contatto, per poi arenarsi tra i miei capelli, accarezzandoli.
Le mie braccia la tenevano salda al mio corpo per i fianchi, lasciati scoperti dalla canottiera di raso che usava per dormire, sollevandola poi da terra per facilitarmi il lavoro.
Era davvero bassa e a lungo andare rimanendo con il collo così flesso, probabilmente ci avrei rimesso le cervicali.

Un sorriso divertito le incurvò le labbra ancora appoggiate alle mie, e capendo il motivo di quel repentino cambio di posizione mi assecondò senza particolari problemi, incrociando le gambe intorno al mio bacino.

Non so per quanto tempo rimanemmo a baciarci appoggiati a quella porta. Probabilmente diversi minuti o forse addirittura ore a giudicare dal gonfiore delle nostre labbra, prepotentemente incurvate verso l'alto.
L'unica cosa che sapevo era che desideravo con tutto il cuore che quella sensazione di spensieratezza non finisse mai.

La adagiai nuovamente a terra dandole un bacio sul naso. Non saremmo andati oltre quella sera.

C'erano ancora troppi casini. Troppe diatribe aperte del quale volevo occuparmi, prima di fare qualcosa dal quale nessuno dei due sarebbe potuto tornare indietro.
Ci guardammo con espressioni inebetite sul volto, scoppiando poi a ridere.
Ridevamo di gusto per tutto quello che eravamo. Due ragazzini di ventun'anni cresciuti troppo in fretta, tra un abbandono e una visita al cimitero.
Ridevamo, e continuammo a ridere fino alle lacrime, sapendo in cuor nostro di essere ormai completamente fottuti.

Buongiorno! Doppio capitolo questo fine settimana ma cosa dire? Ce l'abbiamo fatta!!
Vi aspetto nei commenti di questo capitolo a dir poco zuccheroso!
A prestissimo🌻

Just Breathe ||Charles Leclerc||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora