Capitolo 11

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Rabab

"Muta e adattati. Sii chiunque mai qualcuno..."

"Ma così sarò senza identità..."

"È questo il punto..."

Ho asciugato i capelli in maniera naturale e ho indossato dei vestiti per me inusuali. Una camicetta azzurra e dei Jeans non troppo aderenti e per concludere il mio abbigliamento da finta studentessa sciatta, ho indossato delle converse.
Devo fingermi una studentessa universitaria di teologia.
I miei dati sono già stati inseriti nel database dell'Università.
Drake si fingerà il mio promesso sposo, con cui sposo anche le idee.
Continuo a fissarmi allo specchio e continuo a pensare quanto sia diversa questa Rahe'l da me.
Lei ha perso i genitori per mano di un tedesco.
Io stavo per perdere me stessa per mano di mia madre.
Lei amava la sua famiglia.
Io non so nemmeno cosa significhi famiglia.
Lei ha una fede, un credo e un Dio.
Io non credo in nessun Dio se non in me.
Lei ha un fidanzato.
Io cammino spedita sulla mia strada solitaria senza permettere a nessuno di intrecciare la mia via.
Cammino nella continua tempesta che si abbatte sulla mia via da sola.
Non ho mai avuto bisogno di qualcuno accanto.
Ho sempre contato su di me e morirò contando su me stessa.
Drake o Adam si infila un pullover azzurro che rimarca la sua muscolatura definita.
Se fosse amabile quanto bello, avrei ceduto al suo fascino.
Ma Drake è bello e dannato.
Ho fatto delle ricerche su di lui e un unico dettaglio ritorna, quale? Il fatto che sia spietato.
Non gli importa di nessuno.
Non si pone ostacoli.
Non si impone limiti.
Tutti sono mezzi per arrivare al suo obbiettivo.
Ed io sono il suo nuovo mezzo.
Per quanto sia attratto da me, io non resto altro che una pedina da spostare nella maniera giusta per vincere la partita.
I suoi occhi blu risplendono non appena i raggi di sole si riverberano nella stanza.
Nei suoi occhi sembra essere chiusa tutta la bellezza e le paure della notte.
Passa molto tempo ad allenarsi, ci tiene molto al suo corpo.
Poco alla sua mente, non gli importa delle lesioni che imprime dentro di sé.
Il suo unico obbiettivi è vincere.
Non importa come vincere.
Vince e sopravvive senza riuscire a vivere.
Lui però come me è stato costretto a questa vita.
Come me, non conosce altro se non quello che fa.
Siamo così diversi ma così simili allo stesso tempo.
Abbiamo due modi di approcciarci alla vita che sono opposti.
Drake prognostica, io vivo la giornata sperando di arrivare viva il giorno dopo.
In comune abbiamo che entrambi siamo attenti ai dettagli.
Lui è una macchina che si porta allo stremo.
Io invece non oltrepasso i miei limiti.
Mi è stato insegnato di trattare la mia mente come un tempio da non distruggere.
Le colonne portanti non vanno lese se non si vuole far crollare tutta la struttura.
Lui invece ha violentato la sua mente senza preoccuparsi delle conseguenze.
Ha ucciso per il dovere di uccidere e non con la volontà di farlo.
Ho tre anime sulla mia coscienza.
Tutte e tre erano dei tremendi serial killer.
Mi hanno attaccata e non avevo alternativa.
Mi avvicino alla finestra e osservo come la pioggia man mano cancella la traccia della neve.
Le goccioline d'acqua scorrono sulla finestra lentamente.
Sembrano delle lacrime che scorrono.
La figura di Drake emerge nel riflesso de vetro, è alle mie spalle e come osserva davanti a sé.
"Piangi mai?"
Mi domanda improvvisamente come se la pioggia avesse scaturito in lui gli stessi problemi.
"Solo quando sono sotto la pioggia..."
Le uniche lacrime che versavo erano sotto la pioggia.
Quando quelle gocce scivolano lungo il mio viso.
Spesso risulto incomprensibile.
Mi capisce solo chi ha voglia di spendere del tempo per comprendermi.
Ho versato talmente tante lacrime da bambina.
Ho passato talmente tante notti rannicchiata nel letto mentre stringevo un pupazzo e singhiozzavo silenziosamente.
Il dolore veniva strozzato dalle mura della mia stanza.
Mi tremava il corpo ma tremava anche il mio cuore.
Nessuno poteva vedermi.
Nessuno poteva giudicarmi.
Restavo io e quel dolore straziante che mi logorava lo stomaco chiusi soli in una stanza.
Se potessi incontrare la me bambina le direi di non piangere, di non aver paura del buio perché l'oscurità non cela solo mostri, che non sempre si è amati dalle persone che ci generano, che l'amore si può trovare in altro o in qualcun altro.
Le direi che cadrà tante volte e si rialzerà altrettante.
Le direi di combattere senza farsi abbattere.
Le direi di essere forte.
Le direi che diventerà una bellissima combattente.
"Nonostante credo che tu sia fuori di testa, penso che tu nasconda tanti segreti che alcune volte trapelano dal tuo sguardo..."
"Immagina che io sia solo il mare. E nel profondo ci sia l'abisso. Ma sappi che se scruterai nell'abisso anche l'abisso scruterà dentro di te..." sussurro citando Nietzsche.
E ora che osservo il mio riflesso che viene macchiato dalle gocce di pioggia che scivolano.
Le lacrime salate, non rigano più il mio viso.
I temporali non mi fanno più paure.
I tuoni non mi scuotono più l'anima di terrore.
"Troveresti l'abisso dentro di me..."sussurra. 
Sposto lo sguardo verso di lui.
Ha un leggero tono di barba che rende il suoi lineamenti maggiormente evidenti, poi ci sono i suoi occhi blu e intensi.
Tutta l'intensità e la bellezza dei sogni è stata chiusa nei suoi occhi.
"Credi nei sogni?"domando.
Lui sembra un sogno.
Però la sua personalità è un incubo.
"Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e la nostra vita è chiusa nel tempo e nello spazio di un sogno..." prosegue citando Shakespeare. 
"Ti credi un sogno?" mormoro accigliandomi.
"Sono l'ombra di un sogno. Racchiudo la sua essenza, svanisco e muto. Ma sono oscuro. Ecco perché sono un'ombra. Sono l'ombra di me stesso..." ribatte mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
I suoi occhi blu diventano di un azzurro grigiastro simile alle nuvole tempestose che adorano il cielo.
"Mi assenterò per qualche giorno..."asserisce improvvisamente.
"Come mai?" domando inarcando un sopracciglio.
"Devo portare a termine un lavoro" mormora  in maniera evasiva.
"Ma..."prima che possa continuare mi fissa in maniera glaciale e mi interrompe.
"Preparati...ora tocca a te entrare in scena..."conclude allontanandosi.
"Sai che ti dico vai a quel paese!"borbotto per poi stendermi sul pavimento e inviarmi una sigaretta fra le labbra.
Man mano la sua figura diventa lontana fino a spartire proprio come un'ombra.

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