Sono Qui

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Avevamo fatto sesso, di nuovo e per l'ennesima volta. 

Eravamo in taxi assieme e non riuscivo a staccare le mani dal suo corpo. Avevo passato la cena a guardarlo: era dannatamente sensuale. 

Una volta arrivati in ascensore, lo avevo baciato prendendolo in braccio, stringendolo a me come se potesse scapparmi.

Gemeva, delicatamente e senza sembrare volgare.

Gli mordevo la bocca per zittirlo, per evitare di farci cacciare ed essere costretti a girare per Roma tutta la notte. 

Una volta in camera non avevo fatto altro che metterlo sul letto e spogliarlo. 

Avevo bisogno di lui e nemmeno se ne rendeva conto. L'atto fisico era l'unico modo che avevo per sentirlo mio e di nessun altro. 

Lo stavo marchiando, come ogni volta. 

Gli morsi il collo, neanche fossi un vampiro, e sentendolo gemere ancora più forte. Era bello vederlo sudato, ansimante sotto di me. 

Mi faceva sentire appagato. 

Poteva sembrare folle, ma non mi importava: avevo accettato da un po' che il nostro amore non fosse sano. 

Quando iniziai a spingere in lui, sentii solo le unghie sulla mia schiena e la sua  bocca cercare la mia. Non erano baci dolci, no, ma di quelli bisognosi. 

Più spingevo in lui, più la mia vista si beava di vedere il suo corpo contorcersi così per me. Il pensiero  era anche aiutato dal fatto che lui non lo avesse fatto per nessun altro. 

Assolutamente nessun altro.

Venimmo assieme, per la prima volta: labbra contro labbra per paura che gli altri ospiti delle stanze ci sentissero. 

Dopo solo silenzio.

Non ero particolarmente loquace e il silenzio mi faceva stare bene, soprattutto dopo certi momenti. Era come il tempo per ricomporsi e tornare a essere sè stessi.

L: “Fai la doccia per primo tu o io?”

T: “Come ti pare”

Ero stranamente nervoso dopo quella domanda: perchè non riusciva a stare zitto per più di quattro secondi netti?

Mi infastidiva.

L: “Se vuoi vado prima io”

T : ““Mi sto godendo la mia cazzo di pace. Vuoi andare tu? Vacci, ma che cazzo”

Mi girai di schiena: non avevo voglia di parlargli, mi sentivo strano ed era strano anche lui. Lo sentii alzarsi e andare in bagno, poi di nuovo silenzio.

Continuavo a giocare con bordo delle coperte arricciate. Perchè non partiva il getto dell'acqua?

Era già nudo, non avrebbe dovuto metterci così tanto. 

Ero diventato paranoico, ma vivevo con la costante paura che potesse succedere qualcosa, che potesse stare male. Avevo fissato un tempo di cinque minuti prima di andare a controllare.

Leggere il suo diario mi aveva completamente devastato l'anima e cercavo in tutti i modi di fare del mio meglio, ma non mi riusciva. 

Spesso mi sentivo incapace di aiutarlo e finivo a piangere con Diego e Gianmarco perchè non ero all'altezza dei suoi problemi. Mi fingevo tanto forte, ma davanti al suo dolore ero come un burattino con i fili rotti. 

Inerme e senza possibilità di reagire. 

Mi dicevano che a lui bastasse la mia presenza accanto, ma non era così e io lo sapevo. 

Origini dei Tankele//Part TwoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora