Grigio

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Erano passati tre giorni da nostro saluto e io ne sentivo sempre di più la mancanza. Come avrei resistito altri sette giorni?

Mi ero completamente annullato: vivevo solo per sentirlo la sera quella due ore in videochiamata. Era aria pulita, la freschezza che non si respirava fra le mura della mia stanza.

Passavo le giornate sovrastato dalle mie ansie, dalle mie paura, da quella fragilità che mi aveva sempre reso diverso e fatto sentire sbagliato. 

Spesso guardavo fuori dalla finestra: immaginavo le vite altrui, le immaginavo sperando che fossero meglio di quella che stessi vivendo io in quel momento. 

Disegnavo i contorni degli altri per paura di ridefinire i miei.

Tancredi era preoccupato: aveva iniziato a restare in chiamata fino a quando non mi addormentassi, per paura che tutto quel buio mi buttasse giù.

Stare solo non mi aveva mai fatto bene: riempivo i vuoti con l'amore e l'affetto verso gli altri, perchè non sapevo amare me stesso. 

Non era solo una questione di fisico, di magro o grasso, era tutto: tutto mi sembrava sbagliato.

Una lacrima mi rigò il viso e l'asciugai velocemente, prendendo un respiro profondo: avevo bisogno dei miei amici per essere felice e, soprattutto , di lui. 

Ero seduto davanti a quella finestra e stavo guardando il cielo: era stranamente  grigio, ironico vero? 

Mi ricordava quelle poche righe che avevo letto sugli autori romantici a scuola, preparando un'interrogazione dieci minuti prima: la natura come specchio dei sentimenti dell'uomo. 

Così distante, ma al contempo catino di tutte le nostre  emozioni e riflesso di esse. Uno scambio reciproco di sostanza astratta. 

Sentii il telefono squillare e mi alzai per rispondere: era Tancredi. 

Misi su il mio sorriso migliore e gli risposi.

T: “Lele buonasera”

L: “Ehi..”

Susussurrai con la voce ancora tremante dal pianto di poco prima: perchè doveva tradirmi così ogni volta?

T: “Guardavi il cielo?”

Mi domandò come ogni giorno: ormai sapeva, fin troppo bene.

L: “Sì, sembra che pianga”

T: “Lo stavo disegnando anche io sai? Solo che non riesco a intrappolarne il colore esatto e mi innervosisco”

L: “Immagino sarà perfetto come al solito. Dovresti impegnarti di più sai? Coltivare il tuo talento”

Gli sorrisi tornando a sedermi sulla sedia davanti alla finestra. Mi portai le ginocchia al petto, poggiandoci il mento sopra. 

T: “Smettila, ho altri progetti per il mio futuro”

L: “Ah si? Quali?”

T: “Prima di tutto trasferirmi con voi, poi baciarti e poi non lo so, il resto può aspettare”
L: “Sempre il solito gelosone. Non mi prende nessuno, tranquillo”

Chiusi gli occhi e mi sembrò quasi di sentirlo lì vicino a me: i suoi movimenti quando mi prendeva per il culo, le sue battutine del cazzo e i suoi occhi sempre a cercare i miei.

T: “Sei già stanco?”

L: “Stasera un po', ho avuto un attacco oggi e mi ha massacrato”

T: “Ancora?”

L: “Non me ne sono nemmeno reso conto. Ero in bagno a pesarmi e sono entrato nel pallone senza motivo, visto che sono diminuito ancora”

Lo sentii sospirare e allungare una mano verso lo schermo come se fosse lì con me. Gli sorrisi e posai la mano a mia volta contro allo schermo.

Origini dei Tankele//Part TwoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora