Ero steso sul letto e non avevo il coraggio di alzarmi: avevo male ovunque e non avevo minimamente voglia di vedere gli altri.
Tenevo la sigaretta fra le dita e l'accendino nell'altra mano. Non l'avevo ancora accesa, troppo occupato a ripensare a cosa fosse successo poco prima.
Potevo sentire ancora le mani sopra alla mia pelle.
Abbassai lo sguardo e sorrisi nel vedere la miriade di segni che mi ricoprivano: da quando ci eravamo trasferiti non avevamo molta..intimità ed era quasi strano rivedersi in quel modo.
Mi sfiorai delicatamente un fianco con la mano in cui tenevo la sigaretta ancora spenta: un morso, nulla di meno anomalo.
T: “Sta cazzo di sigaretta te la fumi o devo continuare ad aspettare?”
L: “Con calma”
T: “Dobbiamo tornare di là, lo sai”
L: “Sì, lo so”
L'accesi e semplicemente cercai di rilassarmi, dimenticando la figuraccia che avrei fatto di lì a poco. Non so come avrebbero reagito i ragazzi, ma mi aspettavano delle prese per il culo a vita e io, forse, non ero pronto.
Vidi Tancredi alzarsi e mi sentivo sempre più strano.
Il petto era come se fosse stranamento stretto, come se il cuore facesse fatica a batterci dentro: non volevo che uscisse, volevo che restassimo io e lui lì.
L: “Non voglio andare di là”
T: “Madonna, perchè devi sempre fare il bambino? Che cazzo facciamo io e te qua: ci guardiamo negli occhi?”
Non risposi.
Spensi la cicca a metà nel posacenere posto sul mio comodino e semplicemente mi rivestii. Presi un respiro profondo, ma sembrava che mi mancasse, che mi si fermasse al fondo della gola.
Dovevo stare tranquillo: erano solo i miei amici.
Uscii dal nostro posto sicuro, seguendo Tancredi verso il salotto e, non appena entrammo, vidi semplicemente delle occhiatine maliziose su di noi.
V: “Vedo che avete risolto alla grande”
G: “Vedo? Abbiamo sentito tutti direi”
T: “Sì è sentito fino a qua? Uh, sono emozionato”
M: “Non sapevamo che il nostro Lele fosse un urlatore”
D: “Ci hai stupiti tutti”
Semplicemente mi sforzai ad accennare una risata, stringendo la manica di Tancredi, sperando che capisse, ma come al solito non lo fece.
T: “Mollami, ma che cazzo”
Allontanai la presa e andai a sedermi vicino a Young, dato che mi sembrava essere l'unico non interessato a dare un giudizio sulla cosa.
Non percepivo praticamente nulla di quello che stesse accadendo attorno a me: la realtà era ovattata ed ero troppo impegnato a cercare di regolare i miei respiri per concentrarmi sui discorsi stupidi dei miei amici e del mio fidanzato.
L'ansia mi stava attanangliando.
La mia testa viaggiava ai tremila allora e sembrava non smettere: pensieri su pensieri che si accavallavano togliendomi la forza di respirare correttamente.
Ripensavo alla litigata di prima, alle parole che ci eravamo detti, allo schifo che avevo provato quando se n'era andato, al sesso, ai segni e alla paura che prima o poi si stancasse di me.
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Origini dei Tankele//Part Two
FanfictionCome tutto è iniziato. Gay? Gay PREQUEL DI "STORIE SUI TANKELE"