Capitolo 13

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Capitolo tredici

Giunti a destinazione, abbandonarono il veicolo e a piedi e silenziosamente si avvicinarono al portone di casa di Trevor.
Rider non sapeva se l'uomo fosse in casa, altrimenti si sarebbe recato in laboratorio o addirittura sul suo posto di lavoro.

Rider aveva saputo che Trevor legalmente era un meccanico e per racimolare altro denaro, aveva investito i suoi pochi risparmi nella produzione e vendita affiliata alla Harrison & Sons di un solo tipo di pasta secca per quel momento, aggiungendo, illegalmente, il commercio di droga che Rider gli avrebbe fornito.

Col cazzo gliel'avrebbe fornita, ormai!
Si era messo nella merda con le sue stesse mani, sfidando Rider ancor prima del primo rifornimento. E poi con quale scopo lo aveva sfidato la sera precedente con quei due coglioni che non riuscivano a reggere neanche una beretta? Trevor pensava davvero che Tom e il suo segugio lo avrebbero ammazzato in quella sala e che lui avrebbe potuto approfittarsi di tutte le ricchezze di Rider?

Il ragazzo rise al solo pensiero.

Trevor aveva sbagliato enormemente a credere di poter sotterrare Rider, quando sapeva che sarebbe stato l'esatto contrario, e presto glielo avrebbe dimostrato.

Aspettarono dinanzi alla porta che qualcuno andasse ad accoglierli. Rider guardò attorno l'ambiente che circondava lui ed il suo amico.
La villetta non era nulla di speciale, anonima e identica a tutte le altre lungo il vialetto di case, con un piccolo giardino curato.

La porta si spalancò e una donna si presentò agli occhi dei ragazzi. Mora, con capelli tenuti su con una coda, e un grembiule da cucina sporco.
La moglie, così dedussero i due ragazzi, li guardò confusa.

"Ehm salve?" Parlò per la prima volta la signora con uno strano cipiglio sul volto. Chi erano quei due ragazzi? Volevano venderle qualcosa? Erano i soliti ragazzi che si occupavano di vendite porta a porta? Li avrebbe mandati via con la solita scusa del 'non mi serve nulla, mi dispiace'.

"Buongiorno, stiamo cercando Trevor" parlò Rider facendo un passo avanti verso la signora, che parve illuminarsi, dopo aver posto maggiore attenzione sul viso di Rider.

"Oh tu dovresti essere Rider, io sono Pearl. Accomodatevi, Trevor dovrebbe arrivare a breve dall'officina" disse la moglie spalancando la porta e facendo loro cenno di entrare in cucina, la prima stanza che si collegava alla porta d'ingresso.
In quel momento, Rider si rese conto di averla intravista la sera precedente in un lungo vestito rosso e si chiese che fine avesse fatto prima dell'ingresso di Tom e del suo amico. Che avesse abbandonato la festa prima di tutto quel caos? Come? E soprattutto, con chi?

"Allora, come mai oggi non sei andato in officina?" Chiese curiosa, scusandosi con i ragazzi e piegandosi per infornare il polpettone che aveva appena preparato.

Pearl notò un Rider confuso, poi si apprestò a continuare il suo discorso.

"Immagino che lavorare per Trevor sia sfiancante. Hai preso un giorno libero da lui?" Chiese pulendo le mani sul grembiulino un tempo nero.

"Oh, io.." cominciò ancora più confuso.

"Ieri non abbiamo avuto l'occasione di presentarci. E avrei voluto ringraziarti per la bella idea che hai avuto con Trevor e Matt di aprire la piccola filiale della Harrison & Sons. Gradite un amaro?" Chiese guardando entrambi i ragazzi frastornati, estraendo dalla vetrina dei liquori una bottiglia di amaro.

Frena frena frena, pensò Rider.

Trevor aveva detto alla moglie che Rider fosse un suo dipendente all'officina? E che aveva avuto l'idea di collaborare con loro per il piccolo laboratorio? Cos'altro le aveva detto o non le aveva detto? Che Rider avrebbe addirittura lavorato ai macchinari della trafilatura? Le aveva omesso il commercio di droga? Oppure la società che suo marito aveva creato con Rider per la vendita di sostanze illegali?

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