Capitolo 31

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Capitolo trentuno




Sola e impaurita si fermò alla prima fermata della corriera che l'avrebbe portata a casa dei suoi.
Arrivarci le era sembrato tutto troppo semplice, grazie soprattutto alle indicazioni di qualche passante, uscito di prima mattina per una corsetta.

Seduta sulla panchina dotata di una copertura in plexiglass, tamburellava nervosa il suo piede sull'asfalto, dando ogni tanto un'occhiata all'orologio sul suo cellulare.

Pensava alle parole di Rider, che con estrema fatica cercava di eliminare dalla sua testa ma, ogni volta le provocavano fitte al petto.
Era stata trattata come una delle sue tante dipendenti.
Nè più nè meno.

E si arrabbiava mentalmente con se stessa per aver permesso al ragazzo di trattarla così.

In lontananza scorse un bus, rallentare poi proprio dinanzi la sua fermata e, con poca destrezza, riuscì a sistemarsi tra i sedili con la sua valigia, lo zaino in spalla e le buste contenenti il regalo per suo padre.
Poche ore la dividevano dalla sua famiglia e lei non vedeva l'ora di abbracciare i suoi genitori.

Dopo essersi seduta e aver posizionato i suoi possedimenti sul sedile accanto a lei, poté guardarsi intorno e osservare poco distante da lei, silenziosamente, un uomo vestito elegantemente, tenere sulle sue gambe una ventiquattrore di pelle nera, parlare al cellulare e gesticolare nervoso per la chiamata in corso.
Più infondo invece degli adolescenti con i loro zaini ad occupare i sedili adiacenti a loro.

Sorrise, pensando malinconicamente al suo passato da studentessa, ricordando le varie amicizie perse con il passare del tempo. Eppure pensava che sarebbero durate.

A rovinare il suo flusso di pensieri, fu la vibrazione del suo cellulare e un numero sconosciuto mai letto prima d'ora.
Accettò la chiamata, curiosa di chi la stesse telefonando alle sette di mattina, e portò l'apparecchio al suo orecchio.

"Credi davvero di passarla liscia?" Domandò seria la voce di Rider dall'altro capo del telefono.

Al semplice suono di quella voce, Melanie tremò.

"Con quale coraggio mi chiami?" Lo rimbeccò la ragazza, osservando il panorama e il suo riflesso stampato sul finestrino.

"Dove sei sparita? Hai preso la corriera?" Continuò cupo il ragazzo, armeggiando con qualcosa che Melanie non seppe decifrare.

"Lasciami stare. Sono seria, Rider" sussurrò a denti stretti, per timore che qualcuno ascoltasse la sua conversazione.

Melanie poté sentire uno sbuffo nervoso fuoriuscire dalla bocca di Rider, che continuò a parlare.

"Pensi davvero che obbedirò ai tuoi stupidi ordini, ragazzina?" Disse glaciale, e la ragazza era convinta che egli avesse assunto un'espressione cupa e malvagia.

Il bus si fermò per la sua prima fermata, poi riprese la sua corsa, dopo che il gruppetto dei ragazzini scese e si diresse verso l'edificio scolastico, che Melanie poté scorgere in lontananza.

"Hai dimenticato di inserire me nei tuoi saluti sulla lavagnetta in cucina" cercò di beffeggiarla.

"Ti ho volutamente omesso, il che è diverso" parlò stizzita la ragazza, stufa di quella conversazione.
Stufa di lui.

"E perché?" Continuò a deriderla.

"Perchè non meriti nulla, neanche un mio saluto. Sei una persona di merda, ecco cosa sei Rider!" Si liberò Melanie, ottenendo un'occhiata indagatrice e preoccupata da parte dell'uomo che si ritrovava in piedi, vicino la porta, prossimo ad abbandonare il bus per scendere a destinazione.

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