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"Noi tutti siamo pezzi

di quello che ci ricordiamo.

Noi tratteniamo in noi stessi le speranze

e le paure

di coloro che ci hanno amato".

- Cassandra Clare 


Uno spiffero d'aria la investe, svegliandola.

«Diamine, mi sono addormentata».

Cerca con lo sguardo una sveglia, ma poi si ricorda che la casa ne è sprovvista.

«Giusto».

Adela si stropiccia gli occhi, le vene che le pulsano sulle tempie. Non sa quanto ha dormito, probabilmente non più di un'ora.

Scende dal letto, si sgranchisce le gambe e comincia a sistemare i suoi vestiti nei cassetti.

Nota che sull'anta dell'armadio vi è un disegno: una piccola rosa, fatta con un pennarello indelebile, e una lettera gotica sotto di essa: F.

Adela non ci fa molto caso, del resto Luigi aveva detto che quella villa, negli anni d'oro, era stata un crocevia di parenti.

Mentre sistema le proprie cose, la giovane inizia a riflettere: tre camere da letto, tre bagni, una piccola biblioteca personale, un giardino enorme, due salotti, una sala da pranzo e un cucinino.

E una vedova che la abita.

Subito comprende quanto ci si possa sentire soli in un ambiente del genere, soprattutto se si è stati abituati a vederla abitata dai propri cari.

Chissà cosa avevano visto quei muri, quante risate o quante grida avevano assorbito, quante mani li avevano toccati.

Se solo potessero parlare, quante cose Adela vorrebbe chiedere loro.

«Tre mesi, tre lunghi mesi qui. Un pacco di soldi, in cambio della mia compagnia. Chi avrebbe mai pensato che valessi tanto?».

Adela si ferma a ragionare sui fatti: una donna ricca, eccentrica, imperiosa, che decide di tumularsi in una villa italiana, lontana dal mondo, in conflitto col tempo; una donna che è disposta a pagare profumatamente per avere un'estranea che le gironzola per la casa.

Strano è strano, pensa.

Tuttavia, la giovane archivia subito il pensiero: i ricconi, da tempi immemori, sono sempre stati dediti alle stravaganze, convinti di comprare ogni cosa col denaro. E avevano ragione.

Il denaro è una porta d'accesso alla realizzazione dei propri desideri, e per quanto a Adela bruci, è così che funziona. Da sempre, per sempre.

«Tre mesi, e un pacco di soldi. Tre mesi, e poi taglierò la corda» questo è il suo mantra.

Adela si dà una rinfrescata – Luigi aveva ragione, il bagno è molto piccolo – si cambia e scende al piano terra.

Mentre si trova sulle scale, sente una vecchia canzone blues provenire dal salotto principale.

Si avvicina, e vede Madame Cohen seduta a uno dei tavolini di vetro. Sta giocando a solitario.

«Entra» le comanda, con tono quasi scocciato. Adela si siede di fronte a lei, attendendo sue direttive.

«La stanza è di tuo gradimento?» le fa la donna, senza alzare lo sguardo.

Con dolcezza, la ragazza replica: «È meravigliosa, come tutta la casa».

Apologia delle cattive ragazzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora