2.9

316 14 25
                                    


"Le uniche cose che mi appaiono reali,

sono le sensazioni che non riesco a provare"

- Wednesday 13, Skeletons 


Nel momento in cui Adela spalanca gli occhi, emettendo un grido acuto e aggrappandosi con foga alle coperte, capisce che si è trattato solo di un incubo.

Un altro. Stanno tornando: le allucinazioni, le risate, i mostri. Le voci.

Si pulisce gli occhi e il naso, tremando, per poi scoprire che Bastian è in piedi davanti a lei, in camicia da notte, e tiene in mano un pennello.

«Che fai?», chiede lei, avvertendo una cintura immaginaria che le stringe la fronte, penetrandole la carne e rendendole doloroso anche solo sbattere le palpebre.

«Stavi sognando, avevo bisogno di catturare il momento», spiega l'uomo, il tono colpevole di chi viene scoperto in flagrante a commettere un crimine di empia natura.

«Potevi svegliarmi», biascica lei, stringendosi le gambe e portandosi le ginocchia al petto.

Bastian la trafigge con uno sguardo cupo, perso nel mistico: «No, non potevo».

Un crampo allo stomaco fa capire alla giovane che ha fame. Lo dice.

«Chiamerò un mio amico che sta da queste parti, ci porterà la spesa e altre diavolerie di cui ho bisogno», asserisce Bastian, concentrato sulla tela ancora priva di una singola pennellata.

«Non serve, vado giù da Marisa e le dico che andremo a fare provviste con Luigi».

Un silenzio strano cala tra i due.

«Marisa e Luigi non ci sono. Sono andati via», sussurra Bastian, rifuggendo la sua espressione contrita.

«Oh, e quando tornano?».

Appoggiando il pennello sul tavolino, l'uomo si passa le mani sulla faccia e dichiara a denti stretti: «Non tornano. Più».

Un nodo alla gola rende difficile ad Adela anche solo ingoiare la sua stessa saliva.

La bocca semidischiusa si muove impercettibile, fino a produrre dei suoni disarticolati: «Ma... ma abitano qui. È casa loro. Marisa e Olga sono più qui che altrove e Luigi ha pure la sua stanza da letto...».

«È casa mia, ora. Non abbiamo bisogno di loro. Tanto non rimaniamo qui molto, il tempo di sistemare un paio di faccende».

Il tono risoluto di Bastian le fa accapponare la pelle.

Si trascina giù dal materasso, afferra a caso un paio di braghe del pigiama del giovane e gli si avvicina, poggiandogli una mano sulla spalla.

«Io devo tornare a casa, devo chiamare Mirco», sussurra lei, intimorita.

Non capisce perché si senta così in soggezione.

Lui volta la testa nella sua direzione, trafiggendola con i suoi abissi oscuri, le pupille giganti a coprire quasi per intero l'iride.

«Così te ne vuoi tornare in quel letamaio da dove sei venuta? E i soldi? L'opportunità che ti ha dato zia Annabelle di migliorare la tua esistenza?».

In una situazione diversa, Adela gli avrebbe detto di andarsene a fanculo, resa irosa da anni di maschilismo e modi rozzi; di certo non avrebbe permesso a un damerino newyorchese di mancarle di rispetto in quella maniera.

Apologia delle cattive ragazzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora