Terza Parte - Sintesi

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"E quindi prometti a te stesso

che non cadrai mai più 

da un'altezza così vertiginosa"

- Nikita Gill 

C'è un momento, nella vita di ogni essere umano, in cui un canto primordiale si eleva alto dal principio del nostro Io.

È il canto della Banshee, che ci sussurra che è giunta la fine, che la persona che eravamo stati un tempo è morta, che è arrivato il momento di rinascere, di dare un senso alla dolorosa transizione.

In quel preciso momento, quell'istante cortissimo ed eterno, abbiamo dinanzi due strade che si escludono a vicenda: possiamo continuare a indossare la nostra vecchia, logora pelle, come una pelliccia che ci protegge dal freddo pungente della trasmutazione, incuranti del suo progressivo decomporsi, del suo strapparsi di qua e di là perché ormai non ci calza più come una volta; possiamo vivere così, ignorando i segnali, finché un giorno non ci ritroveremo nudi e privi di gusci protettivi.

Oppure possiamo prendere un'altra strada, che da lontano sembra buia e minacciosa, ma che in realtà si fa più semplice man mano che la si percorre.

Un cammino che si affronta soli, che ci permette di risorgere, più consapevoli, più forti, più maturi.

Più veri, vicini alla nostra essenza.

Molti non optano per la seconda opzione, e si trascinano fino alla morte biologica per anni, carcasse viventi che hanno rinunciato alla grande sfida, prima ancora che questa si palesasse.

Adela ha sempre creduto di aver perso la chiamata molto prima, ma fino ad oggi si è sbagliata.

Perché ora il grido animale echeggia negli abissi del suo spirito, e sa che deve andare.

Hanno litigato ancora, quella sera: lei è fuggita in bagno, brandendo una forbice consunta dalla ruggine, e si è recisa ciocche di capelli in maniera confusa, strappandone alcune con le mani, fino ad ottenere un caschetto caotico, asimmetrico.

Se Bastian la vuole come Frances, perché non accontentarlo? Un gesto stupido e impulsivo, l'ultimo.

Perché poco dopo, di fronte alla faccia disgustata di lui, e al suo riflesso penoso, Adela ha realizzato che non può più martoriarsi per i peccati altrui.

Adesso, stesa sul letto sfatto, gli occhi sbarrati tipici di chi si sta crogiolando in pensieri e piani complessi, realizza finalmente tutto ciò che ha sotterrato con cura nel corso della sua esistenza.

L'artista, prima di coricarsi, le ha somministrato così tanti tranquillanti che Adela a malapena si regge in piedi, ma sa che non può aspettare oltre: più diventa vigile lei, più il sonno di Bastian si farà leggero.

Rimedia una sacca logora dallo scantinato, ci butta dentro un po' di vestiti e altri oggetti personali.

Non può prendersi la valigia, è troppo pesante e se le cadesse sarebbe un macello, il rumore si avvertirebbe a grande distanza.

Cerca di controllare i battiti del cuore, per paura che siano così intensi da emettere un suono anche al di fuori del suo gracile e debilitato fisico.

Cammina con passo felpato, fino a raggiungere la porta d'ingresso.

Le pare di ricevere una mazzata in piena fronte, quando ode quella voce alle sue spalle: «Che fai?».

Adela ha un sussulto così violento da fare cadere a terra la sacca di tela.

Lo sguardo di Bastian è carico di ostilità, i suoi occhi scurissimi sono due foibe senza fine che la scrutano con perplessità, come un predatore che non sa bene quale mossa fare per attaccare la sua vittima.

Apologia delle cattive ragazzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora