"Non voglio dare in pasto i miei smarrimenti,
a nessuno"
- Sylvia Plath
Tra le due lettere, scivola un altro assegno firmato dalla donna. La famosa cifra da capogiro, che Madame Cohen le aveva proposto il giorno del funerale di Ranieri, ora è duplicata. Adela si aggrappa allo stipite, ma questo non le impedisce di scivolare fino a terra e sbattere le natiche sul pavimento.
Le lettere strette in mano, la testa appoggiata al muro, la giovane avverte le lacrime salirle di prepotenza agli occhi, e poi dagli occhi giù lungo le guance; il labbro inferiore le trema, così come le mani.
Si tratta di uno scherzo? Un crudele, meschino scherzo architettato ai suoi danni per chissà quale oscura ragione?
Cosa significa tutto questo?
Non è così, non ha capito bene.
Adela legge e rilegge alcune righe delle lettere, cercando di trovarne un significato alternativo.
Nulla ha più senso.
Tutto nella sua vita, fino a quel momento, si è eretto su un mare di bugie, di verità omesse, di cambiamenti di discorso, di omertà.
«Chi era mio papà?», chiedeva da bambina, senza ottenere risposta.
Per non parlare del signor Ranieri, sempre così presente, sempre così informato e interessato.
Poteva davvero essere stata ingannata in quella maniera? Osservata a distanza, spiata quasi.
Adela si afferra la testa tra le mani, il cuore le batte all'impazzata; accanto a lei, una presenza.
«Tu sapevi? Sapevi anche questo?», chiede a Bastian, con disprezzo.
L'uomo rimane in silenzio, incerto su cosa rispondere.
«Voi tutti sapevate? Voi eravate d'accordo? Luigi, Olga, Marisa...».
«Solo Marisa. Io l'ho saputo appena arrivato alla villa, quando la zia mi ha chiesto di...».
«Sta' zitto. Non voglio ascoltarvi più, mi avete teso una trappola. Dama di compagnia? Per favore». Adela è sconvolta, passeggia in lungo e in largo per il corridoio, stringendosi nelle spalle e scuotendo il capo, a cacciare dei pensieri indesiderati.
«Non è stata la strategia vincente, lo so. Ma devi capire», prova a intervenire Bastian.
«Capire?».
«Sì, capire il tentativo di rimediare. Io ho capito molto ascoltandola, ascoltando le sue ragioni. L'ho sempre giudicata duramente, e ancora la giudico per la codardia, per averti mentito fino all'ultimo. Eppure so che ci ha provato davvero, e che non è stata sincera per paura di perderti di nuovo».
«Perdermi di nuovo? Non mi ha mai avuta. Mentre voi crescevate circondati da ogni affetto e ben di Dio, io vivevo un'infanzia solitaria e 'in prestito'. I miei genitori, la famiglia di mio padre... per me non c'erano!».
Adela vomita quelle parole come se fossero una pozione avvelenata, la vena che si gonfia sulla gola e pulsa a ritmo del suo battito accelerato.
«Non usarla come capro espiatorio, non lo merita. La zia ha sofferto una vita pensando a te, a tuo padre, al senso di colpa», sentenzia l'americano, con tono neutro.
La giovane si lascia sfuggire un risolino amaro: «Voleva rimediare tenendomi segregata in una villa a farle da sguattera e da intrattenimento?».
«Voleva averti qui, con lei. Voleva vederti e parlarti, toccarti. Mi parlava di te, in quei momenti in cui ci ritrovavamo a chiacchierare, quando lei era ben disposta e io non me ne stavo nell'atelier. I suoi occhi trasudavano orgoglio e capisco perché. Ti hanno amata tutti, Adela. Marisa ti adora, tua nonna ti...».
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Apologia delle cattive ragazze
Beletrie- Vincitrice WATTYS 2021 - 1994, Nord Italia. Adelaide è una giovane dall'anima poetica e sensibile, insofferente a un mondo grigio e asettico come quello in cui vive. Le condizioni economiche della sua famiglia la costringono a svolgere lavori m...