2.10

272 13 6
                                    

"Se vivi la tua vita

con i rimpianti di ieri

e le preoccupazioni di domani,

non avrai un oggi per cui essere grato"

- Unknown 


Sono passati circa quattro o cinque giorni dalla telefonata a casa.

Adela non si rende conto dello scorrere delle ore o dei giorni; a lei sembra di vivere un lunghissimo giorno, in loop.

Ha vomitato diverse volte, dopo la prima siringa.

Le pareva letteralmente di morire; mai nella vita aveva sentito le interiora rovesciarsi in quel modo, e in più di un'occasione ha rischiato di svuotare l'intestino lì, dove si trovava.

Ha avuto altre allucinazioni, stavolta da sveglia, e ha pregato di morire subito piuttosto che prolungare l'agonia.

Si è grattata fino a lasciarsi dei segni rossi sul corpo, e si è ustionata un dito che ha passato più volte sulla fiamma di una candela, per riacquistare la sensibilità alle mani.

Ora sta meglio, a parte la pressante insonnia che la tormenta.

Bastian dorme, è rimasto in piedi ore, senza mangiare né bere, a dipingere.

Quando crea non riesce a preoccuparsi d'altro, nemmeno di se stesso.

Una sera stava per svenire e lei ha dovuto sorreggerlo fino al letto, obbligandolo a mangiare un hamburger che il suo assistente, amico o quello che è, aveva portato loro alcune ore prima.

È un ragazzotto che non parla bene l'italiano, ma si esprime chiaramente in inglese, con la testa rasata sulla quale è tatuato un dragone della dinastia Ming.

Finché l'artista riposa, lei continua a vagare per la casa, come un fantasma, osservando l'ombra che la flebile luce della candela che tiene in mano proietta sui muri.

Hanno tolto la corrente il giorno prima; è ora che se ne vadano, ma Bastian non vuole sentire questioni fino a quando non avrà terminato il quadro.

Adela sospira, incapace di rallentare il battito del suo cuore.

Vorrebbe tornare a letto, ma sente che sarebbe inutile: non ha senso continuare a rigirarsi tra le lenzuola, rischiando di disturbare Bastian.

Mai come in quel momento si è sentita estranea alla casa; i muri scricchiolano, voci che bisbigliano frasi incomprensibili.

Forse è tutto frutto della sua immaginazione, la sua paranoia sta peggiorando da quando Madame non c'è più; eppure non riesce a liberarsi di quella fastidiosa sensazione sottopelle, quel disagio che la fa sentire come se i muri la stessero osservando, o peggio, biasimando.

Nonostante le volontà di Madame Cohen, di sua nonna, ha continuato a rimanere nella villa, ospite indesiderata che si è trattenuta troppo a lungo.

L'urna è ancora lì, le ceneri pregano per essere liberate, e tutto ciò che Adela ha fatto in quei giorni è stato seppellirsi fra le lenzuola, fare l'amore, vagare senza meta e sprofondare lentamente nella malinconia.

Una progressiva, inesorabile discesa nelle necropoli del suo animo.

Eppure sta bene, sente che il dolore si è anestetizzato, sente che l'ago della sua bussola umorale punta verso una confortevole apatia; galleggia in questa bolla ovattata, sospesa nel tempo, dimentica della vita "là fuori".

Apologia delle cattive ragazzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora