1.10

398 19 9
                                    

"Siamo tutti all'interno dello stesso gioco,

solo a livelli differenti.

Abbiamo a che fare con lo stesso inferno,

solo con diversi diavoli".

- Unknown

Adela si spoglia mentre aspetta che la vasca si riempia. Come le sere precedenti, vuole evitare di guardarsi allo specchio. Stavolta cede.

Il vetro le dona un riflesso stranamente positivo di sé.

Dopo tutto, non è poi così male: gli occhi dal taglio orientaleggiante, la pelle chiara, i capelli scuri, tutto le conferisce un che di esotico. A suo modo è carina, una bellezza particolare.

La giovane distoglie lo sguardo, sa che se osserva troppo poi il viso si deforma e le voci si prendono gioco di lei. C'era stato un tempo, quando era bambina, in cui aveva desiderato con ardore di essere bella.

L'hanno desiderato tutte le ragazzine, in quel periodo in cui il viso può cambiare ancora quel tanto che basta da trasformare un brutto anatroccolo in un cigno.

Tuttavia, il suo desiderio era dettato da una sorta di intuizione inconscia: alle ragazze belle sono riservate più occasioni. Una verità brutale, ma sempre verità rimaneva.

Almeno per lei. In parte aveva avuto ragione, dal momento che fino ai quindici anni le occasioni non le si erano mai presentate.

Era raro che gli sguardi cadessero su di lei, a meno che non si trattasse di quelli di alcuni vecchi bavosi che bazzicavano i bar del paese. Di quelli faceva volentieri a meno.

Gli anni della sua preadolescenza erano stati monotoni e solitari, un ponte fra il periodo in cui era sottoposta alle angherie dei coetanei e quello in cui aveva potuto dare una svolta alla sua vita sociale.

Solo verso i sedici anni, madre natura era stata tanto gentile da scusarsi del ritardo con una fioritura degna di nota: i seni le si erano ingrossati, la pelle le era tornata limpida, il suo sguardo si era fatto più profondo, le movenze meno goffe; era stata benedetta con un velo di intraprendenza in più, era uscita dal suo bozzolo e aveva stretto delle amicizie che, all'epoca, lei stessa aveva definito salvifiche.

Un po' alla volta, era stata indottrinata all'arte della seduzione, anche se ora, a mollo nella vasca da bagno, quel termine le strappa un sorriso più imbarazzato che divertito.

Da adolescente si sentiva ancora così bambina, in ritardo sulla tabella di marcia, l'unica vergine del gruppo, l'inesperta, la neofita.

Ma il suo fascino risiedeva in quello, a dire il vero: il velo di fanciullesca innocenza che contrastava con i lineamenti sensuali.

Aveva fin da piccola il vizio di mordicchiarsi le labbra, abitudine che aveva assorbito con tale noncuranza da non accorgersi che spesso veniva travisato come un segnale provocatorio.

Alla fine, aveva avuto tanta fretta per niente.

Le sue esperienze le aveva fatte, alcune deludenti, altre più soddisfacenti, ma tutte alla fine l'avevano lasciata un po' più svuotata, un po' più disillusa.

Certo, si è sempre ripetuta che non è più una ragazzina ingenua grazie a quelle esperienze, ma in questo momento, in un attimo di totale franchezza nei confronti di se stessa, Adela ammette di non essersi mai innamorata. Mai. Nemmeno una volta.

Si passa con delicatezza la spugna ruvida sulle braccia, sul collo, sulle gambe, fissando ipnotizzata il vapore che lento sale dalla vasca e si disperde nell'aria.

Apologia delle cattive ragazzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora