Giugno 2017

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Domenica 4

''Sei pronta?''
Non mi guarda. Kara è intenta a fissare fuori dalla finestra, osserva il mare, la spiaggia dove ci sono i suoi genitori insieme a Caitlin, Ronnie e i bambini, intenti a godersi il mare. Il cielo è sereno e il sole splende alto nonostante dei nuvoloni grigi stiano arrivando quasi di corsa...se la godranno finché dura.
''Si, andiamo.''
Ci avviamo verso lo studio dove Carol ci aspetta.
Devo ammettere che è strano pensare di fare terapia con lei...ci aveva suggerito i nomi di alcuni suoi colleghi esperti nel settore, ma avremmo dovuto fare avanti e indietro da New York e con Tommy ancora in libertà voglio evitare movimenti non necessari e non sparpagliare la vigilanza.
''Prima di iniziare, ci tengo a sottolineare che quello che verrà detto fra queste mura, rimarrà esclusivamente tra noi tre. Pur non essendo un convenzionale rapporto tra terapeuta e paziente, vi garantisco la massima professionalità e il conseguente segreto professionale...oltre quella porta torneremo ad essere una famiglia, qui potete dirmi quello che volete, non ci saranno giudizi, accuse o schieramenti.''
Sorrido perché è sicuramente diretto a me, forse un modo per rassicurarmi. Nonostante non l'abbia detto ad alta voce, il pensiero che possa prendere le parti di Kara mi è passato per la mente...è stata gentile a dirlo. Che poi...quali parti? Non ci stiamo mica separando! Mi sta venendo mal di testa.
''Quando volete...''
Kara si gira a guardarmi e forse capisce che non ho intenzione di parlare, in realtà non so proprio da dove cominciare.
''Si ecco...MonEl mi tiene a distanza. E sono confusa perché una parte di me pensa che non mi ami più ma dall'altra vedo quanto è premuroso, attento, preoccupato...sono passate due settimane ed è come se fossi ancora in coma.''
''Non dirlo neanche per scherzo.''
Sono concentrato nel cercare di afferrare una pellicina dal mio dito, ci sono quasi riuscit...mi è scappata.
Il silenzio mi distrae e quattro occhi azzurri mi fissano curiosi. È Carol a parlare.
"Quello che dice Kara, per te è vero?"
Usa un interessante gioco di parole...è molto simile a quello degli avvocati, attenzionare ogni singola parola, le virgole, il tono di voce...altrimenti i clienti non si fidano e non rivelano gli scheletri che hanno nell'armadio. Ma non devo distrarmi.
"Si...è vero."
Ancora silenzio, evidentemente si aspetta una continuazione.
"Io...non lo faccio di proposito, non vorrei farlo...davvero. Ma sento questo...panico quando lei mi tocca. In realtà non so neanche se sia la corretta definizione...comunque ora sembra andare un po' meglio nei piccoli gesti..."
Le sfioro le dita e lei risponde immediatamente.
"Lo so che sta soffrendo per tutto questo, ci sto male anch'io...ma non so che fare."
"Cosa senti quando il contatto si prolunga?"
"Mi sembra che l'aria nei polmoni non basti e non riesca ad entrarne di nuova, il cuore accelera...sembra volermi schizzare fuori dal petto."
"Capisco. Vorrei farvi alcune domande."
Annuiamo entrambi.
"Quando hai iniziato a sentirti così MonEl?"
Cerco di fare mente locale, ma non ho una data esatta.
"Dopo il coma."
"In ospedale non era così drastico...è stato progressivo. Quando siamo arrivati a casa è...peggiorato."
Kara riesce a dare una spiegazione esaustiva mentre mi rendo conto con quale velocità abbia realizzato che qualcosa non andava. Ancor prima di me.
"Dormite insieme?"
"Si."
Carol annuisce e continua a scrivere sul suo quaderno...chissà cosa.
"Come ti sentivi quando lei era in coma?"
"Cosa...?"
No...non posso.
"Va tutto bene MonEl?"
Inizio a sfregare le mani sui pantaloni e respirare lentamente.
"Non mi piace parlarne."
"Lo so, ma credo che si annodi tutto lì."
"Io non...no, non è una buona idea."
"Sei a disagio?"
"Si."
"Senti di nuovo...il panico?"
Kara rimbalza lo sguardo da me a Carol, non perdendosi neanche una parola e senza interrompere questa specie di incantesimo in cui mi ha avvinto.
"Un po', si."
"Viene tutto da lì MonEl."
"Non capisco."
La sua espressione mi dice che non mi crede, che io sappia più di quello che dico ma non è così...o si?
"Sei un uomo intelligente MonEl, molto intelligente. Ti considero più intelligente della media, quindi so che sei consapevole che c'è qualcosa di più di quello che stai dicendo. Forse preferisci negarlo a te stesso, ed è assolutamente comprensibile, ma tu lo sai. Vedi, mi sono fatta un'idea piuttosto chiara di cosa si tratti, ma se te lo dicessi probabilmente negheresti...ecco perché voglio che scavi, anche se fa male, se senti il panico, devi andare in profondità e affrontare come ti sentivi durante il coma di Kara."
Cazzo. Sono tutti troppo bravi in questa famiglia...è inquietante.
"Io..."
"Vuoi che ne parliamo da soli?"
Non posso farle anche questo.
"No."
"Non devi trattenerti. Ho la sensazione che tu abbia messo un filtro tra quello che dici e quello che pensi, ti assicuro che non serve...non qui."
Deve avere un qualche potere mentale, è chiaro.
Il silenzio è assordante, so che aspettano me, so che vogliono aiutarmi, soprattuto Kara...vogliono capire.
"MonEl..."
Ok.
"Quando era in coma io...ero...niente."
Sento Kara sussultare accanto a me e Carol annuisce per spronarmi a continuare.
"Io...volevo solo che si svegliasse, che tornasse. È stato devastante...il dolore, l'incertezza, non mi interessava nulla. Né il lavoro, né me stesso...e mi vergogno a dirlo, neanche Danny. Sapevo che c'era qualcuno ad occuparsi di lui, che era in buone mani, che stava bene...ma io ero un guscio vuoto."
"Perché non me l'hai detto?"
Le lacrime le rigano il volto senza sosta, sapevo che non avrei dovuto parlare.
"Kara..."
Guarda Carol che fa di no con la testa.
"Lo so che soffri per quello che ha dovuto passare e per le conseguenze che ne sono derivate, ma se tu piangi lui si chiuderà di nuovo a riccio. Vuoi andare un po' fuori?"
"No. Se per lui va bene..."
"Certo."
La mia voce è ormai un sussurro...dilaniata tra i sensi di colpa che aumentano e tra il disgusto per me stesso, per essere incapace di amare mia moglie come merita.
"Vuoi continuare?"
Guardo Kara che annuisce con un breve sorriso d'incoraggiamento, non che sia di grande aiuto ma apprezzo lo sforzo e decido di tirare tutto fuori. Non può andare peggio di così.
"Quando si è svegliata...ho realizzato che non potevo farlo di nuovo, non potevo amarla come prima. Era troppo."
"Perché?"
"Perché...eravamo troppo persi l'uno nell'altro, così tanto da non restare niente di me in sua assenza. Non può essere un modo sano di amare, no? Ci deve essere un altro modo."
"Questo modo?"
"Perché no?"
"E ti rende felice?"
Carol è brava, lo devo ammettere. Non ho avuto contatti con molti psicologi o psichiatri nella mia vita, a parte l'adolescenza ma quello era un problema di mia madre, lei però ha la capacità di mettere a proprio agio e fare aprire l'altro senza che questo neanche se ne accorga.
Io non me ne accorgo.
Kara deve averla osservata bene negli anni, perché vedo dei tratti somiglianti in lei.
"No."
"Perché ho l'impressione che tu sappia già di cosa si tratti?"
Kara va direttamente al sodo, mentre Carol sorride e io non ci capisco più nulla.
"Perché è così."
Di nuovo silenzio.
"Ha un disturbo da stress post traumatico."
Cosa?
"Si, presenta alcuni sintomi...in ognuno si manifesta in modi diversi, non è mai uguale."
La fisso sconvolta ma lei non sembra essere turbata, è convinta di quello che dice.
"Ha vissuto, tramite te, un grande trauma. Vederti in quello stato, così inerme, indifesa e vulnerabile, con tutta l'incertezza che ne è derivata lo ha portato ad un bivio. E il suo cervello ha attivato un meccanismo di difesa per proteggersi. Ovviamente è ancora innamorato di te, come il primo giorno...anzi di più, altrimenti non sarebbe qui, ma è come se il cervello avesse preso il controllo sul cuore.
E la logica che ne è seguita è piuttosto semplice: la amo, ma a distanza, così se succede qualcosa soffro di meno.
È basilare istinto di conservazione, evitare il ripetersi di una situazione troppo dolorosa da affrontare."
Ancora silenzio.
Kara sembra assorbire come una spugna quello che Carol dice, io sono ancora fermo alla definizione di stress post traumatico.
"È probabile che ci siano altri disturbi di cui non siamo a conoscenza, come problemi del sonno ad esempio."
Ma come fa?
"È vero?"
"Io...si."
"In che misura?"
Carol ricomincia ad appuntare dettagli sul suo quaderno.
"Io..."
"Puoi parlare liberamente MonEl."
"Beh...adesso va un po' meglio, anche se mi sveglio ancora per vedere se respira. All'inizio però, le prime notti a casa...la guardavo dormire perché avevo paura non si risvegliasse, poi cominciava a muoversi e mi calmavo un po' fino ad addormentarmi."
"Non ne avevo idea."
"Non potevi..."
"Ma perché non me l'hai detto?"
"Ti ho già fatto troppo male per darti anche questo peso."
"Cosa?"
"Io...questo. Mi detesto per non essere capace di lasciarmi tutto alle spalle, di non poter tornare alla nostra vita, di non poterti rendere felice..."
"MonEl..."
"Sta parlando con il cuore Kara...e se lo osservi bene, puoi vedere quando scatta tutto, quando si chiude per proteggersi dal dolore di poterti perdere di nuovo.
E questa...lotta, se possiamo definirla così, ci dà un'idea generica di quanto siano profondi i suoi sentimenti per te, di quanto voi due siate davvero persi l'uno nell'altra."
"Ed è malsano come dice lui?"
"Per qualcuno funziona, per altri no. Per voi sembrerebbe di sì."
"Nonostante tutto?"
"Si. Quello che è successo vi ha solo resi consapevoli di ciò che avete."
Carol sorride rassicurante...ma ormai ho perso il filo del discorso.
"Che poi...è davvero possibile? Cioè...hanno sparato a me ed è lui traumatizzato?"
"Si."
"Come...?"
"Se si vive in simbiosi può accadere facilmente."
"Ohh..."
"Tu vuoi dire qualcosa?"
In effetti dovrei dire qualcosa...ma cosa?
"Che devo fare?"
"È una domanda legittima, ma non voglio mettere in mezzo medicinali, quindi la mia terapia è che dovete parlare. E ritrovarvi. Dovete imparare a stare di nuovo insieme."
"Io non l'ho dimenticato."
"Non l'ha dimenticato neanche lui Kara, ma tre settimane di separazione forzata, è un tempo sufficiente per assimilare una nuova routine, anche se inconsapevolmente.
Tu non eri cosciente, non hai vissuto lo scorrere del tempo, MonEl si. Ha dovuto abituarsi a svegliarsi e vivere senza di te. A doversi recare in ospedale per vederti. Ogni giorno.
Si è abituato a tornare in una casa e un letto vuoti. Senza parlare del carico emotivo...lo stato in cui è adesso, si è creato giorno dopo giorno, lento e progressivo. L'hai detto tu stessa che in ospedale non era così drastico e ti dirò anche perché. Nel momento in cui le endorfine rilasciate dall'organismo, per la felicità del tuo risveglio, si sono esaurite, la sua mente ha registrato ogni contatto con te come un ritorno al passato, piccoli campanelli d'allarme, fino a quando è scattato l'allarme generale che ha innescato il meccanismo di difesa. Hai presente il Titanic?"
È un esempio strano.
"Si..."
"Ecco, le paratie che calano per non far avanzare l'acqua?"
"Si..."
"Tu sei l'acqua che avanza inesorabile, le paratie cercano di fermarla per tenere la nave a galla."
"Io sono la nave giusto?"
"Si MonEl."
"Tu lo sai che non finisce bene per il Titanic vero?"
Carol ride, e io con lei mentre Kara cerca di districare questa complicata matassa.
"Si lo so, ma ti assicuro che non è il vostro caso, è un esempio per farti capire come funziona, a volte, la mente umana. Di conseguenza quando ti sei svegliata tu eri pronta a tornare alla vostra vita...lui no." Guardo Kara e per la prima volta mi sembra di sentire un po' di speranza...dopo tanto tempo.
"Per tornare alla domanda di MonEl, dovete ritagliarvi dello spazio per voi stessi. Non come genitori, non con amici, non come figli, ma come coppia."
"L'abbiamo già fatto in passato..."
"Fatelo di nuovo. Anche un film sul divano, solo voi due, lasciate Danny ai nonni, a me, e ritagliatevi del tempo. Parlate.
Cominciate con piccoli contatti, chiedigli come si sente Kara e tu rispondi sinceramente, senza aver paura di ferirla MonEl.
Più muri mettete tra di voi più tempo ci vorrà a buttarli giù."
"Solo questo?"
"Non è poco. State affrontando comunque un periodo teso dovuto ad una possibile minaccia che ancora aleggia nell'aria, quindi si, solo questo. Ovviamente se volete e pensate possa esservi d'aiuto, potremmo fare qualche altra chiacchierata come questa, per capire se siete sulla strada giusta. Tutto quello che vi serve, anzi, tutto ciò che ti serve MonEl è lì accanto a te."
È vero. E se ha ragione, molto presto potremmo tornare...
"Carol..."
"Dimmi."
"È normale che il pensiero di tornare...come prima, mi agiti?"
"Certo. Al momento sei in modalità difesa, da Kara. Lei ti rende vulnerabile, in un modo che non credevi possibile e avendolo già sperimentato, razionalmente non vuoi riprovare quel dolore. Sono passate due settimane dal suo risveglio, hai bisogno di tempo.
So di aver detto che tre settimane bastano per cambiare una routine, ed è vero, ma quella routine è arrivata in modo traumatico...non l'hai scelta. Questa si, la stai scegliendo tu e il tuo istinto di conservazione ti dice di non farlo, che è sbagliato...ecco perché i tuoi battiti accelerano, perché l'ossigeno non ti basta. Ti segnalano il pericolo."
"Che sarei io..."
"Si."
"Molto bene..."
"Ti fidi di me?"
Kara annuisce, nonostante lo sguardo triste.
"Andrà bene. Te lo prometto."
"Ok..."
"Ma ho delle raccomandazioni da fare: vi ho già detto del tempo per voi e va bene, poi vi suggerisco di non prendervi in giro sulle...insicurezze reciproche, cercate di immedesimarvi per quanto possibile. Io sono favorevole ad una chiarezza immediata, chiedendo direttamente all'altro di aiutarvi a capire. Dovete mettervi a nudo."
Io e Kara sorridiamo per il doppio senso, ma Carol sembra avere una rivelazione.
"A proposito, niente sesso."
"Non era un'opzione anche senza specificarlo."
"Cosa ho appena detto? No alle prese in giro."
"Non lo sto prendendo in giro, è un dato di fatto. Non posso abbracciarlo, figurati qualcosa di più."
Ha ragione.
"Concentratevi sui piccoli gesti, veloci e affettuosi...abitualo di nuovo al contatto con te, con la tua pelle. Tenendo in considerazione come lui si sente. Puoi farlo Kara?"
"Si."
Lo dice di getto, con convinzione e uno sguardo risoluto. Mi ricorda il si del nostro matrimonio. Si gira verso di me e posa delicatamente una mano sul mio braccio...sottolineando che mi salverà.
Mi strappa un sorriso...so che è lei la luce in fondo a questo strano tunnel, devo solo ricordamelo.

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