Capitolo 2

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POV JORGE

Il suono della sveglia mi fa capire che è il momento di alzarsi, non faccio mai storie per abbandonare il letto anche perché se la sveglia è preimpostata per le 7 vuol dire che sono sveglio già da due ore. Da tre anni a questa parte ormai non riesco mai a dormire tranquillamente ed anche oggi è da due ore che sono sveglio.

Ops, non mi sono presentato, sono Jorge Blanco e da questo anno mi sono trasferito a Buenos Aires con la mia famiglia. Già famiglia, meglio non parlarne.

Fisso fuori il giardino e il cielo in modo malinconico e, dopo aver visto il mio piccolo tatuaggio sul braccio, decido di andare a fare colazione.

Mentre scendo le scale sento qualcuno saltarmi in spalla e rischiando di farmi cadere, ho l'impulso quasi di urlare in faccia al demente che si diverte a fare gli scherzi di prima mattina, ma appena mi giro un dolce sorriso mi compare sulle labbra.

"Ehi brutta peste potevi uccidermi" dico io finto arrabbiato per poi scoppiare a ridere di fronte alla sua faccia buffissima "Smettila di chiamarmi piccola peste ho solo un anno in meno di te!" "Ma ti piaceva sempre" constato io "Si quando avevo 7 anni, Jorge" dice mia sorella andando verso la cucina e richiamandomi dal mio stato di trans, si alzarsi sempre alle cinque del mattino ha degli effetti collaterali.

"Ehi muoviti sennò non mangerai nulla" "Si certo come no, se mangi a malapena un cornetto è un miracolo, Mercedes" "Ehi io devo tenere la linea" mi rimbecca lei e le sorrido "No Mechi sei perfetta così" dico andando verso di lei e non appena varco la porta della cucina abbasso lo sguardo.

"Buongiorno" urla mia sorella "Ehi principessa sei di buon umore?" risponde mio padre sorridendole.

"Ciao" dico semplicemente io non ricevendo nemmeno risposta, ma tranquilli eh, lui è così, anzi, a volte cambia addirittura stanza quando entro.

"Mechi nervosa?" chiede mia madre appena entrata in cucina alludendo al fatto che oggi c'è questo tanto terribile primo giorno di scuola. Capite il sarcasmo, per me sinceramente non fa né caldo né freddo, il primo giorno è come tutti gli altri, mentre per mia sorella è sacro. Capirete poi abbiamo pure cambiato scuola quindi sarà nervosissima.

"No mamma in realtà sono tranquilla visto che Jorge è con me.." "Ovvio che è con te, anzi, è un miracolo che non sia ancora alle medie quel caprone" ecco, mio padre se parla lo fa solo per dire certe cose su di me.

"Cambia battuta che è vecchia" dico io facendo notare che ormai è tempo che mi rinfaccia il fatto di essere stato bocciato anni fa, tre per precisione. "Sarà vecchia ma è pur sempre vera" dice mia madre che come sempre si coalizza con mio padre.

Se ancora non sono scappato di casa è solo per la persona che mi sta stringendo la mano da sotto il tavolo, la mia ancora, Mechi. Proprio lei, avvertendo di quanto l'aria sia diventata pesante, mi invita ad alzarmi e andiamo a scuola saltando sulla mia bambina.

Non pensate male eh, per bambina intendo l'ultimo modello della mia Polo nera, regalatami per i miei 18 anni, calma, regalata dai miei nonni eh, non fraintendete, se fosse stato per i miei sarei andato in monopattino a scuola. Sfreccio a tutta velocità mentre dico a mia sorella di leggermi l'indirizzo di dove sta Ruggero, il mio migliore amico.

Ruggero è un ragazzo simpaticissimo e mi è sempre stato vicino quando stavamo in Messico, poi però l'anno scorso si è dovuto trasferire in Italia per il lavoro del padre e, successivamente, si è spostato a Buenos Aires e, ironia della sorte, ci siamo ritrovati, anche se non passavamo un giorno senza parlare.

Con due colpi di clacson, con i quali avrò di certo svegliato tutto il palazzo, faccio segno al mio amico di scendere e inizio a guardarmi in torno fino a quando, dallo specchietto, intravedo una grossa insegna di con scritto Go- Kart.

Alla velocità della luce (Jortini)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora