Capitolo 5 (Parte 2)

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«Nonna, sono io. Il tuo nipote di trentacinque anni.» Le ho fatto al citofono. La colpa è anche mia: contribuisco a fottere ancora di più il cervello della nonna. È solo che a me piace inventare fandonie. Ve l'ho detto. Non ci posso fare nulla.

«Io non ho un nipote di trentacinque anni.» Ha risposto lei seria dall'altro lato. Ragazzi, mi faceva morire quando rispondeva al citofono. Si credeva di parlare al telefono.

«Dài, nonna sono io, Levi. Apri!» Le ho detto.

«Ahhhh, Levi. Da quanto hai compiuto trentacinque anni?» Mi ha fatto lei. Ragazzi, le piace conversare, o che sia al citofono, al telefono o alla finestra che affaccia sulla veranda del vicino, la nonna ciarla in continuazione.

Alla fine si è convinta ad aprirmi. 

La nonna all'epoca viveva in una schifosa palazzina che risale all'epoca degli indigeni. Dio, quant'era rivoltoso quell'appartamento. Ho sempre pensato che ormai ci vivessero le stirpi intere di blatte o insetti simili. 

La nonna non ha mai avuto paura degli insetti, a me invece mi fanno talmente schifo che comincio a vomitare quando li vedo. Con le api, invece, ho stretto amicizia. Ognuno si fa la propria vita. Quando ci incontriamo, ci salutiamo, però la cosa finisce là, non va oltre. Sono un po' schizzato, ragazzi. Una che pensa che le api abbiano una vita privata non è poi così normale.

A scuola c'era la signorina Bonner che recitava sempre questa specie di filastrocca per farci comprendere l'importanza delle api nell'ecosistema. Io non l'ho mai imparata la cazzo di filastrocca. Il concetto de "Le api sono preziose per la vita" mi era chiaro, perché diavolo avrei dovuto imparare quella stronzata con i fiori che parlano a memoria? I fiori non parlano, questo lo sapevo già dalle elementari.

«Ehi, Levi.» Mi ha salutato la nonna. Era seduta in soggiorno intenta a fare un cruciverba. Non ho mai compreso cosa ci trova di divertente in quel rompicapo. 

Nella Cittadina c'erano due tipi di persone: quelli che giocavano al rompicapo delle caramelle – vedi il preside Niels -, e quelli che giocavano al cruciverba – vedi la nonna.

Quindi la nonna non ha alzato neanche la sua chioma bionda, talmente che era presa da quel coso.

«Tutto bene, no'?.» Le ho fatto io. Ho l'abitudine di abbreviare i nomi. È solo che a pronunciare "nonna" ci vuole molti di più che dire no', e basta. E poi lei lo capisce.

«Due anni e ventitré giorni. La fine del mondo. Sì, sto bene.» Mi ha risposto la nonna. Ragazzi che abilità ha quella ragazza. Il nonno prima di morirà le avrà insegnato come si prende per culo la vita.

«Ah beh, qua stiamo. L'aspettiamo "la fine del mondo".» Le ho detto. A quel punto la nonna mi ha guardato con quelle lenti a gocce da ragazzina fashion e in cerca di sesso maschile.

«C'hai ragione.» Ha detto muovendo qua e là le iridi. Dio, sembrava proprio una di quelle pazze in quei film tratti dai libri di quel famoso scrittore horror. Quello è bravo, ragazzi. Stephen King, ha del talento. E poi non fotte le persone. Zuckerberg sì.

«Nonna, com'è che ti sei comprata quegli occhiali?» Ragazzi, sono una serpe, lo so. Devo prendere in giro le persone.

«Non ti piacciono?» Mi ha domandato lei sorpresa.

«Certo! È solo che sono troppo all'antica per una ragazzina come te.» Le ho detto trattenendo una risata. A quel punto la nonna mi ha fatto il dito medio. Ragazzi: IL DITO MEDIO! È stato strano vedere un'ultrasettantenne farti il gesto con una scioltezza esemplare. Per lo più mi sono sentito una merda. Cioè forse non dovevo farle la psicologia inversa. La nonna è già schizzata di suo, poi mi ci metto pure io.

Lupo di mondo - (ITALIANO) COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora