Capitolo 23

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Il giorno dopo Gabe è partito sul serio. Mi ha lasciato mille raccomandazioni e una noia infinita. La resa dei conti però è avvenuta quando siamo rimasti io e Cesare. 

In verità non c'è stato neanche bisogno di discutere parecchio. Mi sono presentato a casa perché mi trovavo di lì e ho pensato di andare in bagno. A volte la merda è una grande maleducata. Tenta di uscire nei momenti meno opportuni. Forse è per questo che le mosche vanno d'accordo con lei. Secondo me la merda è il petrolio e le mosche sono gli sceicchi. Non c'è dubbio su questo.

Insomma, ho bussato il campanello e tutto e mi ha aperto Betty Le con i capelli trasandati. Sembrava avesse fatto un incontro di boxe.

«Ciao. Allora vivi qua tu?» Le ho detto. Lei ha abbassato lo sguardo.

«Ho litigato con i miei. Tuo fratello mi ha detto che avrei potuto vivere con lui se avessi voluto. Così ho accettato.» Gesù, quando Betty Le indovina il "se avessi voluto" c'è da brindare come il Capodanno. Non dico niente sul quel giorno. Anche se di lì a pochi giorni sarebbe venuto il Capodanno.

Mi sono affacciato in casa e ragazzi un infarto mi stava per stroncare. 

Cazzo, ho visto l'albero di Natale addobbato con le palline e ogni schifosa cosa che si possa comparare nel giorno più ipocrita dell'anno dove le famiglie che si odiano si siedono a tavola e fingono di volersi bene quando in realtà, se la Denarocrazia glielo permettesse, pugnalerebbero alle spalle i loro cari, dolci familiari. Lo so che questa frase è uscita un po' lunghetta. 

Ma non si può mica scrivere soltanto frasi brevi e tutto. Io 'sta cosa delle frasi lunghe non la capisco. A me piacciono e le scrivo. Se tu dici a un tizio di limitarsi a scrivere soltanto le frasette di un centimetro, gli imponi un muro. Se volete costruire un muro o avete progetti per il futuro, non so, rivolgetevi a Crusty il Clown; l'indirizzo della Casa Bianca proprio non lo conosco. E non vorrei mai che la mia mente dovesse memorizzarlo. È un'informazione un po' inutile. Lo devo ammettere.

«Levi, sono stata io a volerlo addobbare. Mi devi credere.» Betty Le si è messa a fare la pietosa e la misera. Quanto mi ha fatto comprimere i nervi.

«Betty, non ti devi preoccupare. Io già lo sapevo. E non sono mica un indovino o uno di quello che legge la vita attraverso le mani. Per carità. So solo che a me adesso le persone non interessano più. Ecco tutto. Tu non mi sei mai interessante, devo essere sincero. E lo sapevo che avresti finto di piangere davanti alla tomba di ma' e dopo neanche una settimana avresti addobbato l'albero oppure non so cosa. Betty, queste cose finiscono così. Mi chiedo perché sbalordirsi. Io proprio non lo so. C'è gente che lo fa. Ci scrive addirittura dei libri su 'ste cose. Io la vedo come una perdita di tempo. Cosa ne pensi tu?»

Le palpebre di Betty Le sbattevano a ripetizione. Ragazzi, l'avreste dovuta vedere. Sembrava una docile e indifesa libellulina. 

Cesare ha sentito tutto e dopo un po' lo vedi che fiancheggia la sua futura moglie, che sempre nel futuro – il tempo è un costrutto dell'uomo – lo tradirà perché a lei piace farlo e non c'è un motivo. Uno non si deve permettere di giudicare queste persone. Chi cazzo si permetterebbe di farlo. Io non me lo spiego. 

Come dice R l'Erbaiolo, pace fratello. Però nella Cittadina gli abitanti si sentivano in diritto di farlo come se un eminente tal dei tali (queste volta non è riferito a un autore ma un giudice famoso; io non ne conosco proprio di giudici famosi in circolazione) avesse dato loro la sentenza per ciarlare sulle scelte dei tipi strani. 

R l'Erbaiolo con quella teoria della mano invisibile che ci obbliga tutti a parlare nello stesso modo, non ci ha visto mica male. R era uno intelligente. Lavorava in anonimato. Mica era come gli scrittori odierni che usano la Creatura di Zucchi (questo mi querelerà per diffamazione, ma io l'ipocrita non lo so fare) per accaparrarsi gli adepti. Mi sembra una setta. 

Lupo di mondo - (ITALIANO) COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora