Epilogo

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EPILOGO

20 marzo 2016: appunti finali per tesina

Rimasi sorpresa quando notai che nella storia appena letta mancava un epilogo, solitamente nelle storie così antiche una sorta di epilogo vi era sempre alla fine. Ma in questa no, e fu questa mancanza che mi fece pensare: e se non fosse una storia inventata? Se tutto ciò che è stato narrato fosse successo veramente? Impossibile. Eppure vi era una precisione nei personaggi, nei linguaggi e nell'epoca che mi faceva venire tanti, troppi dubbi.

Vi era un albero genealogico ben delineato e dalla lettura trasparivano emozioni vissute in prima persona, magari è semplicemente il diario di un matto che credeva che elfi, nani, draghi e stregoni esistessero veramente, ma...

Non feci in tempo a scrivere la frase al computer che il telefono vibrò, soppesai qualche minuto il da farsi, ma per evitare altre perdite di tempo lo presi in mano e lessi:

Karen: Muovi il culo sei in ritardo per l'orale!

Dopo degli attimi di puro terrore osservai l'orario, ero in infinito ritardo e non avevo ancora finito la mia presentazione. Presi il computer e lo misi nella borsa assieme al diario che conteneva tutti i miei appunti, forse sarei riuscita ad improvvisare qualcosa all'ultimo. Chiavi alla mano uscii come un tornado di casa, niente e nessuno sarebbe riuscito a fermarmi. Corsi come mai nella vita e arrivai a diversi metri dalla scuola vidi un bagliore, due occhi azzurri, e poi solo buio e dolore.

Un fastidioso bip turbava il mio sonno, provai a muovermi per accoccolarmi meglio ma l'unica cosa che riuscii a provocare fu un dolore che si irradiava dai fianchi fino al petto. La testa mi doleva e le orecchie incominciavano a ronzare, aprii lentamente gli occhi e una luce fortissima mi colpì, ci misi diversi minuti ad abituarmi a quel posto così luminoso, misi a fuoco la stanza. Ero in ospedale. Avevo una benda sull'occhio sinistro e l'occhio destro senza occhiali non funzionava molto bene.

-Finalmente si è svegliata. Ha fatto un buon riposo?.- Sentii una voce domandare, lentamente mi volsi e mi trovai di fronte a quei due occhi blu che vidi poco prima di addormentarmi.

-Chi è lei?.- questo mi guardò furibondo, assumendo un cipiglio brusco e trucidandomi con lo sguardo disse -Sono la persona a cui ha deciso di sfasciare la macchina perché non sa nessuna regola stradale, o perlomeno non le hanno insegnato che ci si butta sulle strisce pedonali correndo.- Lo guardai sbalordita e poi mi ricordai, l'esame. Feci per alzarmi ma l'uomo mi bloccò subito tenendomi per un braccio -Stia ferma, che le è preso?.- Io incominciai a dimenarmi sussurrando tra un dolore e l'altro -L'esame...- lo guardai ancora una volta negli occhi e vidi terrore puro, muovendomi avevo riaperto le ferite e svenni tra le sue braccia.

Quando riaprii gli occhi lui era ancora li.

Non doveva essersi mosso molto e ora stava dormendo con la faccia appoggiata alle braccia sul comodino vicino al letto. Riuscii ad osservarlo meglio, era un ragazzo sui trent'anni, aveva la barba nera e i capelli abbastanza lunghi striati di grigio tenuti stretti in una coda. La faccia era tesa, pronta a svegliarsi in un qualsiasi momento, i muscoli forti delle braccia erano contratti, non stava facendo un bel sogno.

Era vestito bene, una maglietta grigia con uno scollo largo che lasciava intravedere un tatuaggio, un paio di jeans scuri strappati e degli anfibi ai piedi. Notai distrattamente anche un giubbotto di pelle abbandonato su una sedia e il telefono su di essa con lo schermo che si accendeva e spegneva, qualcuno lo stava cercando. Mi voltai a sinistra e trovai un altro comodino su cui stavano una bottiglietta d'acqua, un bicchiere e il diario per la tesina. Istintivamente mossi il braccio per prenderlo ma sentii come mille spilli pungermi e sibilai di dolore, ma presi comunque il libretto.

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