Capitolo 1:

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PROLOGO

Le immense sale di Erebor rilucevano della tenue luce delle fiaccole, risuonando dei cori di coloro che avevano ripreso da tempo a lavorare nelle sue profondità.

Dopo la grande battaglia e la gloriosa riconquista, le genti avevano a poco a poco ripreso pianta stabile nel ventre della montagna, ripopolando la grande città, innalzando lodi verso quel re, coraggioso ma soprattutto testardo, che era riuscito con un pugno di valorosi guerrieri, a sconfiggere Smaug il Terribile e riportare i nani della Montagna Solitaria al loro antico splendore.

Thorin Scudodiquercia sorvegliava silente il suo popolo seduto sul trono che in precedenza era appartenuto a suo nonno, indiretto fautore della loro rovina. La corona sulla testa pesava, i suoi occhi erano stanchi, ma al tempo stesso diversi: l'antico rancore era sparito, il malcontento che non riusciva a placare sfumato, e tutto perchè aveva incontrato lei.

Ripensò con un sorriso alla prima volta che si erano incontrati, a come inizialmente non l'avesse voluta nella compagnia, ritenendola solo un inutile donna. Non era mai stato così contento di essersi sbagliato.

-Come mai sorridi adad?- domandò una piccola voce al lato del trono.

Il re sussultò, affacciandosi lento dai robusti braccioli di pietra, incontrando due vispi occhi blu, esattamente come i suoi.

-Pensavo al passato, mia piccola Myrtle.- sorrise Thorin, facendo segno alla bambina di andare a sedersi sulle sue ginocchia.

La piccola, felice, fece come il padre comandava. Voleva bene al re fuori da ogni misura, lo venerava e lui provava altrettanto per lei. In Myrtle rivedeva la sua sposa, gli occhi vispi, i capelli castani. Era una nana, ad eccezion fatta per i tratti tipici degli umani, come l'assenza di peluria sul volto.

-Dove sono i tuoi fratelli?- chiese serio.

-Si allenano, padre. Vogliono rendervi fiero di loro.-

-Bene.- si limitò a dire lui, attirato poi da un lieve suono di passi che si stavano avvicinando.

Distolse allora la sua attenzione dalla bambina, per rivolgerla poi alla donna che per lui significava la vita. Lei gli sorrideva serena, i capelli, ormai lunghi, acconciati in un'intricata pettinatura di fattura nanica, mentre gli abiti fin troppo semplici per una regina che fascavano le morbide curve del suo corpo e, per lui, perfetto.

-Mio re.- disse la regina, abbassando un poco il capo e mal celando un sorriso

-Benvenuta, mia cara.- rispose lui. sorridendo di rimando

La bambina corse allora dalla madre, abbracciandogli le gambe e fissandola con adorazione.

-Amad ti cercavo.-

-Perchè, bambina mia?-

-Sono diventata grande, me lo racconti?-

-Che cosa?- domandò stupita la donna, accarezzando nel frattempo i soffici e ispidi capelli della figlia, se non fosse per il colore erano identici a quelli del padre, e molto difficili da domare con poche trecce

-Come tu e adad vi siete conosciuti.-

-Te l'ho già detto, sei ancora troppo piccola.- rise la madre, alzando lo sguardo al cielo.

La bambina si staccò allora dalla gonna della regina, fissandola risentita.

-Ma amad glielo hai già raccontato anche ad Amelia!. Un giorno anche io voglio essere coraggiosa come te.- disse allora, imbronciandosi.

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