Capitolo 31

7.3K 213 5
                                    

Mi giro a guardare i bambini, che si sono addormentati, e sorrido tornando a guardare la strada. Caleb mi ha chiesto se volessi riposarmi un po' e fare guidare lui, ho accettato e abbiamo fatto cambio di posto.

Averlo qui è molto strano, non era mai stato così vicino a Sophia, e non stava così vicino a Dylan da anni, ma so che le cose torneranno come prima una volta che saremo arrivati a destinazione.

«Pensavo stessi insieme a Hunter... vi ho sempre immaginati sposati e con altri bambini.» mi dice, ma non mi volto nemmeno a guardarlo.

«Io invece pensavo che ti parlassero di noi.»

«Ho chiesto a tutti di non farlo...» ora mi giro e lo guardo.

Perché mai?

Poteva far male a me il sentir parlare di lui e l'eventuale scoperta che stesse con qualcun altro, ma non a lui che ha deciso da solo di lasciarci.

Guardo di nuovo la strada buia e tempestosa... so che è rischioso stare in auto con questo tempo, ma l'unico motel che abbiamo trovato lungo la strada era pieno, quindi abbiamo deciso di continuare anche perché sembrava che la tempesta stesse andando nella direzione opposta, invece ci sbagliavamo, quindi spero che troveremo presto un altro motel, che non sia pieno di persone che, come noi, si sono imbattute nella tempesta.

«È stato arrestato quando Sophia non aveva nemmeno un anno... ai bambini ho detto che lavora lontano, e a volte vado a trovarlo.» gli confesso, non so nemmeno io perché lo sto facendo.

«Non vi ha fatto del male, vero?» mi chiede, come se fosse davvero preoccupato per noi.

«Non più di quanto ce ne abbia fatto tu.» gli rispondo.

«Vuoi litigare? Ora? Con i bambini seduti dietro?» mi chiede.

Ora pensa a loro? Solo ora?

Rido in modo isterico e scuoto la testa... sembra così convinto di essere dalla parte del giusto che... mio Dio, mi fa così terribilmente arrabbiare.

«Cosa cazzo hai da ridere? Ti fa ridere che io pensi ai miei figli?» mi chiede facendomi voltare.

Cos'ha detto? I suoi figli? Li ha chiamati i suoi figli? Davvero?

Non so se abbia una ragazza, se ne abbia avuta una in passato, se abbia avuto altri figli, nessuno mi parla più di lui da anni, ma non può incontrarmi per caso e chiamarli "i miei figli". No, questo non lo accetto. Sono buona e brava, ma fino ad un certo punto.

«Accosta.» gli dico.

«Cosa?» mi chiede sorpreso.

«Ho detto accosta!» esclamo, facendo attenzione a non svegliare i bambini.

Stranamente fa come gli ho detto senza dire nulla, non appena l'auto si ferma apro la portiera e la richiudo prendendo una boccata d'aria e cercando di mantenere la calma, perché potrei seriamente dare di matto. Anche lui scende e fa il giro dell'auto venendo verso di me, ma non appena mi si ferma di fronte gli tiro un ceffone e lo guardo dritto negli occhi. Credo che, sotto sotto, se lo aspettasse. Mi guarda senza muovere un ciglio, non appoggia nemmeno la mano sulla guancia che ho colpito, se ne sta di fronte a me e mi guarda, tutto qui.

Nonostante tuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora