Capitolo 27

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A ridestarmi dal mio sonno inquieto, la mattina seguente, ci pensò la guardia della mia cella avvertendomi, con modi molto sgarbati, che avevo ricevuto visite.

Quella notte non riuscì a prendere sonno facilmente, continuavo a pensare a mia sorella, al piccolo Cesar e a tutte le menzogne che donna Pilar aveva detto. Ero distrutta, sia emotivamente a causa della perdita avvenuta in modo orribile del mio nipotino appena nato e sia fisicamente: quella prima nottata al carcere, coricata sul pavimento con a malapena una coperta bucata aveva fatto sì che il mio corpo ne risentisse.

"Signorina Castro, si svegli, ha una visita!" urlò la guardia. Io speravo che fosse Juliana o Raul o almeno mio padre che mi fossero venuti a trovare, ma con mia grande delusione scoprì che erano donna Pilar e don Ramòn; cosa volevano ancora da me? Erano riusciti col loro intento di rovinarmi la vita, peggio di così non poteva andare.

"Avete non più di 10 minuti" ci avvertì la guardia con tono scontroso guardandomi e scrutandomi da capo a piedi.

Donna Pilar si manifestò tronfia e molto sicura di sé e si mostrò davanti a me con un ghigno sulla faccia crudele, in segno di vittoria, mentre don Ramòn se ne stava dietro sua suocera con le mani nelle tasche dei pantaloni guardandomi con sguardo vuoto.

"Ebbene, devo dire che stare dietro queste sbarre non ti giova molto levatrice, hai passato una sola notte qui e guarda come sei ridotta..." disse donna Pilar guardandomi in maniera tripudiante.

"Avete ragione, in effetti il pavimento è un po' scomodo per dormirci su, peccato che al posto mio dovrebbe starci lei e quell'uomo schifoso che si porta dietro. Sa non le fa onore andare in giro con uno stupratore..."

"Oh vedo che manco il carcere mette a freno quella tua lingua velenosa. Penso che questo sia il posto dove tu debba passare il resto della tua vita, e come dico sempre io, ognuno si trova dove si merita di essere e io sono convinta che questo sia il luogo adatto a te, dopo aver ucciso il mio nipotino di solo un mese" disse la donna mentendo sparando bugie una dopo l'altra.

"Ma come potete dire questo? Voi siete una squilibrata, pagherete per quello che avete fatto. Ricordatevi che la verità viene sempre alla luce, e in questa situazione non sarà diverso. Tutti i suoi scheletri nell'armadio verranno scoperti, ne sono sicura di questo!"

"Certo, l'unica cosa che ti consiglio di fare ragazza è di pregare, farò in modo che tu finisca alla garrota, parola di donna Pilar Torres. Andiamo Ramòn, lasciamo questa folle a piangere sé stessa..." la donna si girò e se ne andò, poi Ramòn la seguì a ruota.

La disperazione stava prendendo il sopravvento, mi sentivo sola e non c'era nessuno con cui potessi sfogarmi ed esprimere ciò che stavo passando, mi sembrava di vivere in un incubo.

Qualche ora dopo, la guardia mi informò che avrei ricevuto altre visite, a quel punto ero convinta che fossero di nuovo donna Pilar e Ramòn che fossero venuti a burlarsi di me ancora una volta e a godere nel vedermi soffrire, ma questa volta erano Juliana e con mio grande stupore mi accorsi anche che ad accompagnarla c'era Raul; allora con gioia mi alzai dal pavimento dove ero accucciata e mi recai vicino le sbarre.

"Amica mia, sono venuta appena ho saputo, ma dimmi com' è successo? Hai un aspetto orribile..." disse la ragazza con sguardo preoccupato.

"Beh, in effetti si, mi fa male la schiena e questa notte, per ovvie ragioni, non ho chiuso occhio. Juliana tu devi credermi, non ho ucciso io mio nipote! Non l'avrei mai fatto!" scoppiai in un pianto disperato.

"Alicia, certo che no, questo era scontato, non dovevi neanche ribadirlo, so che non ne saresti capace. Ora dobbiamo solo scoprire chi è stato..."

"Te lo dico io, è stata donna Pilar, l'ho colta in flagrante quando sono salita al piano di sopra della villa per andare in bagno a ritoccarmi il trucco"

"Alicia, mia madre non farebbe mai una cosa simile; è vero che ha un carattere burbero ma non arriverebbe mai ad uccidere il suo stesso nipote, sangue del suo sangue, sarebbe riprovevole!" disse Raul prendendo le difese della madre.

"Beh Raul allora mi dispiace deluderti ma è stata proprio lei, l'ho vista io con i miei occhi!"
"E dimmi, perché mai avrebbe dovuto fare una cosa simile?"

"E io perché avrei dovuto?!" gli risposi urlando. La cosa che mi faceva più male era che la persona che sarebbe diventata il mio futuro sposo dubitava di me e della mia innocenza.

"Rispondi alla mia domanda!" disse Raul riprendendomi.

"Beh vedi, tua madre è a capo di un mercato di bambini, di neonati per la precisione, Juliana ti spiegherà tutto, ma quello che l'ha spinto davvero ad agire in quel modo è il fatto di non accettare il piccolo Cesar in quanto figlio di Ramòn, il quale non è di nobili origini come tua sorella o come te. Sosteneva che quel bambino non era degno di portare il cognome de Rojas. Juliana potrà confermarti tutto quello che ti sto dicendo tramite dei documenti che trovai qualche mese fa nel suo studio. Inizialmente voleva rapirlo e darlo in adozione ad un'altra famiglia ma poi all'ultimo cambiò idea optando per farlo scomparire del tutto. Tua madre non è quella che tu pensi che sia, per favore fidati di me..." dissi implorandolo.

"Alicia, sono accuse davvero gravi queste, ma effettivamente i tuoi motivi non sono insensati; indagherò e capirò a chi credere..." disse l'uomo ancora abbastanza scettico.

"Raul questa tua mancanza di fiducia nei miei confronti mi fa davvero male, ma sono contenta che andrai ad investigare, così ti renderai conto tu stesso di cosa è in grado di fare tua madre"

"Caspita Alicia, proprio ora che avevi scoperto la verità su tuo padre, proprio ora che stava andando tutto per il meglio. Questa proprio non ci voleva. Ma sappi che affronteremo anche questa e ne usciremo più forti di prima, abbi fede, la verità si scoprirà prima o poi..." disse Juliana prendendo la parola.

"Speriamo più prima che poi amica mia, sento che non resisterò ancora a lungo qui dentro..." conclusi afflitta.

Ad un tratto un uomo distinto fece il suo ingresso al commissariato presentandosi come l'avvocato di Elena, veniva a portarmi notizie sopra il mio caso.

"Lei è la signorina Castro?"

"Si sono io, mi dica!"

"Suasorella ha chiesto la pena di morte per lei, signorina, tra qualche giorno cisarà il processo e il giudice sceglierà il da farsi. Sappi che da un momentoall'altro può essere convocata in tribunale per il processo" disse l'uomo frettolosamente.A quelle parole mi sentì la terra mancarmi sotto i piedi, non potevo morire perqualcosa che non avevo fatto; vidi le facce di Juliana e Raul atterrite e pianopiano mi accorsi che la vista si stava offuscando e a quel punto caddi a terra apeso morto per l'agitazione e lo sgomento a causa di quella notizia nefasta.

Come una rosa bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora