Capitolo 12

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Mi girai molto lentamente verso il mio interlocutore. Appena lo vidi in faccia lo riconobbi subito: era il signor Raul, l'uomo che mi aiutò con la valigia alla stazione dei treni appena arrivai a Madrid.

L'uomo aveva uno sguardo molto stranito.

"Signor Raul, si sono io, Alicia. Ma lei cosa ci fa qui?"

"Beh vedi, questo è lo studio del mio patrigno, il padre di mia sorella Elena...piuttosto, ora sono molto curioso di sapere di te, cosa ci fai qui?"

Il signor Raul quindi era il figlio di donna Pilar? Non potevo crederci, anche lui era coinvolto nella faccenda del sequestro dei bambini? No, sicuramente no, era un uomo troppo per bene per commettere un tale scempio. Mi rifiutai di crederci; inoltre avevo anche sbagliato studio. Quello non era lo studio della signora, bensì del signor de Rojas, ecco perché non trovai quei maledetti documenti. Ma a quel punto non riuscivo ancora a capire come mai uno dei fazzoletti di mia madre si trovasse nello studio del signore.

"Oh, sa, sono venuta qui...ehm...per cercare una risma di fogli su cui scrivere la terapia giornaliera di vostra sorella..." dissi improvvisando.

"La terapia di mia sorella?" chiese l'uomo titubante "Vuoi dirmi che sei la levatrice di Elena?"

"Si signore. Vengo ogni giorno per visitare la signora"
"Beh, i fogli stanno nel primo cassetto della scrivania se ti servono ancora. Comunque sono contento di rivederti"

"Signor Raul, posso farle una domanda?"

"Certo, dimmi pure Alicia" disse l'uomo sorridendomi. Ricordo ancora il suo bel sorriso, mi faceva sciogliere ogni volta che ne sfoggiava uno.

"Ma lei come ha fatto a ricordarsi del mio nome?"

"E come potrei mai dimenticarmi di te? Sarebbe impossibile. Dopo quel giorno alla stazione mi sei rimasta impressa nell'anima, e infondo al mio cuore speravo tanto di rivederti un giorno, e per fortuna non ho dovuto aspettare tanto..." disse osservando ogni minimo centimetro del mio corpo con sguardo magnetico "E comunque noto con piacere che anche tu ti sei ricordata di me..." riprese dicendo il signor Raul. Nel suo tono si poteva cogliere un pizzico di soddisfazione.

"Beh vede, signor Raul, ho un'ottima memoria fotografica. E poi non sono passati molti giorni da quando ci siamo conosciuti..." mentì spudoratamente io. In realtà anch'io ero rimasta colpita da quell'uomo e per questo, rimase ben scolpito nella mia mente.

"Capisco... allora sarò molto lieto nel vederti qui spesso, Alicia" disse uscendo dalla stanza.

Dopo qualche secondo uscì anch'io e nel corridoio incrociai don Ramòn.

Non potevo far finta di niente, gli ero passata praticamente di fronte e in un certo senso mi trovai costretta a salutarlo.

"Buon giorno signor Ramòn" dissi con sguardo sfuggente. Non lo guardai negli occhi, non volevo avere niente a che fare con quell'uomo, mi metteva troppo in imbarazzo la sua presenza; per questo cercai subito di andarmene, ma lui mi prese per un braccio: "Ehi, perché mi eviti? Sono un po' di giorni che non ti vedo, e questo mi duole molto... per caso ho fatto qualcosa che ti ha offesa?

"Signor Ramòn a parte il bacio che mi ha dato con irriverenza e sfacciataggine nonostante lei sia un uomo sposato, niente, non mi ha fatto assolutamente niente..." dissi sussurrando e con sfrontatezza.

"Ancora con quella storia?! So che sono stato molto impertinente e irrispettoso nei tuoi confronti ma ti prego lascia che ci vediamo... potremmo passare del tempo assieme..."

"Signore ma lei si rende conto di quello che dice? È sposato e sta per avere un figlio, e poi per chi mi ha preso, per una sgualdrina? Mi dispiace per lei ma io non sono quel tipo di donna..."

"Ma cosa dici Alicia? Non mi permetterei mai..." disse Ramòn impacciatamente

"Signore, la prego, non vada oltre. Ora mi scusi ma devo andare..." presi e ritornai dalla signora Elena per finire la visita e per raccogliere le mie cose, prima me ne sarei andata e meglio era.

Arrivata alla pensione mi precipitai in camera mia, aprì il comodino e presi il fazzoletto di mia madre, poi presi quello del signor de Rojas e li misi vicino per confrontarli. Come volevasi dimostrare erano due fazzoletti identici. Mia madre aveva regalato un fazzoletto a me e uno a don Cesar. Tutto ciò era strano e ora, oltre ad investigare sul caso di quei poveri bambini dovevo pure cercare di capirne di più sulla questione del fazzoletto. 

Come una rosa bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora