Capitolo 29

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"Signorina Alicia Castro, lei è stata formalmente accusata dalla signora Elena de Rojas e sua madre, donna Pilar Torres, di aver ucciso suo figlio di appena un mese soffocandolo nel sonno, come si dichiara?"

Il giudice mi fissava con sguardo freddo, senza far trapelare alcuna emozione dai suoi occhi vitrei. Da un lato ero molto nervosa nel sostenere quel processo ma dall'altro mi confortava il fatto che mio padre avesse pagato uno degli avvocati più competenti di tutta la Spagna; avevamo programmato con cura ogni minimo dettaglio io e don Bruno Molina (l'avvocato) durante la mia permanenza al penitenziario, su ciò che dire e addirittura come comportarsi, in modo tale da poter provare la mia innocenza al giudice; se avessi seguito tutti i suoi suggerimenti, finalmente ne sarei uscita indenne da quella tremenda situazione che mi affliggeva da mesi ormai. Il peso di portare una colpa sulle spalle che non avevo commesso mi era costata molta salute fisica ma soprattutto mentale; ogni notte dovevo fare i conti con incubi tremendi e pianti interminabili, per non parlare delle vicende interne del penitenziario, da incubo.

Il giorno del processo avrebbe segnato la fine di un tremendo periodo, per darne inizio ad uno nuovo, quanto più migliore possibile. Dovevo rimanere positiva e lucida e attenermi alle istruzioni che tanto avevo programmato con l'avvocato e tutto sarebbe andato per il meglio, questo pensavo prima di entrare in quella dannata sala di tribunale. Vedere Donna Pilar e mia sorella sedute dall'altra parte della stanza schierate contro di me mi lacerò l'anima, soprattutto nel vedere lo sguardo assente e perso nel dolore e nella disperazione di Elena, evidentemente la morte di suo figlio la tormentava ancora, e come biasimarla, l'avrebbe consumata per il resto della sua vita, ma non potevo permettere in alcun modo che credesse nella mia colpevolezza, non in quel periodo che avevamo appena scoperto di essere sorelle, avrei lottato affinchè questo non avvenisse, dovevo essere forte per entrambe.

Donna Pilar invece era seduta affianco ad Elena consolandola e facendo finta di piangere, anche se per tutto il processo non vidi neanche una sola lacrima rigare il suo volto. Possibile che riuscivo a vedere solo io la falsità di quella donna? Forse ero avvantaggiata in quanto sapevo veramente com'erano andati i fatti quella notte.

"Mi dichiaro innocente vostra grazia!" dissi io guardando sicura di me il giudice dritto negli occhi.

"Questo è oltraggioso! La mia cliente non potrà sostenere questa situazione ancora per molto signor giudice!" esordì dicendo l'avvocato della mia controparte, dando inizio così al processo.

"Avvocato Rodriguez, la prego di mantenere la calma. Può iniziare il suo lavoro con la signorina Castro..." disse il giudice ammonendo l'uomo, che con fare rigido si avvicinò alla mia postazione scrutandomi da capo a piedi con sguardo minaccioso e disprezzante.

"Bene signorina Castro, mi pare di capire che lei si dichiara innocente..."

"Si... ha capito bene..."

"E mi saprebbe dire il perché di questa sua affermazione quando tutte le prove sono contro di lei?" mi chiese l'uomo avvicinandosi ancora di più a me poggiando le mani sul banco dietro al quale ero seduta.

"Io non ho ucciso mio nipote!" dissi cercando di trattenere la calma e di sembrare quanto più compita possibile.

"Bene quindi lei vorrebbe dirmi che la sera della morte del piccolo Cesar, quando lei è stata trovata accanto al cadavere con il cuscino in mano, nonchè arma del delitto, si trattava di un puro caso?"

"Io no..." dissi cercando di difendermi, ma poi l'avvocato mi bloccò all'istante non lasciandomi opportunità alcuna di proteggermi.

"La notte di Natale signorina Castro più di qualche persona, invitata alla festa, quella sera, l'ha vista sgattaiolare furtivamente per recarsi al piano superiore dove dormiva il bimbo, ora mi dica, è così o non è così?!" mi urlò l'avvocato.

Come una rosa bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora