Quattordici

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Cerco di girarmi ma un peso sulla vita me lo impedisce. Apro lentamente gli occhi e mi accorgo di essere avvinghiata a Leo. Mi tiene legata a sé con un braccio, ha i lineamenti rilassati e i ricci scompigliati. Resto lì imbambolata a guardarlo, è così bello quando dorme e mi sento al sicuro tra le sue braccia. Inizia ad aprire assonnato gli occhi e mi rivolge subito un sorriso impastato di sonno. 

-Buongiorno piccola depressa. 

-Buongiorno stupido. 

Mi giro verso la finestra discostandomi un po' da lui, ma mi stringe di più e mi ritrovo di nuovo avvinghiata a lui. 

-Stai meglio?

-Si. 

Sento il suo fiato sul collo che mi fa un po' di solletico e di nuovo quella fottutissima sensazione allo stomaco. 

-Dormito bene? Spero di non essere stato d'impiccio. 

-Non mi sono neanche accorta che tu stessi qui fin quando non ho aperto gli occhi. 

-Spero non ti sia spaventata, di mattina sono uno zombie. 

Se per zombie intende un dio greco sono d'accordo con lui. 

-Beh e io sono un cadavere. 

-Stupida, sei stupenda. 

Okay forse di mattina è ubriaco. 

-Così stupenda che quando vado in bagno lo specchio si rompe in mille pezzi. 

-Lo specchio allora è stupido.

Mi giro di nuovo verso di lui e cerco di dormire un altro po'. Mi stringe forte a sé e mi lascia dei baci leggeri sulla testa accarezzandomi i capelli. Mi rilasso così tanto tra le sue braccia che il sonno mi invade di nuovo. 

*****

Al risveglio mi ritrovo da sola nel letto. Mi alzo e non c'è nessuno in casa, né Leo né mia zia. Dopo la giornata di ieri, ho voglia di liberare un po' la mente, di uscire a prendere un po' d'aria e riassaporare di nuovo il mondo. Mi preparo, ovviamente sempre con la lentezza di un bradipo, in fondo chi va piano, va sano e va lontano no? Mi vesto in modo semplice con una tuta e una felpa e sembro una barbona ma non mi importa più di tanto. Sto per uscire di casa quando noto un foglio di carta sul tavolo che prima non avevo visto:

Scusami se me ne sono andato così, ma dormivi tranquillamente e non volevo disturbarti. Mio padre mi ha riempito di chiamate, ci sentiamo dopo piccola. 
Il tuo Leo

Il mio Leo. Mi invade una felicità indescrivibile. Esco di casa e chiudo la porta ancora con un sorriso da ebete in volto. Mi metto le cuffie, il telefono in tasca e inizio a camminare verso una meta sconosciuta. 

Durante il tragitto osservo il paesaggio intorno a me, è tutto così tranquillo e riesce a trasmettermi pace. 

In giro non ci sono molte persone per fortuna. Non mi è mai piaciuto stare in mezzo a troppa gente, mi sento soffocata e a disagio come se tutti stessero guardando me anche se non è così. 

Mi perdo nell'azzurro del cielo e penso che chissà se è vero che quando si muore si va davvero lì, cosa c'è dopo la morte? Si diventa davvero degli spiriti che magari si trovano anche in mezzo a noi? O quello che c'è dopo è il nulla più assoluto? Mi chiedo soprattutto se la risposta arriverà quando sarà il momento, nel senso se smettiamo di vivere come facciamo a sapere cosa c'è dopo? Magari è come se dormissimo aspettando un nuovo corpo nel quale poter vivere. Magari i miei genitori sono spiriti che mi osservano o semplicemente non mi osservano, né si ricordano di me. 

I miei pensieri vengono interrotti quando vengo catapultata per terra. 

-Mio dio come sono sbadato, ti prego perdonami. 

Un ragazzo mi è caduto addosso rovesciandomi del caffè sulla felpa. La prossima volta devo perdermi un po' meno tra i miei pensieri. 

-No è colpa mia, avevo la testa fra le nuvole. 

Si alza velocemente e poi mi porge la mano per aiutarmi ad alzare. L'afferro e poi rivolgo il mio sguardo alla felpa. Per una volta che decido di uscire succede un casino. 

-Anch'io ero assorto nei miei pensieri e guarda che ho combinato!

È così buffo, faccio una piccola risata. 

-Non preoccuparti, non è niente, si lava. 

-Ma stai bene? Ti ho fatto male? 

-No macché. 

Mi guarda intensamente come se mi conoscesse e io scruto lui per capire se magari lo conosco ma non mi sembra, ha i capelli neri e gli occhi di uno stesso nero intenso, non riesce a distinguersi la pupilla per quanto sono scuri. 

-Ehm… Comunque piacere Giacomo. 

Mi porge la mano. 

-Ehm… Elisa.

Mi guarda ancora come se sapesse chi sono, ma io non l'ho mai visto in vita mia. 

-Io vado. 

E così dicendo lo sorpasso e proseguo il mio cammino. 

-Aspetta! 

Mi urla da dietro, mi giro e vedo che in mano ha il mio telefono con le cuffiette, che sbadata che sono. 

-Tieni. 

-Oh grazie, se non fosse stato per te non me ne sarei accorta. 

-Di nulla, dove vai?

Alzo le spalle. 

-Da nessuna parte. 

Si rabbuia, forse sembra che l'abbia detto con odio perché non voglio che venga con me ma è solo la verità, cammino senza una meta solo per respirare un po'. 

-Prendo solo un po' d'aria. 

-Ti dispiace se faccio un po' di strada con te? 

Gli faccio segno di no e proseguo il mio cammino insieme a lui. Stiamo zitti fin quando non mi porge una domanda:

-Tu sei quella che ha perso i genitori vero? 

Mi fermo di scatto. Ma perché porgermi questa domanda? E poi in modo così diretto, è soltanto uno sconosciuto e si prende tutta questa confidenza. 

-Si. 

Rispondo acida poi mi giro di spalle e inizio a correre velocemente fino a casa. Inizialmente ha cercato di raggiungermi urlandomi dietro "Aspetta ti prego", forse voleva scusarsi, ma non me ne faccio niente delle sue scuse, ero uscita per rilassarmi e levare un po' di pensieri dalla mia testa e invece è arrivato lui. Chissà quante altre persone mi porgeranno questa domanda o faranno riferimento ai miei e soprattutto io reagirò sempre così bruscamente? 

ᴘᴇʀ sᴇᴍᴘʀᴇ?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora