trentacinque

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Quando mi sono svegliata, ero di nuovo sola.  come prima, mi ci è voluto un po' prima che mi svegliassi e che la mia mente iniziasse a funzionare correttamente, ma questa volta jack non è entrato. a poco a poco mi sono resa conto che c'era qualcosa intorno ai miei polsi e alle caviglie, e alla fine ho capito che ero legata. questa volta non ero legata con lucchetti e catene, ma con cinghie di cuoio, che mi legavano al tavolo di metallo gelido. non erano troppo strette infatti mi permettevano di sedermi e portare le ginocchia al petto.

in quel momento, mentre ero seduta lì in quella stanza fredda e sconosciuta abbracciandomi le ginocchia, mi sentivo assolutamente impotente.  avevo fatto arrabbiare jack, e questa era la mia punizione.  la mia mente era ancora un po' annebbiata, ma sapevo quanto fossi vulnerabile.  la prossima volta che sarebbe entrato, avrebbe potuto uccidermi e io non sarei stato in grado di fare nulla al riguardo.  non sapevo nemmeno perché mi tenesse in vita, se non come fonte di cibo.

una parte di me voleva piangere, un'altra parte voleva urlare per la frustrazione, ma nel complesso mi sentivo ... insensibile.  insensibile come il mio fianco, che ancora non aveva sensibilità.  sollevai leggermente la camicia, un compito fastidiosamente difficile per colpa delle catene, e vidi che ero ancora avvolta nella garza.  tuttavia, a differenza dell'ultima volta, non c'erano macchie di sangue.  purtroppo non si può dire lo stesso dei muri di cemento.

mentre guardavo alle bende, i ricordi della prima volta che incontrai jack tornarono.  ricordavo di essermi svegliata e di aver sollevato la camicia per vedere bende altrettanto insanguinate che mi avvolgevano il fianco, solo che allora ero nel mio comodo letto e nella mia camera da letto familiare.  adesso mi trovavo in una stanza sconosciuta senza finestre, con pareti e pavimenti di cemento schizzati di sangue, illuminata solo da una schifosa lampadina da soffitto e legata a una fredda lastra di metallo. il netto contrasto tra i due mi fece venire le lacrime agli occhi, il mio respiro si fece tremante. 

mi manca casa ... era così facile.  è passato così tanto tempo dall'ultima volta che ho pensato a casa mia e alla mia camera da letto.  mi mancano le foto incorniciate che avevo sui muri.  mi manca la targhetta sulla mia porta con il mio nome. mi manca la mia coperta e il cuscino che avevo passato così tanto tempo a scegliere.  mi manca la lampada seduta sulla mia cassettiera fin dall'infanzia, mai accesa o collegata alla corrente. mi manca stare seduta in veranda nelle sere di fine estate con un buon libro e ascoltare il canto degli uccelli e i grilli fuori. 

prima che me ne rendessi conto, le lacrime scesero lungo le mie guance mentre singhiozzavo, sopraffatta dalla nostalgia.  ho sentito parlare della nostalgia di casa, ma fino a questo momento non mi ero mai resa conto di quanto fosse reale, quanto fosse forte il dolore. ho sentito persone dire "la casa è dove si trova il cuore", ma in questo momento penso che sia una stronzata.  in questo momento il mio cuore non appartiene a nessun luogo, non ha "casa", è solo perso e confuso, proprio come me.

le lacrime non si fermarono per molto tempo.  ho solo singhiozzato e singhiozzato e pianto per tutto quello che ho perso, pianto quello che è diventata la mia vita.  ogni giorno passato a vivere nella paura, aspettando che jack decida che non ne valgo la pena e mi mangi ... ha già tolto qualcosa, lo so.  posso sentire questo vuoto in me e so che non è solo la mia immaginazione.  mi ha portato via tutto e ora mi mangerà.  il pensiero mi ha fatto sentire così impotente, così orribile, mi sembrava di poter piangere per sempre. 

alla fine, però, le lacrime si fermarono.  mi sembrava di averle esaurite, non scendeva più niente.
mi sono seduta lì, incapace di muovermi o pensare.  pensando di arrendermi. morire.  ricordavo come nelle storie le persone si mordessero la lingua per uccidersi, ma ricordo anche di aver sentito che in realtà non è fatale.  jack era alla scuola di medicina, sarebbe stato in grado di curarmi in modo che non morissi.  mi avrebbe tenuta in vita quanto voleva. 

non sapevo nemmeno perché fossi viva adesso. 
perchè non avesse preso i miei organi tutti in una volta.

dopo quelle che mi sembrarono ore, sentii uno scricchiolio e una luce entrò lentamente nella stanza, ma non mi preoccupai di guardare.  ho solo tenuto la faccia sepolta tra le braccia, stringendo le ginocchia al petto.  la luce svanì e dei passi si avvicinarono, fermandosi accanto a me.  non mi sono preoccupata di guardare, sapendo già chi fosse accanto a me.  no volevo guardare, vedere quella maschera blu scuro adesso, con le lacrime dipinte di nero che piangevano perennemente ogni vittima anche quando chi la indossava no. 

"agatha..." La sua voce era dolce, cauta.  "ti senti meglio?" non risposi.  "agatha... dai, non ignorarmi ... dobbiamo parlare"

"di cosa?" dissi, chiudendo gli occhi.  "riguardo a ieri sera ..." ieri sera?  quindi ero stato qui un'intera notte, al freddo e legato a un tavolo?  che ora era poi?  non c'erano né finestre né orologi, e l'unica luce proveniva dalla lampadina che pendeva dal soffitto vicino al tavolo.  tuttavia, non avevo voglia di chiedere.  avevo solo una cosa da dirgli ... "vattene," borbottai, aggrottando la fronte tra le mie braccia.  "agatha... perfavore , non fare così .."
strinsi forte gli occhi, le mie mani serrate a pugno.  se non fosse stato per i guanti, ormai le mie unghie avrebbero affondato bruscamente nella pelle delle mie ginocchia.

"lasciami in pace," sussurrai, tremando di rabbia e ansia.  "almeno lasciami spiegare-"

"vattene!"  la mia voce era acuta, quasi un urlo, e sorpresi persino me stessa.
quasi istantaneamente sussultai, aspettandomi una sorta di reazione.  tuttavia, invece, dopo un breve silenzio, jack si limitò a sospirare.  c'era un leggero rumore sulla lastra accanto a me, e ho spostato leggermente la testa per sbirciare attraverso il piccolo spazio tra le braccia e le gambe per vedere una ciotola di zuppa accanto a me.  "ti ho preparato il pranzo," disse piano, quasi debolmente.  "se non mi ascolti, mangia almeno, va bene?"  non risposi, ho solo riportato la testa nella posizione originale.  dopo un po' sospirò.  "... tornerò presto ... prova a mangiare prima ... per favore ..." dopo aver detto questo sentii i suoi passi allontanarsi.  la luce riempì brevemente la stanza e poi scomparve insieme a un tonfo, sigillando la stanza nella quasi oscurità.  a questo punto mi buttai di schiena, fissando il soffitto senza pensare.  una sola lacrima mi scese lungo la guancia mentre girai la testa di lato, fissando la ciotola di zuppa. quindi questo è come ci si sente all'inferno.

la volta successiva che jack entrò, lo scricchiolio della porta mi risvegliò da un sonno senza sogni, e immediatamente rotolai e mi raggomitolai lontano dalla porta.  jack si avvicinò alla lastra e sospirò.  "agatha... non hai nemmeno toccato il cucchiaio ..."

non risposi, gli chiesi di andarsene. ovviamente non lo fece.  "... agatha... dai, dì qualcosa ..."
"lasciami in pace," borbottai, fissando il muro macchiato di sangue. jack non rispose subito, ma poi sospirò. "agatha ... almeno dammi una possibilità di spiegare– "

"perfavore ..."
"agatha... so che sei arrabbiata ... ma ascoltami." sbattendo le palpebre per scacciare le lacrime, mi accigliai e fissai il muro. "cosa c'è da sentire? mi hai aperta e mi hai tirato fuori cose! non sono altro che uno spuntino da passeggio per te! "

"agatha... non è vero- "
"quindi NON mi hai aperta?" mi girai e mi sedetti, fissandolo. lui ricambiò lo sguardo, e presto  distolse lo sguardo.

"...no, l'ho fatto," ammise con riluttanza con un sospiro, e si voltò rapidamente a guardare.  "ma non capisci, non è quello che pensi-" "allora cos'è !?"  dissi fissandolo.
"perchè non riesco a pensare a nessuna ragione per aprirmi a meno che tu non abbia fame o abbia voglia di sperimentare!"  le mie parole sembrarono sorprenderlo e lui inclinò la testa.  "... credi davvero che sia tutto quello che sei per me?"  chiese, la sua voce tranquilla e quasi triste.  "uno spuntino?  qualcosa con cui sperimentare ...?" la sua voce si affievolì verso la fine e mi fissò in silenzio, e dopo pochi istanti il ​​mio sguardo svanì e seppellì di nuovo il viso tra le ginocchia."per favore, lasciami sola" sussurrai e ben presto i suoi passi si ritirarono, lasciandomi sola a crogiolarmi nel mio dolore.

eyeless jack- non so scrivere<3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora