-Chapter 29-

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I giorni seguenti tutti non facevano altro che guardarmi strano, ma ormai era un po' all'ordine del giorno. Capivo che neppure loro riuscivano ad immaginarmi come una ragazza famosa, ma mentre mi guardavano sembravo un alieno venuto a rapirli per portarli su Marte con una navicella. Magicamente tutti mi facevano passare come se mi fossi rincarnata in uno dei Robinson. Arrivai all'armadietto in tempo record e dopo aver riposto tutti i miei libri chiusi l'anta e mi ritrovai davanti Olivia. Mi guardava soddisfatta dall'alto, come se fossi la sua bambola appena stata pettinata. Dietro di lei c'era la ex di Noah e un'altra ragazza che non conoscevo ma mi guardava anche lei con sufficienza.

<<Guarda qui chi abbiamo, la nostra Ashley Wilson o ti dovremo chiamare la piccolina indifesa?>> chiese per poi fare una risatina insieme al suo gruppo. <<Il mio nome all'anagrafe risulta essere Ashley>> le dissi <<Ora se non ti dispiace devo andarmene anche se vorrei così tanto rimanere a sentire le tue affermazioni senza senso>> cercai di passare oltre al gruppo, ma una delle tre tentò di fermarmi e mi diede uno spintone.

<<Dove credi di andare?>> mi chiese. Il corridoio era molto affollato ma nessuno sembrava aver intenzione di farsi avanti. La cosa non mi lasciò sorpresa. Nessuno voleva davvero che lo spettacolo finisse. <<Sentimi bene, o stai lontana da loro oppure te la faremo pagare>> le guardai una ad una negli occhi. <<Queste minacce non sono più di moda da anni ormai, dovreste saperlo>> dissi prima di cercare di superarle, ma una mi fece lo sgambetto, riuscii comunque a tenere l'equilibrio e continuai per la strada, ma sentii la leader alle mie spalle dire <<Attenta, non vorrai mica farle male, altrimenti non si riprenderà più!>> Non sapevo se mi facesse più pena la loro ricerca di attenzioni facendo le bulle o l'indifferenza degli altri verso la persona che veniva presa di mira. L'indifferenza, più dell'odio in se, faceva oggettivamente più male. Per le persone era solo uno spettacolo, un divertimento che una volta finito si sarebbero scordati.

Arrivai in classe e mi sedetti vicino alla finestra, così almeno da poter avere qualcosa da fare prima dell'inizio della lezione. La professoressa però entrò qualche attimo dopo e vedendomi si bloccò. <<Tutto bene Wilson?>> mi chiese quasi preoccupata e dopo aver appoggiato le sue cose si avvicinò a me. <<Si, mi scusi se sono arrivata prima ma in corridoio non mi sentivo più a mio agio>> dissi guardando il cielo con qualche nuvoletta che stava sopra di noi.

<<C'è qualcosa di cui vuoi parlarmi? Alcuni colleghi mi hanno detto di come tu sia tenace, ma magari vorresti esternare qualcosa, anche solo un pensiero che ti tormenta>> uno c'era, eccome. <<Secondo lei cosa possono aver passato le persone per esprimere odio nei confronti di un altro?>>

<<Beh, credo che l'uomo sia una macchina strana. Possediamo pregi e difetti che ognuno può esprimere diversamente e gli altri possono vedere solo quello che vogliono realmente vedere di noi. Ci sono quelli che riescono a vederci per quelli che siamo, quindi con entrambi, ma ci sono anche gli estremisti che vedono o solo pregi o solo difetti. Magari la persona che secondo te infonde odio ad un'altra ha solo una maniera diversa di esprimersi o magari vuole il male degli altri. Tu puoi solo pensare e sperare che in ogni persona c'è una parte buona e una parte cattiva e quella persona probabilmente non accetta che l'altro abbia una qualità che lui non possiede ed esprime la sua invidia offendendo l'altra. Ricorda però che l'invidia non è mai una buona cosa e può portare a cose più grandi di noi. Ringrazia di essere come sei perché ognuno è bello a modo proprio nei suoi pregi e difetti>> mi sorrise tornando alla cattedra vedendo entrare altri studenti e io rimasi a ripensare alle sue parole. Avevo sempre sottovalutato quella donna, ma mi aveva appena dimostrato che mi sbagliavo di grosso sull'umanità. Guardai di nuovo la professoressa per poi osservare l'ingresso dell'aula da cui entrarono Noah e altri due ragazzi. Guardai poi i banchi completamente vuoti accanto a me in ultima fila e mi maledissi.

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