-Chapter 53-

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!All'interno del capitolo sono contenute scene esplicite, a chi dessero fastidio può saltare la fine del capitolo!


Presi la decisione che quel giorno avrei cominciato a fare la mia valigia per la partenza. 

La scuola ormai era giunta al termine prima delle vacanze invernali, che sarebbero durate fino ad inizio dell'anno dopo. Natale era alle porte, ma l'unico regalo che mi potevo fare era prendermi avanti con i bagagli, dato che avevo con me molti vestiti e le valigie erano soltanto due.

Sapevo cosa avrebbe comportato tornare nuovamente in quella casa, mi bastava vedere il mio braccio con ancora impressi i segni della brutalità del mio passato, ma sapevo allo stesso tempo che dovevo farlo, dovevo tornare lì, dovevo affrontare tutto quello che in passato mi aveva uccisa. Conoscevo quello a cui andavo incontro appena aperta quella porta, ma sapevo anche che non potevo scampare alla realtà.

Presi un respiro profondo e capii che dovevo approfittare del momento di tranquillità a casa Robinson per andare. Logan, Noah e Cameron erano andati fuori casa prima che io potessi svegliarmi, sapevo che lo avevano fatto apposta per non farmi preoccupare e al contempo uscire tranquillamente, senza che io dicessi niente. Sapevo anche, conoscendo ormai Logan e le sue mosse, che non potevano essere andati a cacciarsi nei guai, loro agivano di notte, quando erano indisturbati e meno visibili.

Sospirai nuovamente, prendendo le chiavi ed uscendo di casa. Chiusi la zip del piumino e cominciai a camminare. Quando ero in Michigan ero troppo piccola, ma da quando mi ero trasferita in California la patente mi sarebbe tornata utile più volte per spostarmi più autonomamente senza chiedere sempre passaggi.

Le strade erano illuminate da una flebile luce solare, la brezza marina soffiava tra i miei capelli e mi sentii maledettamente sola nel mondo. Oltre alla solita cerchia, composta da Noah, Logan e Cameron ormai non avevo più nessuno e la cosa mi faceva venire i brividi. Odiavo sentirmi sola quando intorno a me c'erano centinaia di persone, anche se ero stata abituata per tutta la vita a stare nascosta al mondo, sempre nell'ombra di altri.

Guardai avanti, dove ad alcuni metri camminavano due ragazze, due amiche probabilmente, ma l'unica persona che mi venne in mente in quel preciso istante fu mia sorella. La mancanza della sensazione di averla al mio fianco, di avere una alleata, che talvolta poteva diventare mia nemica era un qualcosa di incolmabile, che nemmeno la migliore delle amicizie avrebbe mai riempito. Era vero, quando c'era lei io ero sempre rimasta nell'oscurità, ma non mi dava sempre fastidio. C'erano anche stati dei momenti belli tra me e Heather che sarebbero rimasti per sempre nella mia memoria, ma solamente nella mia.

Continuai a camminare, facendo una lista mentale delle cose da mettere nelle due valigie, al bagaglio a mano ci avrei pensato poco prima della partenza.

Entrai in casa cautamente, anche se non c'era nessuno dovevo abituare il mio corpo a quell'ambiente così ostile quanto lussuoso. Sentii il rimbombo dei miei passi a ritmo con il mio cuore. Salii le scale, ad ogni gradino avevo un'immagine diversa della mia vita passarmi davanti.

Un gradino, i banchetti dei miei genitori a casa nostra. Un altro gradino, mia sorella che mi insulta. Un altro gradino, la vittoria del campionato del Michigan di ginnastica. Un altro gradino, mia madre che mi schiaffeggia la mano dopo che ho provato a prendere un panino. Un altro gradino, i miei vecchi allenatori che alzano le mani sulla mia compagna. Arrivò la pausa tra una rampa e l'altra, cercai di respirare e scacciare le immagini dalla mia testa. Ripresi a salire le scale ed altri ricordi mi invasero, ma l'ultimo fu il più doloroso. Vidi nuovamente il volto di mia madre, distruggersi in mille pezzi, mille emozioni con ancora il telefono attaccato all'orecchio, supplicando l'agente di dirle che si stavano sbagliando, che non era Heather quella dentro l'automobile schiacciata, ma era proprio così.

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