Cosa?
Jimin sollevò la testa di scatto, fissando istintivamente il giovane che aveva pronunciato quelle parole.
-Chiedo scusa... credo di non aver capito...- replicò debolmente, con la voce arrochita dalle lacrime.
Sapeva che non avrebbe dovuto guardare così sfacciatamente negli occhi il signore. Era evidente che era un nobile ed era ancora più evidente il suo sdegno per lui. Eppure Jimin non poté farne a meno. Le sue parole gli rimbombavano stupidamente in testa, rumorose come un campanaccio ridondante.
Il giovane rispose al suo sguardo incredulo con un'espressione lievemente irritata e occhi indifferenti.
-Rimarrai qui, a lavorare. Sarà il tuo modo di espiare le tue colpe.
No, non era vero. Non poteva essere vero. Portò lo sguardo sul viso della ninfa dai capelli del colore del sole, ma ciò che vi trovò non fece altro che alimentare l'incendio nella sua mente. Gentilezza. Un sorriso comprensivo, benevolo.
No. Era sbagliato. Lui doveva essere punito! Aveva quasi derubato il servitore di un nobile e aveva venduto una ragazza per trarne profitto! Lui non meritava pietà, non meritava comprensione! Lui meritava la morte. Meritava che la giovane guardia dagli occhi ardenti di furore usasse la sua spada per staccargli la testa. A quel punto avrebbe raggiunto la pace.
La colpa se ne sarebbe andata dal suo cuore. Il dolore si sarebbe dissipato per sempre dal suo petto. E quando la sua testa sarebbe rotolata sul soffice cuscino erboso del cortile della casa, sarebbe finalmente stata vuota. Vuota dei ricordi. Vuota degli occhi vitrei di suo padre, che spirava l'ultimo fiato fra le braccia di sua madre. Vuota della mano di lei che abbassava le palpebre di lui, bagnandole infine con le sue lacrime stanche.
Jimin stava singhiozzando di nuovo. Probabilmente gli abitanti di quella casa, oltre ad odiarlo per quello che aveva fatto, dovevano ritenerlo profondamente fastidioso, con tutto quel frignare come un ridicolo poppante. Ma non poteva farci niente.
-No... perché... perché?
Rivolse lo sguardo appannato sulla figura celeste che stava davanti a lui, rivolgendole con gli occhi tutte le domande che non riusciva ad esprimere ad alta voce. Perché aiutarlo dopo quello che aveva fatto? Perché salvarlo, quando era evidente che il tradimento l'avesse ferita?
Perché?
Perché...
Non riusciva a concepirlo.
-Per Chong-eun- rispose infine lei.
Jimin chiuse gli occhi, percependo le lacrime che scorrevano sulle sue guance tondeggianti. Ma certo. Era ovvio.
-E perché... meriti una seconda occasione.
Spalancò di nuovo le palpebre per poter fissare incredulo la ninfa. In quel momento, con il sole che batteva sul suo profilo enfatizzando il biancore della sua pelle e trasformando i suoi capelli in oro fuso, avvolta nella nuvola confusa del suo dolore, sembrava letteralmente una visione divina. Doveva essere tutto un sogno.
Jimin abbassò il capo. Benché fossero passate settimane, aveva ancora l'impressione di sentire il bruciore sulla guancia dello schiaffo di sua madre.
-Stupido ragazzo! Cosa pensavi di ottenere? Credi che li voglio, quei soldi? I soldi che hai ottenuto tradendo una persona fragile, che aveva già sofferto e che aveva trovato rifugio nella nostra casa?
L'aveva implorata di capire. Capire perché lo aveva fatto. Non avevano scelta. Lui non aveva scelta. Non poteva lasciare che suo padre morisse così, quando aveva un'occasione.
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Il principe del calmo mattino (M.YG)
FanfictionChoson, 1503 La condizione di principe esiliato aveva portato Yoongi a fidarsi unicamente delle persone che vivevano sotto al suo tetto. La cosa, però, in fondo non gli dispiaceva. Erano pochi quelli che tollerava e ancora meno quelli a cui concedev...