XLIII

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Le lacrime iniziarono a scendere prima che lei potesse anche solo pensare di fermarle. Con mani incerte, si rese appena conto di aver rimosso il coperchio all'estremità del portamappe, rivelando all'interno un turbine di pergamene avvolte su loro stesse. Diana non riuscì neanche a fermare il suono strozzato del suo naso che aspirava il muco come quando era bambina, un gesto così infantile e sgarbato che coscientemente non avrebbe mai pensato di compiere. Dopo essersi passata le mani sulle guance ed essersi stropicciata ferocemente gli occhi, afferrò il cumulo di carte e lo sfilò dal suo letto.

Sul pavimento di legno, una serie di mappe si disciolsero come onde di un mare pallido, che lei accarezzò mentre rimirava la sensazione ruvida della pergamena sotto ai polpastrelli. Con un lieve, tremolante sorriso, prese a contemplare le linee di inchiostro che circondavano la sua penisola, il suo mare e poi oltre, nel territorio che apparteneva a Costantinopoli e la steppa e...

Sollevò la carta, sfilando la sua gemella da sotto di essa, continuando la strada verso il resto del continente e terminando nella maestosa Cina. In basso, appena accennata, Diana poté scrutare la piccola lingua di terra che doveva costituire Choson e le sue dita, distrattamente, ne sfiorarono i contorni.

I suoi occhi scrutarono i pezzi di altre pergamene che emergevano da sotto la prima, riconoscendo le varie carte nautiche, le mappe delle maree e delle correnti e molte altre. Nell'angolo della sua visione, però, un oggetto anomalo la portò a distogliere lo sguardo. Un piccolo rotolo, chiuso con il sigillo di suo padre, giaceva da solo, abbandonato a se stesso. Quando Diana lo afferrò, infine, studiò la calligrafia famigliare che aveva lasciato scritto sul dorso "Per il mio giglio di campo".

-Devo dedurre che, come pensavo, ti appartenga.

La ragazza alzò la testa di scatto, ricordando improvvisamente la presenza del principe di fronte a lei. La osservava con sguardo attento, distaccato, quasi indolente, mentre una piega apatica dipingeva la sua bocca.

-Era di mio padre- replicò lei, dopo essersi schiarita la gola dalle lacrime.

Quando il signore annuì, la giovane riabbassò lo sguardo sul piccolo rotolo tra le sue mani. Era una lettera per lei? Perché suo padre le aveva scritto una lettera?

-A quanto pare l'eunuco che ti istruiva si è presentato alla porta di Namjoon. Ti sta cercando.

Diana non poté fare a meno di spalancare le palpebre mentre riportava lo sguardo stupito sul viso del signore.

-Il maestro Jian? È vivo?

La sua voce aveva una nota acuta che non apprezzava, una vena di sorpresa e incredula speranza che non poteva mascherare neanche se lo avesse voluto. Il principe, per contro, rimase perfettamente immobile.

-Così sembra.

La giovane si aprì in un sorriso, sentendo il petto rilassarsi in un lungo, tremante respiro. Almeno il maestro Jian. Almeno lui era salvo.

-Sarai contenta. Finalmente la tua occasione di tornare a casa.

Il respiro di sollievo si tramutò in un istante in una lama di aria affilata che le tagliò lo sterno.

Casa.

Tornare a casa. A Venezia. Giusto. Non era quello che voleva?

-Voi... mi lascerete andare via?- chiese infine, con un filo di voce.

Se avesse espresso la domanda con maggiore indecisione, avrebbe detto di no? L'avrebbe costretta a restare? Le avrebbe... chiesto di rimanere al suo fianco?

-Sei una persona libera. Puoi andartene anche in questo momento, se è tuo desiderio.

Diana contemplò il signore, ma lui non la stava guardando. I suoi occhi erano lontani, abbassati sul tavolino e sulle sue mani giunte in una presa rilassata.

Il principe del calmo mattino (M.YG)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora