you too

524 28 9
                                    



capitolo 30

E se il pomeriggio precedente pensavo che la tristezza mi avesse già colpito abbastanza, non sapevo cosa avrei provato il giorno seguente, e quello dopo, e quello dopo ancora...
Mi ero addormentata sul letto, senza lasciare notizie di me a nessuno.
Mi rimproverai mentalmente di fronte l'alba sorgente, e a fatica mi alzai.
Stropicciai gli occhi impiastrati di un cupo grigio che risvegliava anche i più lontani tuoni.
Pigramente coprii con vestiti pesanti il corpo tremate avvolto in brividi.
Oggi il gelo mi teneva nel torpore della mia quotidianità, come se ciò che il passato mi ricordava, mi avesse avvolta in un tagliente freddo, ridandomi la mia dose di droga dopo quella lunga astinenza.
Ora non ne avrei potuto fare a meno.

Mi sciacquai il viso e, come l'acqua sfiorò la pelle per cadere in piccole goccioline macchiate del mio sporco, indossai la maschera di una Violet pronta ad affrontare non solo la missione, ma a mantenere il rapporto di amicizia con la squadra.
Però, sotto quella superficie sapevo che ero solo un frammento di cristallo macchiato di scarlatto, spezzato dal primo incontro con l'emozioni.
Questi pensieri venivano celati con una smorfia quasi irreale sul mio volto: un sorriso.

«buongiorno» annunciai arrivata in sala comune.
Apparivo ai suoi occhi aver archiviato la nostra discussione, ma lui non aveva idea che quella, era rimasta imperturbabile nella mia testa e ruggiva continuamente come un tigre fa contro la sua più succulenta preda.
Lo sguardo dell'ombra gelidamente bianca bruciava sulla mia pelle, già ricoperta da quel contraddittorio ardore.
Poi la voce rassicurante di Sam mi salvò dalla mia stessa mente per quei attimi fatali.
«giorno Vi. In vena di pancake stamattina?»
Annuii con un mezzo sorriso sul volto.
«frutti di bosco, giusto?» domandò consapevole della risposta mentre mi porgeva le frittelle cosparse di more, mirtilli e lamponi.
«mi conosci troppo bene Sam, dovrò farmi una nuova identità» scherzai provocandoli una risata sommessa.
Mi puntó la spatola contro
«non ci provare neanche» mi squadró tra il rimprovero e il divertito.
«brava signorina, fai colazione che ti servono forze»
Stark mi prese alla spalle.
«giorno Tony»
«ho ricevuto addirittura un buongiorno! dovresti sparire più spesso» era ironico, però, sia io che Bucky avevamo percepito la battuta in maniera differente.
Le sue iridi erano congelate sulla mia figura, le sentivo dalla loro lontanza.
Stavamo pensando la stessa cosa.
«cominciamo!» esclamai andandomi a sedere nel mio angolino del divano, spezzando una tensione personale; raggiunta in seguito dagli altri che stavano terminando piccole conversazioni.

Indossai le cuffiette dell' ipod portato dietro e mi bendai con una fascia elastica nera, più consona dello straccio da cucina.
Respirai. La loro attenzione era dedicata a me.
Rammentai; ricordai; tentai.
Provai a rivivere nuovamente gli attimi condivisi con Vali.
Mi comparse nuovamente la sua figura, più nitida dell'ultima volta, ma era silenzioso.
Non un rumore, eccetto la playlist che risuonava pacata, si sentiva in quel mondo-limbo.
Mi sforzai ancora un po', afferrando anche i più lontani dei nostri contatti.
Strinsi gli occhi per il dolore alla testa che cominciava a vorticare.
La sensazione della lacrima densa e rossa, mi fece imporre un limite a me stessa.
Sospirai affranta mentre mi slegavo la benda e toglievo cautamente gli auricolari.
«niente»
Delusi quegli sguardi speranzosi, che spegnendosi mi fecero solo percepire pesanti e profondi sensi di colpa.
Mascherai quel nuovo malessere con un "«domani riproveremo»".
Seguirono cenni di assenso e piano piano tutti si dileguarono.
Io mi diressi verso l'entrata: avrei corso fino a pranzo.

I primi attimi di una corsa sono quasi imbarazzati, poi le gambe capiscono ciò che sta accadendo e il corpo sembra muoversi autonomamente.
Ero immersa tra i tronchi antichi e il verde ombroso dei fitti alberi.
Il muschio soffice era umido. I profumi di fresco, bagnato e nuovo si intrecciavano con uccelli dal cinguettio strozzato che danzavano storpiati dal freddo invernale.
Corsi sempre più veloce, sempre più lontano, sempre più affannata, sempre più terrorizzata.
Correvo, o scappavo?
La fuga era disperata. Verso il luogo più distante da me stessa.

violet   | marvel |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora