here we go again

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capitolo 20

La notte ci nascondeva tra i container colorati e l'odore nauseante di pesce.
Ognuno di noi era in posizione.
Eravamo arrivati al porto in anticipo per organizzarci definitivamente.
Sam e Peter avevano camuffato i  costumi con vestiti piuttosto eleganti, adatti al loro ruolo di imprenditori.
Appoggiati fuori dalla macchina lussuosa, in attesa dell'ora prestabilita.
L'orologio aveva scoccato e il countdown era giunto al termine.

«Vedo un veicolo in arrivo.
Una cadillac nera, dovrebbero essere loro» la voce di Tony risuonò dall'auricolare quasi invisibile che aveva consegnato a ognuno di noi.
Poco dopo l'abitacolo si fermò davanti ai nostri compagni sotto copertura.
La prima portiera si aprì mostrando un uomo imponente vestito alla buona, capelli ricci radi spettinati e due ciocche davanti al viso raccolte in treccine fine.
Dietro di lui ne scese un secondo, molto simile al primo, contraddistinto da una folta barba e la testa rasata sovrastata da un tatuaggio scuro.
Si posizionarono seri di fronte l'auto, forse aspettando che un terzo uscisse.
Infatti poco dopo la portiera del guidatore si aprì.

La mia visuale non era ottima e non potevo rischiare di essere scoperta, quindi ritirai la testa e abbandonai la schiena al container aspettando istruzioni.
Bucky accanto a me guardava fisso avanti, pronto all'azione e concentrato.
La mascella serrata e gli occhi persi nei pensieri lo rendevano ancora più attraente.
Distolsi subito lo sguardo.
In previsione di un prossimo intervento tirai su il cappuccio, probabilmente anche cercando di soffocare il formicolio persistente dietro al collo.
Il mantello rimase sciolto, avvolgendomi le spalle. Il tessuto si spostava a rare ed isolate folate di vento.
Non sapevo cosa stesse accadendo a pochi metri da noi, sentivo solo passi leggeri e colpi di tosse secchi.
Il sangue mi si geló alla percezione della sua presenza. 
Non poteva essere.

«buona sera signori» esclamò la sua voce con aria festosa.
Non poteva essere lui.
Eppure il formicolio ora aveva trovato un movente, e lo strano presentimento si era rivelato.
«prima che continuate la vostra farsa, so già che vi siete portati i vostri amichetti dietro» affermò lasciando tutti interdetti, eccetto me naturalmente.
I miei dubbi erano confermati, aveva sentito le nostre presenze, era lui.
«vi pregherei quindi di uscire e venire qui tutti, ora» continuò con il suo solito tono calmo e pacato.

«va bene, mostriamo la festa a questo ragazzo» pronunciò Tony all'auricolare.
Mentre sentivo le voci ovattate mi ero persa nei miei pensieri. Ero rimasta immobile. La voce del mio compagno mi riscosse.
«Vi, gli altri stanno già lí, dobbiamo andare» ignorai Bucky, ma rilassai i muscoli che si erano irrigiditi al suo ricordo.
Non potevo evitare l'inevitabile.
Ma ero spaventata. Le viscere mi tremavano, i miei pensieri erano spossati, il respiro affogato sotto un'onda in tempesta, il raziocinio perso nei meandri dei miei incubi.
Era tornato.
«Buck, vi devo dire una cosa» dissi accenando un tremolio nella voce.
«non è il momento, venite qui» ordinò Steave.
«è importante» provai ad insistere in un mezzo lamento.
Bucky mi guardava tra il confuso e il preoccupato, esitò prima di trascinarmi dagli altri, da lui.
«ora» ci richiamò Cap, mentre ingoiavo la tensione e la sostituivo con la mia solita sicurezza.
Lui si sarebbe approfittato della mia paura, dovevo solo ostentare una calma strafottente.

«oh, si sono aggiunti altri due fanciulli al party» esclamò al nostro arrivo.
Noi non avevamo fiatato, lo avevamo lasciato alle sue battute.
«vedo che siete di poche parole oggi,  Avenger» disse marcando sull'ultima parola. Noi ci scambiammo qualche occhiata. Nell'aria si respirava una strana tensione.

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