Fine

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Luca si era distrutto da solo.

Mamma e papà mi ripetevano sempre "si raccoglie ciò che si semina" che intendeva di essere sempre consapevoli di ciò che si fa e dice.

Aiuti chi è in difficoltà?

Quella persona ti ripagherà con un sorriso, si ricorderà di te e magari ti ripagherà in futuro.
Oppure, potresti prendere in giro chi non riesce ad alzarsi e quel poveretto si sentirà umiliato e coverà del rancore su di te e poi forse si estenderà ad altri.
Risultato, odio su odio.

Luca aveva ferito Sasha nel cuore, nel corpo, aveva abusato di lei in ogni modo possibile.
Lei si era convinta di non valere, a causa degli insulti ricevuti da chi amava.

Fu proprio la sua sposa, a salvare me, mio marito, il mio bambino, ma soprattutto se stessa.

Qualche mese prima.

"Ma perché diavolo non muori?
Eh? Vuoi dimostrare quanto sei forte?
Ancora? Continui a prenderti ciò che voglio, continui a prendermi in giro!"
L'ira, l'astio, il senso di nullità che vagava in lui da anni, represso ed oggi esploso, lo mandava in tilt, pensando che finalmente era meglio dell'altro, quando in realtà suo fratello semplicemente, non voleva morire.

Jeremiah aveva due motivi per non abbandonare la vita, non so con certezza l'ordine, suppongo che il primo sia nostro figlio ed il secondo, beh, mi pare logico, chi vorrebbe andarsene?
Quando stai assaporando le meraviglie dell'esistenza, quando vorresti goderne a pieno e non permetteresti a nessuno di decidere per te.

Con le lacrime agli occhi, stava puntando la canna di quell'arma letale sul cranio del fratello.
Voleva farlo fuori, oppure no?

Io pensavo che avesse preso la sua decisione, non importava quanti ricordi avesse con Jeremiah, quanto fosse forte il loro legame, quanto avesse ammirato il fratello maggiore, non gli importava più.
Luca voleva i riflettori su di sé, si era stufato di stare nel backstage.

Credevo di non respirare, credevo che il tempo si fosse fermato in quell'istante.

Non potevo fare nulla e mi odiavo.
Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a pensare, non volevo guardare, ma non distoglievo lo sguardo, volevo fermarlo, ma a malapena riuscivo a sostenermi.

Stavo morendo, insieme a lui.
Non ce la facevo più e forse non volevo farcela più.
Ero insensibile, egoista, mi stavo dimenticando di non essere sola, ma quel connubio di paura, senso di inadeguatezza, incapacità e dolore, fisico e mentale, non mi aiutava.

Jeremiah, mi conosceva troppo bene, sapeva riconoscere ogni mia sfumatura e sapeva perfettamente come avrei reagito, magari riusciva a leggermi nel pensiero.

Il filo invisibile tra me e lui, gli diede la forza necessaria per spostare il viso verso di me, avrei tanto voluto dargli una speranza, farlo addormentare con un bel ricordo.                                              La piccola ed innocente Candida stava tornando a galla, si stava svegliando e portava con sé tutta la debolezza e l'indignazione di una ragazza che viveva nel mondo delle meraviglie.

In punto di morte fu lui a darmi forza, fu lui ad accudirmi con un semplice sguardo.
Dentro di me, la vigliaccheria che provavo nei miei confronti, svanì, con gli occhi puntati verso di me, carichi di tenerezza e paura per l'incognito, il suo sorriso dolce significarono una sola cosa.

Perdono.
Si, riuscì a perdonarmi per non aiutarlo.

"Smettila"
Non era la mia voce, non ero io ad irrompere con tanto coraggio.

La invidiai e la ringraziai nel mio cuore, promisi di restarle fedele sempre.
Mi stava salvando la vita.
La stava salvando a tutti.

Luca si girò di scatto, non aveva previsto che la sua sposa arrivasse e gli puntasse un coltello.
Era all'incirca a tre o quattro metri di distanza da quel mostro.

Ci volle poco prima che Luca ridesse.
"Vedi di andartene, cosa vorresti fare?
Non riesci in nulla, non sai perfino tenere in mano in coltello"
La ignorò, sebbene fosse spaventata, Sasha era stanca, voleva essere libera.

Chissà, magari si era resa conto che una vita con quel uomo, non sarebbe stata degna d'essere definita tale.
Oppure non avrebbe mai sopportato sulla coscienza la morte di Jeremiah e la mia.

La ragazza vestita di bianco scoppiò a piangere.
Abbassò di poco le braccia, precedentemente tese che stringevano l'oggetto lucente.

"No"
Sussurrai alla mia unica fonte di salvezza.

Dentro di me, sentì muoverlo.
Gridai, era mille volte peggio di quando qualche volta, vidi la manina o un rigonfiamento, faceva male, ma era sopportabile.

Mi chiusi su me stessa, Jeremiah che era ancora vigile si agitò.
Era impotente e Luca si distrasse, poiché colto alla sprovvista dal mio grido.

Quando abbassò la guardia, la persona più incompresa fece la cosa giusta.

Sasha riuscì a cogliere la palla al balzo, lo colpì.
Tutti e tre eravamo esterrefatti e la prima a tremare, a non credere nelle sue capacità fu lei.

Jeremiah aveva dei riflessi fantastici, anche in quello stato di pronto a reagire.
Afferrò le caviglie del fratello e lo fece cadere.

In pochi attimi, la situazione cambiò.
Luca tornò alla sua impotenza ed ebbe paura, lo si vedeva.

Sasha corse verso di me.
Piangeva.

La strinsi a me.
"Grazie, ti voglio bene e te ne sono grata"
Le dissi tutto ciò che pensavo, dovevo.
Piansi insieme a lei.

"Vi porterò in salvo"
Fu l'unica frase uscire dalla sua bocca.
Era sconvolta, lo capivo, era logico.

Come se fosse stata una malattia altamente trasmissibile, divampò una rabbia mai avuta, un odio aldilà dell'immaginabile.

Una volta che ritrovai la forza per stare in piedi, Sasha si allontanò per aiutare mio marito.

Fissai quel verme, ai miei piedi, mi abbassai e gli dissi.
"Io volo"

E così fu.
Sasha era molto intelligente.
Pianificò ogni cosa, in pochi attimi.

Quando non ci vide più in sala, sapeva che cosa stava accadendo, fece spargere la voce che mi si erano rotte le acque, di conseguenza fummo costretti ad andare via.
Mentre non sapeva che fine avesse fatto suo marito ed il signor Rossi, spariti misteriosamente.

Decise di cambiare abito, in quei pochi minuti agì e venne a salvarci.

Così le colpe caddero sul signor Rossi, mai trovato e mai più visto.
Tutti pensavano che le lacrime di Sasha furono causate dalla perdita del suo ragazzo, in realtà erano i sensi di colpa e gli orrori subiti che tornavano a galla.

Io e Jeremiah furono portati da un medico, il quale sapeva più o meno le dinamiche.

Mentre lui veniva guarito e lo aiutavano a prendere conoscenza, io partorivo.

Presente.

"Ahi Claudio"
Dico di getto.
Qualche volta morde mentre lo allatto.

Claudio ha tre mesi e mezzo, è nato quattro kili e soprattutto sano come un pesce.

Jeremiah non lo vide subito, il giorno al parto successivo disobbedì al dottore, si alzò e venne da me ed il nostro piccolo.

Per la prima volta lo vidi debole, in più nascose le sue lacrime.
Risi, la cosa importante era stare insieme.

Non appena fummo in grado di andarcene, ce ne andammo, lontano.

"Male?"
Mio marito sta sempre insieme a noi, non si allontana mai.
Il divano del salone è abbastanza grande per tutti e tre.

"Aveva fame, però si, da fastidio"
Quando ha fame si attacca subito e la ginecologa mi disse che in questo caso lo dovrei sistemare.
Non importa.

Jeremiah mi strinse a sé, circondano col suo braccio anche il piccolo.

"Siete proprio belli"
Dice guardandolo.
Sorrido, colta da tanta tenerezza.

"Noi siamo belli.
Tutti e tre"
Unisco le nostre labbra.

Il nostro bacio, vale tanto, vale tutto.
La prospettiva di una vita migliore, di una vita piena di sacrifici, conquiste, gioie e con altri figli ad arricchire la nostra vita.

Il Segreto Dell'illegalità 2.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora