Capitolo 35

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Fu difficile scegliere.

Uscire dalla stanza, per mettere un punto alla nostra difficile relazione.
Sicuramente ci sarebbero state tante ripercussioni, sarei diventata colei che serve solamente per garantire una discendenza.

Una moglie di facciata.

O peggio ancora, una volta partorito mi avrebbe buttata chissà in quale angolo malfamato, senza farmi vedere il mio bambino.

Non so se feci bene o male, decisi di restare.

Probabilmente questa decisione fu dettata dalla paura o forse perché voglio bene a Jere, è comunque mio marito, mi ha donato un figlio, la cosa più bella che potessi desiderare ed anche perché mi sentivo terribilmente in colpa.

Rimasi accanto a lui, il quale dopo dieci minuti abbontanti, magari perché insicuro, decise di avvicinarmi a lui.

Era sicuramente titubante, non poteva di certo perdonarmi dall'oggi al domani, di conseguenza dovrò adeguarmi a determinati atteggiamenti e cambiamenti che non saranno pochi.

Il resto della giornata passò nel silenzio, da parte di tutti, ma con un particolare, non lasciò la mia mano ed io stranamente non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.

Lo vedevo come un bambino ferito, il quale necessita dell'affetto della mamma per poter star meglio.

Credo d'esagerare, questo istinto materno deve diminuire, non posso paragonare chiunque mi stia vicino ad un bambino che dev'essere coccolato.

"Oggi vorrei restare da sola con mio marito, prendetevi un meritato giorno di riposo"
Dissi stamattina a coloro che stavano già sistemando casa.

Jere sta ancora dormendo, preparargli la colazione potrebbe essere un buon inizio, perché no.

Preparai una tazza di latte, un bicchiere di succo di frutta, dei biscotti, dei cereali e delle merendine.

Non voglio sbagliare per questo presi più cose possibili.

Nell'attesa decido di sedermi sul divano del salotto, a quanto pare il suo risveglio non sarà imminente.

Jere di solito si alza verso le otto, se non prima, diversamente da me che mi sveglio verso le nove e mezza e non sempre mi alzo subito, passa anche una mezz'ora abbontante.

Chissà, forse per noia, mi addormentai.

"Vuoi mangiare?"
Apro leggermente gli occhi, Jere sta già mangianfo qualcosa ed il fatto che mi stia rivolgendo la parola, mi rilassa.

"No, non ho fame"
Rispondo, strizzando gli occhi per poi alzarmi.

"Sta attenta, forse è meglio che metti qualcosa sotto i denti"
Lui è sempre stato pronto, a qualsiasi cosa.

Un semplice capogiro che stava per farmi cadere a terra e fortunatamente riuscì a prendermi.

Annuisco, restando aggrappata alle sue braccia, le quali mi fanno sedere nuovamente sul divano.

"Non devo dirtelo io di evitare sforzi.
Quand'è la prossima ecografia?"
Domanda porgendomi la tazza con all'interno il latte, per poi sedersi vicino a me.

"Fra due settimane"
Rispondo, mettendo le gambe sotto il mio sedere anche per fagli spazio.

"Bene, voglio esserci anch'io"
Vuole esserci.

Che bello, non poteva darmi una notizia migliore, mentre lui non c'era mi sono sempre impuntata su questo discorso, ovvero che un genitore, se ci tiene, non vorrebbe perdersi neanche un attimo della gravidanza e della vita di suo figlio.

Certo, sarebbe stata tutt'altra cosa se le circostanze fossero diverse.

La mia mente pensa, pensa e lentamente cerco un contatto con Jeremiah, il quale nota che voglio semplicemente prendergli la mano, così annuisce ed io la stringo per poi portarla sulla mia pancia che poco a poco cresce, per ospitare al meglio nostro figlio.

Già, quante volte dalle nostre bocche è uscita la parola "mio" troppo egoisti, meschini e tristi per poter dire le cose come stanno.

Noi siamo una famiglia, nel bene e nel male.

L'unica cosa giusta nella nostra vita è stato proprio il concepimento di questo bambino, del nostro bambino, non dobbiamo fargli passare un inferno per i nostri problemi, non è un oggetto.

"Non dobbiamo rovinarlo, non lui.
È la cosa più bella della mia vita"

"Credimi è anche la mia, non gli permetterò di farvi del male"

Aspetta, non lo permetterai a chi?



Il Segreto Dell'illegalità 2.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora